La parete di destra con l’Orca – Foto: Matilde Di Muro

A partire dallo scorso 7 maggio e sino al prossimo 31 maggio 2025, presso la galleria d’arte MA-Movimento Aperto di Napoli, è visitabile Arenarsi?, personale di Carmine Rezzuti.

Il maestro napoletano che in più di 50 anni di attività ha partecipato a importanti rassegne, esponendo in prestigiose sedi istituzionali e in note gallerie private, è un autore poliedrico che ha saputo, attraverso dipinti, sculture e installazioni ambientali, mettere in campo una ‘nuova oggettualità’ dell’arte. Infatti le sue sono opere connotate da grande significato, concretezza e compiutezza materica mediante l’utilizzo di tutti gli strumenti e i materiali possibili.

I legami di Rezzuti con Napoli e l’amico Scolavino

Dotato di una grande vitalità di pensiero e di una spiccata sensibilità per il sociale, Rezzuti ha conquistato, sin dai suoi esordi, un posto di rilievo nel panorama storico-artistico partenopeo. Ne danno perenne testimonianza, in particolare, le opere Guardiano del Fuoco del 2006, presente nella Stazione Augusto della linea 6 della Metropolitana di Napoli, e Alfabeto arcaico del 2014, facente parte della collezione permanente del museo MADRE d’Arte Contemporanea Donnaregina.

Nelle sue prime tele, di grandi dimensioni, è stato protagonista assoluto il colore che, utilizzato in maniera del tutto sperimentale, ha avuto il potere di rafforzare l’importanza compositiva dei singoli elementi. Le opere di Carmine Rezzuti mostrano, da sempre, un’approfondita indagine sulle potenzialità dell’opera d’arte, percepita nello spazio e caratterizzata da una marcata connotazione fantastica e ludica.

La sua ricerca, dai contenuti concettuali, lo ha portato, per lungo tempo, ad un felice sodalizio con il collega campano Quintino Scolavino con il quale collaborerà, in diverse occasioni, a partire dagli anni ’70 sino alla sua scomparsa avvenuta nel 2020. È stato, questo, un dialogo d’eccezione tra due artisti dalle personalità forti e distinte ma, allo stesso tempo, solidali e vicine. Infatti, uniti nella formazione della Napoli postinformale e attenti alle novità degli anni ’70, Rezzuti e Scolavino hanno percorso strade parallele e, in alcuni momenti, un unico sentiero fatto di materia inerte a cui donare una nuova vita.

Le ‘provocazioni’ di Rezzuti e le ‘invenzioni’ di Scolavino, in modo giocoso e ironico, si sono unite con grande complicità per creare operazioni artisticamente uniche, intriganti e di sorprendente impatto visivo, come nel caso della doppia personale esposta nel 2009 al Castel Sant’Elmo di Napoli col titolo A taglio; della mostra La memoria è quello che viene prima, allestita al PAN-Palazzo delle Arti di Napoli nel 2014, o di quella esposta al Museo Archeologico Nazionale di Napoli e alla Certosa di San Giacomo a Capri nel 2016 col titolo Concerto per archi e fili d’erba.

Una delle opere in esposizione – Foto: Matilde Di Muro

I materiali di scarto e gli animali: elementi clou dell’arte di Rezzuti

Nel corso degli anni, Rezzuti si concentra sul rapporto tra opera d’arte e contesto esterno, realizzando dei lavori in cui inserisce materiali di recupero o di risulta, dando loro nuova vita e rinnovato destino. È così che la materia di scarto, tra le mani dell’artista, si trasforma per acquisire un nuovo sorprendente valore e divenire nuovo ‘alfabeto’ per raccontare storie inedite e dense di significato. A proposito di ciò Rezzuti afferma: «Ogni reperto possiede un proprio fascino intrinseco, racconta una sua storia a chi la sappia ascoltare o semplicemente reinventare».

Le sue opere, frutto di una indole visionaria, sono un invito a riflettere e guardare il mondo in modo diverso, con gli occhi della curiosità e dell’incredulità; per tale motivo, oltre a vari materiali, si affida alla presenza di animali. Sono insetti, uccelli, quadrupedi, pesci e mostri antropomorfi, che non fanno paura perché resi quasi umani dall’azione-descrizione dell’artista. Come protagonisti attivi nella narrazione, essi assumono varie forme e vengono posti in contesti improbabili per esplorare temi come la natura, la fantasia, l’immaginazione e la relazione tra uomo e natura.

Questo racconto breve e per nulla esaustivo di una così lunga carriera artistica ci aiuta a comprendere la bellezza dell’ultima creazione di Carmine Rezzuti al MA di Napoli. Curata da Patrizia Di Maggio ed introdotta da un suo testo critico, Arenarsi? è una vasta installazione che si distende sui muri laterali di una sala.

Parete di sinistra dell’esposizione – Foto: Matilde Di Muro

Lo spazio espositivo è trasformato in un luogo imprevisto e straniante dove lo sguardo dell’osservatore è quasi indotto a percorrere un viaggio guidato dalla presenza di semplici tracce che via via, a partire da un modesto e inerme cumulo posizionato a terra, si ‘inerpicano’ sulla parete sinistra e si infittiscono sino a giungere a quella destra, dove sembrano allinearsi per poi ospitare un’insolita presenza animale. Esse sono fatte con quei materiali di scarto tanto amati dall’artista, il cui fascino non è snaturato ma piuttosto esaltato: legni marini recuperati sulle spiagge e dipinti di bianco, tutti diversi tra loro per dimensioni e fantasiose forme naturali.

La presenza animale, posta al centro della parete destra, invece, è una scultura a tutto tondo che riproduce le sembianze di un’orca marina.

Tutto l’ambiente è immerso in un’atmosfera onirica e quasi crepuscolare, con luci basse e radenti che creano interessanti giochi di ombre, oltre a forti e suggestivi chiaroscuri. Da un piccolo ammasso posto sul pavimento, come a memoria del loro abbandono, quei legni sembrano prendere vita, si innalzano, si ancorano alle pareti in modo aggettante, tracciano una strada e definiscono uno spazio nuovo quasi dinamico: diventano onde di un mare accogliente ma, allo stesso tempo, reso inospitale dalla figura inquietante di un predatore mammifero marino. L’orca ha le fauci dischiuse e, nonostante mostri i suoi denti aguzzi, sembra avere un’espressione sorridente e incoraggiante anziché minacciosa e dunque, piuttosto che essere un pericolo, essa è una ‘presenza’, che dà significato e sostanza a quell’interrogativo: “Arenarsi?”.

L’orca – Foto: Matilde Di Muro

Arenarsi? : metafora dell’insicura e stanca umanità di oggi

Lo spettatore è coinvolto in un dinamismo esteriore ma soprattutto interiore, ed ecco che quella domanda può non essere solo il pensiero dubbioso di quell’orca ma un sentimento che ci attraversa. È come se si entrasse in un acquario metaforico che coinvolge l’umanità intera, quelle onde e l’abisso del mare, evocando una condizione dell’animo: incertezza, pericolo imminente, stanchezza di nuotare, molto spesso, contro corrente. Inoltre, si avverte il bisogno di sapere se quella di ‘arenarsi’ è una necessità di fermarsi solo un po’ – giusto il tempo necessario per potersi riposare, schiarirsi le idee e recuperare le forze utili a riprendere il viaggio – o è un arrendersi, spiaggiarsi e lasciarsi andare ad un destino che può apparire inevitabile.

Quelle onde fatte da semplici legni ci appartengono profondamente perché evocano storie intime e personali vissute in luoghi e tempi sconosciuti. Raccontano di noi: imperfetti e irripetibili, nodosi, spezzati, contorti, deformati dal tempo, rugosi o lisci; ognuna ha la sua dimensione e la sua forma ma tutte assieme creano un movimento quasi musicale. Sì, perché, guardando il loro informe allineamento, sembra quasi di essere di fronte ad un’enorme partitura da cui ha origine una melodia soffusa e dolcemente ritmata come quella della risacca. Tutto si muove con un andamento lineare dunque, ma, allo stesso tempo, tutto si ‘ricrea’ con un andamento circolare all’insegna di un rapporto spazio-tempo che rigenera materia e spirito all’infinito.

Quest’opera di Rezzuti, concepita in un tempo considerevolmente lungo (2019-2025), è un garbato riferimento ai tempi che l’umanità intera attraversa e, allo stesso tempo, un invito a non arenarsi e a non smarrire la propria meta.

Ancora una volta il fruitore diventa protagonista e parte attiva dell’opera e a tal riguardo l’artista afferma: «Per me un’opera non deve avere una immediata spiegazione; l’impatto dev’essere imprevisto, mi interessa che si resti davanti ad essa anche un po’ perplessi. È interessante meravigliare! Un ruolo importante deve avere, a mio avviso, anche lo spettatore il quale è invitato ad interagire con l’opera… L’arte deve esagerare

Le 22 opere all’ingresso della galleria – Foto: Matilde Di Muro

Le altre opere della personale: piccoli pensieri e appunti di viaggio

È questa, dunque, una bella occasione per lasciarsi provocare da un’opera d’arte visionaria perché densa di istanze etiche oltre che estetiche. Oltre a questa installazione, su una parete del vano d’ingresso alla galleria, è possibile ammirare anche una serie di 22 lavori di piccolo formato. Anche in questo caso la tematica dominante, e assai cara all’artista, è quella legata al mare, all’ambiente e agli esseri dei regni animale e vegetale che l’abitano. Sono disegni, collage ed immagini coloratissime, realizzati su svariati supporti e con l’utilizzo di diverse tecniche e materiali, oltre che con l’impiego di elementi della natura riciclati o riassemblati con stupefacente fantasia. Sembrano quasi essere piccoli pensieri tradotti in immagini o, meglio ancora, appunti di viaggio. Proprio quest’ultimo è il vero protagonista di tale raccolta di opere: un viaggio a cui Carmine Rezzuti ci invita a partecipare per dare una speranzosa risposta a quell’interrogativo da cui tutta l’esposizione nasce.

L’artista con Patrizia Di Maggio e Ilia Tufano – Foto: Matilde Di Muro

Un pensiero su ““Arenarsi?”: l’arte che pone domande e suscita meraviglia”
  1. Leggiamolo con calma, ascoltiamo la voce di Matilde di Muro, cogliamo il senso delle sue parole e magari leggiamo il tutto un’altra volta per conservare meglio il ricordo dell’articolo nel suo insieme. Matilde ha letto, si è accuratamente informata, ha osservato e fotografato , poi ha conversato a lungo con Carmine Rezzuti. Solo procedendo in questo modo, senza chiedersi quanto tempo ci vuole, attivando tutta la propria curiosità e tutto quanto si sa dell’arte è possibile scrivere un testo capace di raccontare in modo piano, a tutti comprensibile una personalità così forte come quella di Carmine Rezzuti. Un articolo come questo aiuta a capire un’opera d’arte, collocandola nello scenario storico e culturale che le si addice. Bravissima !

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