La locandina della mostra – Foto: Matilde di Muro

Tre grandi capolavori, provenienti dalla Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma e dalla Pinacoteca Nazionale di Bologna, sono esposti temporaneamente nel polo museale napoletano.

Finalità della rassegna L’Ospite

Dallo scorso marzo il Museo Nazionale di Capodimonte, a Napoli, ospita nelle sue sale il San Sebastiano curato dagli angeli di Pieter Paul Rubens, l’Amor sacro e Amor profano di Giovanni Baglione e l’Annunciazione di Ludovico Carracci. Le prime due opere saranno visibili sino al 7 luglio mentre la terza rimarrà esposta sino al 15 giugno 2025.

Quella de L’Ospite è un’operazione artistico-culturale che testimonia il costante dialogo del Museo di Capodimonte di Napoli con importanti istituzioni italiane e internazionali attraverso l’esposizione temporanea di capolavori che possano dialogare con quelli delle collezioni permanenti della pinacoteca partenopea. Il primo dipinto ospitato, e che ha dato il via a questa felice iniziativa, è stato Les Demoiselles des bords de la Seine (été) di Gustave Courbet, giunto per la prima volta a Napoli lo scorso 7 novembre 2024 direttamente dal Petit Palais, Musée des Beaux-Arts de la Ville de Paris.

Pieter Paul Rubens – San Sebastiano curato dagli angeli – Foto: Matilde di Muro

Il San Sebastiano di Rubens: modelli classico-michelangioleschi e tradizione fiamminga

Il San Sebastiano curato dagli angeli è uno dei capolavori delle Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma, custodito nello specifico presso la Galleria Corsini. Si tratta di un dipinto ad olio su tela (155,5 x 119,5 cm) realizzato dal pittore fiammingo Pieter Paul Rubens agli inizi del 1600 quando, poco più che ventenne, soggiornò in Italia ed ebbe modo di ampliare i suoi orizzonti figurativi, copiando modelli di Michelangelo e Raffaello, studiando l’antico e guardando, anche, alla coeva produzione dei Carracci, di Caravaggio e di Federico Barocci. Tutti questi stimoli ricevuti, assieme alla sua tradizionale formazione fiamminga, sono ben visibili in quest’opera che tratta, in maniera del tutto originale, un soggetto sacro tra i più rappresentati nella storia dell’arte.

Il Santo, che campeggia al centro della scena legato ad un albero, mostra un corpo scolpito dalla luce che ne esalta le fattezze scultoree di memoria classico-michelangiolesca e le nudità a malapena celate da un drappo bianco, che dal capo scende lateralmente sino all’inguine. La sua non è una postura fiera ed eroica come quella che vediamo nella famosa versione rinascimentale di Antonello da Messina ma la sua posa scomposta, la testa china su una spalla e un’espressione del volto carica di dolore svelano tutta l’umana sofferenza del martirio subito. Infatti qui il Santo è rappresentato nel momento successivo alla morte, con il corpo sanguinante e trafitto dalle frecce. Quattro angeli si affannano a soccorrerlo: due si preoccupano di medicare le sue piaghe e coprirle con un velo bianco; uno è ai suoi piedi mentre cerca di liberarlo dalle funi mentre un altro è intento ad estrargli un dardo dal petto.

Pieter Paul Rubens – San Sebastiano curato dagli angeli, particolare dell’angelo che estrae la freccia – Foto: Matilde di Muro

Di chiara matrice fiamminga è la cura del dettaglio che riguarda, in particolare, la luccicante armatura posta in bella mostra, sulla sinistra del dipinto, in riferimento al ruolo di militare romano rivestito dal Santo. Essa è resa con estrema concretezza da un accentuato chiaroscuro mentre, a fare da sfondo alla scena, si scorgono un paesaggio e un cielo attraversato da delicate striature luminose e caratterizzato da nuvole che ricordano quelle presenti in numerose opere di Tiziano, il pittore più amato da Rubens in Italia.

Questa bellissima tela dell’artista fiammingo, considerato il precursore di alcuni tratti caratteristici dell’arte barocca, è stata esposta, nell’ampia sala d’ingresso del secondo piano della Reggia di Capodimonte, assieme ad altri quattro dipinti facenti già parte della collezione permanente del museo. Queste opere, che trattano lo stesso soggetto religioso e sono state rispettivamente realizzate da Domenico Cresti, detto il Passignano, Bartolomeo Schedoni, Andrea Vaccaro e Mattia Preti, insieme alla suddetta ‘opera-ospite’, offrono un vero e proprio compendio seicentesco sul tema.

Panoramica della sala con il ‘San Sebastiano curato dagli angeli’ – Foto: Matilde Di Muro

Gli Amori di Baglione, temi ripresi dalla letteratura latina e medievale

Insieme all’opera di Rubens, lo scorso 11 marzo è giunto il quadro Amor sacro e amor profano, quadro di Giovanni Baglione concesso in prestito dalla sede di Palazzo Barberini delle Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma. Il raffinato pittore ed erudito biografo, noto anche per la rivalità col Caravaggio, sfociata poi in un processo per ingiurie, realizzò questo bellissimo dipinto ad olio su tela (240 x 143 cm) nel 1602.

Giovanni Baglione – Amor sacro e amor profano – Foto: Matilde Di Muro

È di scena il trionfo dell’amor sacro, rappresentato da un bellissimo angelo posto in piedi al centro della scena, che stringe nella mano destra una freccia nell’atto di scagliarla contro l’amor profano, a cui si rivolge con lo sguardo sereno e quasi serafico. Un sapiente gioco di luci ed ombre definisce bene il suo corpo elegante, parzialmente celato da un sontuoso corpetto militare, e il ricco piumaggio delle ali spiegate. L’amor profano, invece, giace disteso e nudo in basso a destra, con le ali ripiegate sulla schiena e, mentre stringe un dardo con la mano sinistra e l’arco con la destra consapevole della sua triste sorte, guarda spaventato l’amor sacro che lo sovrasta.

Giovanni Baglione – Amor sacro e amor profano, particolare dell’amor sacro – Foto: Matilde Di Muro

Nell’angolo a destra della tela, quasi schiacciato dall’angelo vincitore, vi è un diavolo nelle vesti di un satiro che, con lo sguardo terrorizzato e terrificante, urlante si rivolge allo spettatore: esso rappresenta le insidie della vita terrena. Questo dipinto tratta un tema che conobbe, agli inizi del ‘600, una notevole e fortunata diffusione: la lotta tra vizi e virtù, derivato dalla Psicomachia di Prudenzio, interpretato da Virgilio in Omnis vincit Amor e infine codificato dal Petrarca. Il capolavoro di Baglione, attualmente esposto nella prima sala espositiva del secondo piano della Reggia di Capodimonte, torna a Napoli esattamente quarant’anni dopo la mostra epocale Caravaggio e il suo tempo, firmata da Causa e Spinosa, e il suo attuale prestito è frutto di un temporaneo scambio con una celebre opera del museo partenopeo, La Flagellazione di Caravaggio, che sarà ospitata, fino al 6 luglio, nel Palazzo Barberini a Roma.

Giovanni Baglione – Amor sacro e amor profano, particolare dell’amor profano – Foto: Matilde Di Muro

L’Annunciazione di Carracci: da epifania del divino a scena intima e familiare

Dopo le opere di Rubens e Baglione, un terzo atteso ‘ospite’ è giunto a Napoli il 25 marzo per arricchire ancora di più l’offerta della “Primavera dell’arte” al Museo e Real Bosco di Capodimonte: l’Annunciazione di Ludovico Carracci. Al quadro è stata dedicata la sala n°6, posta al primo piano del museo, in dialogo diretto con altre due opere stabilmente esposte a Capodimonte, dello stesso periodo e inerenti al medesimo fondamentale tema iconografico: una di Scipione Pulzone, l’altra di Francesco Curia.

Panoramica della sala 6 con l’Annunciazione’ di Carracci – Foto: Matilde Di Muro

Il dipinto, in prestito dalla Pinacoteca Nazionale di Bologna fino al 15 giugno, è un olio su tela orizzontale realizzato da Ludovico Carracci nel 1584. Così come solitamente questo tema iconografico viene raccontato, la Vergine, mentre è intenta a leggere un libro di preghiere, è interrotta da un angelo che le porge un giglio e le annuncia il ‘Verbo’ incarnato in lei. La scena si svolge in quella che poteva essere una casa popolare di fine Cinquecento, semplicemente arredata con un armadietto a due ante che si intravede sul fondo, nella penombra, e un letto posto sulla destra del dipinto. La profondità è resa dal pittore utilizzando una rigorosa prospettiva centrale sottolineata dalle linee del pavimento, a griglia in cotto e pietra grigia, che convergono verso un unico punto di fuga.

Ludovico Carracci, l’Annunciazione’ – Foto: Matilde Di Muro

La Vergine e l’angelo sono raffigurati come due umili fanciulli: Maria è vestita con un accollato abito di colore rosso, ornato solamente dalla cintura, mentre il messaggero indossa una semplice tunica bianca e una stola rossa sacerdotale. Le ali ancora spiegate dell’angelo ci dicono che è appena giunto nella stanza porgendo con la mano sinistra un lungo ramo di giglio fiorito, simbolo di purezza e castità, mentre la mano destra ha l’indice rivolto verso l’alto come a voler svelare colui che l’ha inviato. Di fatto, il Padre non manca di manifestarsi al miracoloso evento attraverso la presenza di una colomba bianca, simbolo dello Spirito Santo, che dalla finestra irrompe nella scena, accompagnata da un fascio di luce divina che raggiunge la Vergine e sembra generare l’aureola che le incornicia il capo.

Maria, con il volto serafico e gli occhi rivoti verso un libro di preghiere retto con la mano sinistra, è inginocchiata e tutta assorta nelle sue orazioni. Davanti a lei vi è un leggio-inginocchiatoio in legno sul cui ripiano sono poggiati altri piccoli libri, mentre sul lato, che è in posizione frontale rispetto all’osservatore, pende un semplice strumento di preghiera: una lunga collana in grani con una piccola croce.

Ludovico Carracci, l’Annunciazione’, particolare di Maria – Foto: Matilde Di Muro

L’atmosfera è pacata e familiare, resa quasi tangibile dalla cesta di vimini con l’occorrente per il cucito e da ciò che appare sul fondo: oltre la finestra si intravede l’immagine, quasi sbiadita, di una città che, con le sue due torri, sembra essere proprio Bologna.

Il dipinto venne commissionato a Ludovico Carracci dal segretario della Compagnia del Santissimo Sacramento per essere collocato in un piccolo ambiente della chiesa di San Giorgio in Poggiale, utilizzato per l’educazione dottrinale dei giovani. Questo spiega l’immediatezza dell’opera, creata per un preciso scopo didattico e per essere perfettamente in linea con i dettami della Controriforma elaborati dopo il Concilio di Trento. L’allestimento del quadro, nello stesso ambiente in cui sono esposte le diverse interpretazioni del medesimo tema da parte degli artisti coevi Scipione Pulzone e Francesco Curia, mette in risalto come ciascun artista abbia attinto dalla propria formazione così come dalla propria sensibilità per cercare di rappresentare, in modo del tutto personale, il sacro nel quotidiano del proprio vissuto. Tutto ciò che abbiamo descritto ha il semplice intento di introdurre chiunque desideri immergersi nella bellezza ad una piacevolissima visita che vale sempre la pena fare negli straordinari luoghi di inestimabile valore storico-artistico-naturalistico del Museo e Real Bosco di Capodimonte, ulteriormente impreziosito in queste settimane dalla presenza di questi illustri ‘ospiti’ d’onore.

Ludovico Carracci, l’Annunciazione’, l’ingresso della sala – Foto: Matilde Di Muro

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