Libri antichi – Foto: Giorgio Manusakis

Due figure femminili, vissute in epoche remote e molto distanti l’una dall’altra, detengono il primato di aver ‘inaugurato’ due importanti generi letterari.

La storia della letteratura antica, da tutti conosciuta e studiata, ha sempre avuto i suoi riferimenti più noti nelle culture greca e latina con, al più, un rimando alle versioni dell’Epopea di Gilgamesh, di epoca babilonese, risalenti al 2000 a.C. Tra le più importanti opere dell’antichità vi sono poemi epici, basta ricordare l’Iliade e l’Odissea di Omero, oppure l’Eneide di Virgilio, per citare i più noti, ovvero inni alle divinità o, ancora, testi teatrali e poetici e così via, tutti scritti da uomini.

Per quanto riguarda, però, in particolare il genere romanzesco e quello poetico, la storia ci dice che il primato del primo testo poetico e del primo romanzo spetta a due donne, una, sumera, del XXIII secolo a.C. e l’altra, giapponese, del X secolo d.C.:  Enheduanna (o più correttamente En Hedu’Anna) e Murasaki Shikibu.

Enheduanna, una principessa sumerica dalla grande vena compositiva

Enheduanna (che in sumerico significa “sacerdotessa – ornamento del cielo”) visse tra il 2285 e il 2250 a.C. nella città-stato di Ur (all’interno dell’attuale Iraq), secondo gli storici una delle prime città del mondo. Sebbene vissuta in un periodo molto lontano nel tempo (quello delle antiche civiltà mesopotamiche), della sua reale esistenza esistono tracce certe, come alcuni sigilli in uso ai suoi servi. Di grande significato storico è però un disco di calcite bianca, databile al 2300 a.C. circa (periodo antico accadico), conservato presso il Museum Penn di Philadelphia (USA), scoperto nel 1927 dall’archeologo britannico Sir Charles Leonard Woolley durante gli scavi archeologici da lui condotti nell’antica città sumerica di Ur, che riporta l’immagine della sacerdotessa, posta in primo piano proprio a evidenziarne il ruolo. Inoltre, le iscrizioni sul retro del reperto, che riproduce in bassorilievo quattro figure intente ad offrire un rituale alla dea, identificano perfettamente Enḫeduanna, citandola esplicitamente: “Enḫeduanna, sacerdotessa-zirru, moglie del dio Nanna, figlia di Sargon, sovrano del mondo, nel tempio della dea Inanna”.

Disco di Enheduanna – Autore: Mefman00 – Licenza: CC0, via Wikimedia Commons

Quasi concordemente storici e archeologi, tra cui Paolo Matthiae, archeologo e orientalista, professore emerito presso l’Università La Sapienza di Roma, ritengono che Enheduanna fosse una figura importante del suo tempo, in quanto figlia del grande Sargon, il fondatore della dinastia di Akkad e del più antico impero della storia, che iniziò il suo lungo regno negli anni attorno al 2340 a. C., nonché sacerdotessa suprema del tempio del dio Nanna nella città di Ur. La donna ebbe il grande merito, nell’ambito della politica di integrazione voluta dal padre, finalizzata a mantenere un’omogeneità religiosa, di assimilare il culto della dea guerriera semitica Ishtar, protettrice della dinastia, a quello della sumera Inanna, favorendo l’incontro, dal punto di vista religioso, tra le due culture.

Dagli inni alla dea Inanna alle oltre quaranta poesie

Enḫeduanna è soprattutto celebre per i suoi inni, dedicati alla dea Inanna: Inninsagurra (incipit: in-nin ša-gur-ra), Ninmesarra (Nin me šara) ed Inninmehusa (incipit: in-nin me-huš-a), che tradotte significano rispettivamente “La grande padrona”/ “La signora di tutti i ‘me’”, “L’esaltazione di Inanna” e “La dea dei poteri temibili”. Tuttavia, la principessa è ricordata anche per le 42 poesie scritte. Come nota lo storico Stephen Bertman, professore emerito presso il Dipartimento di lingue, letterature e culture dell’Università di Windsor, nel suo Handbook to Life in Ancient Mesopotamia, la sua scrittura, personale e diretta, trasmette non solo la sua devozione religiosa e la sua contrarietà alla guerra, ma anche le speranze e le paure della vita quotidiana. Un altro storico statunitense, Benjamin R. Foster, dell’Università di Yale, autore di volumi di traduzioni annotate dalla letteratura accadica, ritenendo Enheduanna come la prima narratrice della storia (basta pensare che la più celebre scrittrice nota dell’antichità, Saffo, visse 17 secoli dopo e di lei ci restano meno opere), ha altresì evidenziato la presenza della firma nelle opere che le sono state attribuite. L’impronta di Enheduanna è rimasta viva nelle successive generazioni e la sua opera più significativa dedicata alla dea Inanna, intitolata L’esaltazione di Inanna, composta da 153 versi, è sopravvissuta per secoli. Le sue oltre cinquanta copie, giunte sino a noi su tavolette con caratteri cuneiformi, alcune delle quali di provenienza babilonese, come quella rinvenuta a Nippur databile tra il 1900 e il 1600 a.C., dimostrano, come evidenziato dal prof. Matthiae, la sua popolarità presso gli scribi sumerici:  “(…) l’opera fu inserita, forse nei primi secoli del II millennio a.C., nel canone, fisso, di dieci celebrate opere letterarie che, a giudizio degli antichi, rappresentava il culmine dell’espressione poetica, e certo anche ideologica, del più antico mondo mesopotamico.”

Sempre in merito all’eredità lasciata da Enheduanna, lo studioso Paul Kriwaczek afferma che le sue composizioni, attraverso i Babilonesi, avrebbero ispirato le preghiere e i salmi della Bibbia ebraica e gli inni omerici della Grecia. In definitiva, possiamo considerare questa principessa sumerica come una donna di grande personalità e cultura. Tali doti, in realtà, non rimasero confinate nella letteratura, nello studio della teologia e, di fatto, nella politica. Enheduanna, infatti, fu anche un’eccellente astronoma dedita a tal punto allo studio dei movimenti delle stelle e delle eclissi che alcuni scienziati hanno pensato di dedicarle uno dei crateri del pianeta Mercurio.

Murasaki Shikibu, una scrittrice nel Giappone dei samurai

Un altro personaggio femminile dal carattere eccezionale, che seppe andare oltre i limiti sociali e culturali imposti alle donne nell’epoca in cui visse, è legato alla stesura del primo romanzo della storia della letteratura mondiale. Si tratta di Murasaki Shikibu, scrittrice giapponese vissuta a cavallo dell’anno 1000, durante il periodo Heian, una delle epoche più significative, dal punto di vista culturale, della storia giapponese. Peraltro, questa è la fase storica durante la quale si delineò l’ascesa al potere della classe sociale dei bushi, i guerrieri giapponesi più noti come samurai.

Murasaki Shikibu compone ‘Genji Monogatari’ – Autore: Tosa Mitsuoki (1617 – 1691) – Licenza: Pubblico dominio, da Wikimedia Commons

Della sua vita e del suo vero nome, visto che Murasaki Shikibu (Murasaki è il nome di un’erba tintoria utilizzata per ottenere un viola molto intenso, mentre Shikibu significa “ufficio dei cerimoniali” e le deriverebbe dal lavoro del padre) è il nome del personaggio della sua opera più importante, non vi sono notizie certe. Si stima che fosse nata intorno al 973 e che provenisse da una famiglia nobile discendente da un ramo cadetto della grande e potente famiglia dei Fujiwara; un clan familiare che per secoli condizionò la politica giapponese grazie al legame stretto con la famiglia imperiale, derivante dai matrimoni strategici delle figlie con gli imperatori. 

Le scarse notizie certe sulla sua vita, che condusse a stretto contatto con il padre Tametokii, avendo perduta la madre da bambina, riguardano il viaggio con il genitore nella provincia di Echizen, dove era stato nominato governatore, nonché il matrimonio con un cugino di secondo grado, Fujiwara no Nobutaka, molto più anziano di lei, morto dopo pochi anni. Dalla loro unione nacque una figlia che diverrà, sulle orme della madre, una brava scrittrice nota con lo pseudonimo Daini no Sanmi.

Fu proprio dopo la morte del marito, tra il 1002 e il 1003, che Murasaki mise mano alla sua opera più importante: Genji Monogatari (La storia di Genji), anche se alcuni storici datano questo testo qualche anno prima.

La sua educazione, ricca di influenze letterarie e artistiche, le consentì di sviluppare un’eccezionale padronanza della scrittura e della poesia. Si presume che proprio grazie al padre, studioso di classici cinesi e funzionario presso la corte imperiale, al nonno e al bisnonno Fujiwara Kanesuke, riconosciuto per le sue antologie e le sue poesie, Murasaki avesse imparato il cinese, nonostante nel periodo Heian ne fosse vietato lo studio alle donne poiché considerata la lingua dei dotti. La società del tempo voleva evitare che le donne acquisissero competenze culturali troppo approfondite per non mettere in secondo piano le figure dei futuri mariti. Le sue opere, la sua capacità di scrivere e la sua cultura non passarono inosservate tanto che un suo cugino, Fujiwara no Michinaga, influente e potente statista presso la corte imperiale a cavallo della fine del I millennio, la portò, nel 1008, a Heian Kyō (l’attuale Kyoto) come dama di corte e tutrice della figlia Shōshi, poi divenuta imperatrice del Giappone sposando l’imperatore Ichijō.

L’imperatrice Shoshi e il figlio – Autore: sconosciuto – Licenza: Tokyo National Museum, Pubblico dominio, via Wikimedia Commons

Le esperienze vissute nel palazzo imperiale influenzarono profondamente la sua opera. Un altro testo, Murasaki Shikibu nikki (Il diario di Murasaki Shikibu), scritto tra il 1008 e il 1010, ci offre uno spaccato della vita all’interno della corte nipponica, evidenziando le qualità fisiche, i pregi e i difetti delle donne al servizio dell’imperatrice Shoshi e descrivendo le cerimonie fastose che si svolgevano attraverso aneddoti, ma anche con spirito critico. La sua data di morte è dai più attestata al 1014, quando la scrittrice aveva 41 anni, mentre altri studiosi la spostano tra il 1025 ed il 1031, dunque oltre i cinquanta anni, un’età superiore di molto rispetto alle aspettative di vita dell’epoca.

Il Genji Monogatari e la sua influenza nella cultura nipponica

Il Genji Monogatari, come anticipato, è l’opera principale di Murasaki Shikibu. Essa viene considerata come il primo romanzo moderno della storia, composto, per la maggior parte degli studiosi, tra il 1002 e il 1008 e dunque precedente rispetto ai romanzi occidentali Le Chansons de geste, del 1050, circa, e i Romanzi cortesi del 1170. Il testo, composto da 54 capitoli, per un totale di circa 1400 pagine, narra le avventure di Hikaru Genji, il ‘Principe Splendente’, figlio dell’imperatore, ma escluso dalla successione al trono. La storia segue la sua vita amorosa, le sue donne, fra le quali Murasaki, i suoi successi e le sue disillusioni. Il Genji Monogatari ha avuto un impatto significativo sulla cultura giapponese, ispirando opere teatrali, film e manga. Inoltre, per comprendere l’importanza rivestita tuttora dal romanzo di Murasaki, basta pensare che nella città di Uji (città del Byodoin – pregevole tempio Buddhista del periodo Heian – e famosa per una molto pregiata varietà di tè), situata nei pressi di Kyoto, è stato inaugurato il Museo della Storia di Genji, Principe Splendente (宇治市源氏物語ミュージアム, Uji-shi Genji monogatari myu-jiamu) nel quale viene illustrata la cultura giapponese del periodo Heian e sono ricostruiti gli scenari della vicenda narrativa in esso delineata.

Genji Museum in Uji, prefettura di Kyoto, Giappone – Autore: 663highland Licenza: GFDL+creative commons2.5 – CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons

Infine, una descrizione sintetica, ma pregnante, della profondità e attualità dell’opera di Murasaki è offerta dalla prof.ssa Maria Teresa Orsi, docente presso l’Università L’Orientale di Napoli, prima, e La Sapienza di Roma, poi, che è stata la prima studiosa, in epoca recente, a tradurre il Genji Monogatari dal giapponese antico all’italiano. Nella sua introduzione al romanzo tradotto, l’autrice sottolinea come la scrittrice nipponica non si sia limitata al racconto di vicende con il solo scopo di distrarre il lettore, ma sia entrata nel profondo dell’animo dei personaggi: “… merita a buon diritto il titolo di classico della letteratura universale, sebbene solo di recente, in pratica poco più di cento anni, sia entrato nell’orizzonte culturale occidentale e abbia preso a influenzarlo. La sua modernità risiede nella precisa volontà dell’autrice di non limitarsi a presentare intrecci tali da attirare l’attenzione e distrarre dalle pene quotidiane, ma anche di trasmettere sensazioni e sentimenti nella convinzione che altri possano e debbano condividerli. (…)”

Specifiche foto

Titolo: Disk of Enheduanna
Autore: Mefman00
Licenza: CC0, via Wikimedia Commons
Link: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/a/ad/Disk_of_Enheduanna.JPG
Foto modificata

Titolo: Murasaki Shikibu composing Genji Monogatari (Tale of Genji) by Tosa Mitsuoki (1617-1691)
Autore: Tosa Mitsuoki (1617 – 1691)
Licenza: Public domain, da Wikimedia Commons
Link: https://commons.wikimedia.org/wiki/Image:Murasaki-Shikibu-composing-Genji-Monogatari.png?uselang=it
Foto modificata

Titolo: Empress Shoshi and son
Autore: Di Sconosciuto – Tokyo National Museum,
Licenza: Tokyo National Museum, Public domain, via Wikimedia Commons
Link: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Empress_Shoshi_and_son.jpg
Foto modificata

Titolo: Genji Museum in Uji, Kyoto prefecture, Japan.
Autore: 663highland
Licenza: GFDL+creative commons2.5 – CC BY-SA 3.0 http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/, via Wikimedia Commons
Link: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Genji_museum10s3s4350.jpg
Foto modificata

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