Apollo di Veio (510-500 a.C.) – Terracotta policroma plasmata a mano – Museo Etrusco di Villa Giulia, Roma – Foto: Stefania Rega

Si tratta di una grande statua in terracotta che conserva l’originale colorazione, evidente nel contrasto tra il colore bruno delle parti nude del corpo e il bianco degli abiti orlati di nero. Infatti, anche se non siamo abituati ad immaginarlo, le opere d’arte antica erano vivacemente colorate. La statua raffigura il dio Apollo con un particolare sorriso detto arcaico, che serve ad accentuare l’espressione del viso. Cammina deciso verso sinistra. Il dio incede a piedi nudi con il braccio sinistro minacciosamente teso in avanti e l’altro abbassato, forse a reggere l’arco: per comprendere il suo atteggiamento bisogna mettere in relazione l’Apollo con la statua che gli è di fronte: si tratta di Ercole che ha appena catturato la cerva dalle corna d’oro, sacra alla dea Artemide. È questa una delle dodici fatiche che l’eroe doveva portare a termine come espiazione per aver ucciso moglie e figli in preda a un attacco di follia.
Ecco spiegata la rabbia del dio Apollo che si appresta a lottare con Ercole per liberare la cerva, sacra a sua sorella. 

Queste e altre statue – tra le quali spicca Latona con il piccolo Apollo in braccio – erano destinate a decorare la sommità del tetto (columen) del tempio in località Portonaccio a Veio, dedicato alla dea etrusca Menerva (la greca Atena) e datato alla fine del VI secolo a.C. (fonte: didascalia museo)

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