Caravaggio (Michelangelo Merisi), ‘Martirio di sant’Orsola’ (Porto Ercole 1610) – Olio su tela – Gallerie d’Italia, Napoli – Foto: Giorgio Manusakis
Il tragico Martirio di sant’Orsola di Caravaggio è certo il vertice delle raccolte di Intesa Sanpaolo. Opera estrema del pittore, compiuta a Napoli nel maggio 1610, poco più di un mese prima della sua morte, la Sant’Orsola è una delle tre sole testimonianze dell’attività del maestro lombardo rimaste in città, con le Sette opere di Misericordia per la chiesa dell’omonimo Pio Monte e la Flagellazione di Cristo per San Domenico Maggiore, ora al Museo di Capodimonte.
L’episodio del martirio della santa (secondo la tradizione, una principessa cristiana di origine bretone uccisa a Colonia, di ritorno da un pellegrinaggio con altre undicimila vergini, per mano del re unno che se ne era invaghito) è qui concentrato al suo momento culminante e ridotto all’essenziale, fuori dagli schemi della precedente tradizione iconografica. Tra i testimoni del dramma figura lo stesso pittore, autoritrattosi sulla destra della composizione dietro la santa, quasi a presagio della sua imminente fine.
Commissionata dal principe Marcantonio Doria per il tramite di Lanfranco Massa, suo corrispondente a Napoli, e spedita in tutta fretta a Genova poco dopo essere uscita dallo studio del pittore ancora fresca di vernice (circostanza che è all’origine della sua problematica storia conservativa), la Sant’Orsola ha attraversato complicate vicende prima di essere acquistata nel 1972 dall’allora Banca Commerciale Italiana come opera attribuita a Mattia Preti. La reale paternità del dipinto e la sua fondamentale posizione storica saranno definitivamente chiarite dai ritrovamenti d’archivio soltanto nel 1980. Alle alterazioni subite nei secoli dalla tela – guasti, ampliamenti, ridipinture, che ne avevano profondamente compromesso la leggibilità – ha posto finalmente rimedio l’importante restauro promosso dalla Banca e condotto tra il 2003 e il 2004 presso l’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro di Roma, che ha ripristinato l’originaria coerenza dell’immagine, ora più fedele e prossima alle intenzioni dell’autore. (fonte: didascalia museo)