Gustave Courbet, ‘Les Demoiselles des bords de la Seine (été)’ – Foto: Matilde Di Muro

Gustave Courbet è l'”Ospite Francese” al Museo e Real Bosco di Capodimonte di Napoli con il suo dipinto ‘Les Demoiselles des bords de la Seine (été)’.

Il soggetto: due comuni ragazze, colte in una siesta lungo la Senna

L’opera, un olio su tela di grandi dimensioni (cm 174 x 206), giunto per la prima volta a Napoli lo scorso 7 novembre 2024direttamente dal Petit Palais, Musée des Beaux-Arts de la Ville de Paris, è una delle più famose e rappresentative di quello che fu il maggior esponente del Realismo francese. Osservando questo quadro, si è letteralmente catturati da un’atmosfera reale, densa e coinvolgente: due ragazze di città, in un giorno d’estate, si concedono una siesta sotto gli alberi che fiancheggiano la riva della Senna. Le protagoniste non sono in posa ma piuttosto bloccate e come rapite da uno scatto fotografico. In abiti eleganti ma scomposti, queste appaiono incuranti di chi le osserva, hanno sguardi persi e oblianti così come lo sono i loro corpi pesantemente distesi sull’erba.

In particolare, si è attratti dalla donna in primo piano che, in posizione prona, si abbandona completamente al suolo come a voler fondere totalmente il suo corpo con la natura che l’avvolge. Ella ha le braccia aperte e protese in avanti mentre, con le mani, anela di ricevere tutto il refrigerio che quel luogo e quel momento possono darle. Il suo volto, incorniciato da una chioma corvina, mostra una leggera sudorazione della pelle e, mentre si rivolge allo spettatore, con le sue palpebre leggermente dischiuse, sembra guardarci e invitarci a ‘sentire’ più che osservare. Infatti, lo straordinario realismo dell’opera porta i nostri sensi a percepire tutto il calore di quel giorno d’estate, la piacevole frescura regalata dall’ombra dalle generose chiome degli alberi, i pungenti profumi della natura. Inoltre, se, solo per un attimo, dimentichiamo il rumore dei nostri pensieri o quello assordante delle nostre città, riusciamo persino a sentire il frinire delle cicale che diffondono il loro canto d’amore.

Il museo di Capodimonte – Foto: Giorgio Manusakis

La vera protagonista del dipinto: la natura

Con cura e straordinaria abilità, l’artista ci racconta un frammento di vita e lo fa senza trascurare una serie di dettagli: la definizione di fiori e foglie; il colore degli incarnati; il ricamo degli abiti bordati da leggere frange; la trasparenza del tulleche ricopre le braccia abbandonate; gioielli e monili, nastri e ricchi merletti.

L’orizzonte è alto mentre, oltre il ciglio erboso, presso il quale è ormeggiata una barca, e la massa folta degli alberi, si intravedono le acque del fiume e un accenno di cielo. Questo dipinto, realizzato attraverso una pittura densa e con pochi colori dominanti (bianchi, rossi, verdi e bruni), non è la rappresentazione di un paesaggio con figure ma, piuttosto, un’opera dalla consistenza corporea: un racconto di vita, incredibilmente fisica, di persone e cose immerse nell’atmosfera densa e sensuale di un meriggio estivo.

Il realismo di Courbet non è imitazione ma piuttosto una pura e semplice constatazione del vero, un ‘vero’ esperienziale a cui prendere parte in maniera totalizzante. Non vi è uno schema preciso di rappresentazione né un punto privilegiato di osservazione. Tutto sembra avere la medesima importanza e se volessimo cercare, a tutti i costi, un protagonista questi è senza dubbio la natura, quella natura che ci avvolge, ci accoglie e si-ci manifesta.

‘Les Demoiselles des bords de la Seine (été)’ fu presentata al Salon parigino nel 1857 e suscitò subito grande scalpore per la sensualità del suo messaggio. Courbet, come già aveva fatto in opere come Funerale ad Ornans e Gli spaccapietre, mostra come, per rappresentare la realtà, non serva idealizzare né drammatizzare ma, piuttosto, immedesimarsi in essa, prenderne completamente e oggettivamente coscienza con tutte le sue lacerazioni e contraddizioni. Di fatto tutto il pensiero e l’attività artistica di Courbet furono una coraggiosa opera di rivoluzione e di superamento di quella costruzione formale e unitaria propria dell’arte classica, oltre alla pratica di subordinazione della visione a favore del sentimentalismo. Egli pose, pertanto, le premesse etiche necessarie all’imminente ricerca impressionista, oltre ad anticipare la grande fortuna pittorica delle rive della Senna.

Il legame tra Courbet ed i pittori napoletani del secondo Ottocento

Con questo allestimento – dichiara il direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte Eike Schmidt –  si apre un nuovo spazio dedicato al dialogo tra Capodimonte e gli altri musei internazionali che porterà a Napoli opere significative della storia dell’arte mondiale. […] ‘Les Demoiselles des bords de la Seine (été)’ è davvero un prestito di grande significato culturale non solo per il Museo e Real Bosco di Capodimonte ma anche per la città: sono infatti tanti gli artisti napoletani dell’Ottocento che, nelle proprie opere, mostrano il fascino esercitato su di loro dall’arte e dalla personalità stessa di Courbet”. Questa affermazione di Schmidt mette in luce un grande desiderio di apertura e dialogo dell’inestimabile patrimonio storico artistico contenuto e conservato dal Museo di Capodimonte, con l’arte internazionale di ogni tempo, ed è perfettamente in linea con la vocazione storico-artistica della città di Napoli che, indiscutibilmente accogliente e aperta al nuovo, si è sempre lasciata provocare dal cambiamento.

Di fatto, ciò accadde anche per le ricerche artistiche di Courbet che seppero sedurre numerosi artisti di cultura napoletana i quali, visitando Parigi nel secondo Ottocento, si confrontarono con le esperienze di rinnovamento della pittura accademica e si approcciarono al superamento del Naturalismo in favore, appunto, del Realismo.

Fu così per pittori del calibro di Domenico Morelli, Michele Cammarano, Francesco Saverio Altamura, i fratelli Palizzi, Francesco Netti e Antonio Mancini che furono provocati dai dipinti di Courbet e ne trassero ispirazione per addentrarsi in opere dai connotati fortemente sociali, dalle tonalità contrastate e dall’attenzione al chiaroscuro.

Giuseppe Palizzi, ‘I carbonai’ (1855) – Foto: Giorgio Manusakis

Capodimonte: un grande museo che unisce arte e innovazione

Insomma, l’opera Les Demoiselles des bords de la Seine (été) è un motivo in più per fare visita allo straordinario Museo nazionale di Capodimonte ubicato all’interno dell’omonima splendida reggia settecentesca immersa nel magnifico Real Bosco, il parco urbano più grande d’Europa. In questo edificio, oltre a visitare un appartamento storico, è possibile ammirare le opere della prestigiosissima Collezione Farnese – di cui fanno parte alcuni grandi nomi della pittura italiana e internazionale come Raffaello, Tiziano, Parmigianino, Bruegel il Vecchio, El Greco, Ludovico Carracci, Guido Reni – così come quelle della Galleria Napoletana realizzate da Simone Martini, Colantonio, Caravaggio, Ribera, Luca Giordano, Francesco Solimena. Non meno interessante è la galleria di arte contemporanea, unica nel suo genere in Italia, in cui spicca l’iconico Vesuvius di Andy Warhol (1985), donazione di Lucio Amelio.

Caravaggio, ‘La flagellazione di Cristo’ – Foto: Giorgio Manusakis

Attualmente il Museo e Real Bosco di Capodimonte è oggetto di un grande progetto di riqualificazione denominato Grande Capodimonte che, dal settembre 2023, ha avviato la sua transizione energetica, digitale ed economica in partenariato con ENGIE Italia, azienda mondiale leader dei servizi e dell’energia a basse emissioni di CO2. L’intento del progetto è di rendere più piacevole la visita al Museo con un miglioramento della climatizzazione in tutte le sale, una nuova illuminazione e un moderno approccio digitale. Tali interventi renderanno Capodimonte uno dei musei più avanzati in Europa in termini di tecnologia e di gestione, in grado di affrontare le sfide del futuro. L’intero progetto di riqualificazione, efficienza energetica e valorizzazione, terminerà a dicembre 2025 ma questo non impedisce ai visitatori di accedere ai luoghi grazie ad una “cantierizzazione per fasi”, che vede chiuse solo alcune aree e sezioni in modo da assicurare al pubblico la fruizione delle principali collezioni che oggi tornano al completo.

Una delle sale del museo – Foto: Giorgio Manusakis

Infatti, un nuovo allestimento, nella grande sala 62 del secondo piano, riunisce ben diciotto opere museali, tutte appena rientrate da lunghi prestiti in Italia e all’estero. Tra queste la Danae e i ritratti di Paolo III di Tiziano; Antea del Parmigianino; Giuditta decapita Oloferne di Artemisia Gentileschi e con loro La Flagellazione di Caravaggio (Proprietà del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno) assente dal museo da oltre due anni e mezzo. Inoltre altri importanti dipinti, reduci da varie mostre, sono già esposti da inizio ottobre nelle rispettive sale di provenienza. Tra questi La Trasfigurazione di Bellini e la Crocifissione di Masaccio; La Fondazione di Santa Maria Maggiore e l’Assunzione della Vergine di Masolino e il San Girolamo di Colantonio. Questo nuovo allestimento, oltre a celebrare il ritorno a Napoli delle opere più rappresentative del museo, vuole ripercorrere, come in un’ideale antologia, la storia del collezionismo di Capodimonte: i Farnese, i Borbone, gli acquisti italiani e le donazioni fino all’arte contemporanea. L’intera ala dedicata a quest’ultima sezione, attualmente chiusa al pubblico, sarà ridisegnata per offrire, tra le altre cose, un accesso diretto all’Altana e alla Terrazza Belvedere, creando un nuovo collegamento all’interno del museo. Dunque, in un immediato futuro potremmo godere al completo di questo grande orgoglio storico-artistico napoletano che è il Museo e Real Bosco di Capodimonte ma che già nell’immediato ci offre la possibilità di immergerci in una straordinaria opera qual è Les Demoiselles des bords de la Seine (été), visitabile nella ‘sala 6’ del primo piano sino al prossimo 23 febbraio 2025.

2 pensiero su “Il ‘rivoluzionario’ Courbet fra realismo, natura e sensualità”
  1. Ottimo intervento, quello che discute di Courbet, mettendone in evidenza la caratura sensuale che caratterizza i suoi accenti figurativi, che mi permetterei di considerare, comunque, di abbrivio più nettamente ‘naturalistico’ che non ‘realistico’ e ‘veristico’. Quanto ai rapporti con Napoli, la posizione è, forse, più ampiamente bisognevole di un approfondimento ulteriore che la storiografia stenta (o, peggio si rifiuta) di fare, immaginando che possa essere sempre valido il principio – chiamiamolo così, ‘pregiudiziale’ – che tutto quanto si fa o si è fatto a Napoli – e non solo nel mondo dell’arte – sia solo frutto di derivazione o di imitazione culturale, e che tragga ispirazione da quanto altri sarebbero venuti ad insegnarci. Tutto ciò è il prodotto ormai ampiamente stantio di una debellatio anche culturale, oltre che politica, maturata dopo la conquista risorgimentale piemontese che ha ridotto il Sud ad una colonia interna (ma questo è altro discorso). È utile osservare, nel caso specifico di Courbet e delle logiche ‘naturaliste’, che una prospettiva d’impegno ‘naturalistico’ in tal senso a Napoli era ampiamente già maturata nel contesto delle premonizioni di ciò che sarebbe poi stato l’ampio sviluppo porticese e, non meno, quello del contesto palizziano. La pittura ‘di storia’ occorre, poi dire, ha altro tipo di ancoraggi e lì il contributo di Morelli è fermamente decisivo in avanzamento progressivo rispetto alle pratiche primo ottocentesche, cui, però si àncora, e la sua relazione col ‘Naturalismo’, molto meno col ‘Verismo’ si nutre di molti ‘distinguo’ (ma anche questo è altro discorso). Mi permetterei di suggerire una lettura più articolata e ‘complessa’, meno a compartimenti stagni, insomma, che consideri , ad esempio, alcuni processi e che coinvolga anche altre personalità, magari in posizione prolettica, almeno in alcuni loro spunti creativi, come Giacinto, ma anche Ercole Gigante, suggerendo un contesto di diversa, e, forse più bilanciata prospettiva di una lettura storico-artistica europea. Andrebbero considerate, insomma, da parte della cosiddetta storiografia ufficiale. (quella che è dominante, frutto ed espressione non solo, talvolta di ricerca ‘pura’, ma anche di prospettive economiche e di ‘potere’) le ‘circolazioni’ e non ciò che si definisce troppo spesso come le ‘dipendenze’, anche perché lo spirito che anima la cultura ottocentesca, anticipatrice di quella nostra contemporanea, tende già vistosamente al cosmopolitismo, che è una condizione di ‘scambio’ e non di ‘debiti’, come, invece tende ancora a considerare e produrre l’ordine colonialistico e predatorio della cultura ‘nazionalista’, frutto e figlia dell’ Idealismo e colpevolmente antagonista proprio di quella cultura ‘positivistica’, più aperta allo ‘scambio’ che è quella in cui si rende grande l’Europa dei Courbet, ma, non meno, dei De Gregorio, dei Rossano, dei Palizzi e, visto che ci troviamo, (e so di essere controcorrente nel clima di ostracismo russo) anche degli Scedrin e dei Repin fino, perché no, allo stesso Vrubel o, proiettandoci un po’ avanti, alla straordinaria Serebreikova. Bene, ritorniamo a Courbet, di cui l’ottima Matilde Di Muro, giustamente – e va sottolineato – mette in evidenza gli spessori sensuali, che trovano specchiamento, peraltro, e se c’è ne fosse bisogno di ulteriore riscontro (anche letterario) della evidenza compositiva, nelle Lettere dell’artista ad una sua amante (!?), di straordinario spessore erotico, ‘scoperte’ a Besancon. Con il più vivo apprezzamento per l’ottimo lavoro che produce Matilde Di Muro, Rosario Pinto

  2. Trovo molto coinvolgente l’approccio alla sensualità del dipinto , nel senso anche dell’immersione nella natura che sollecita.Bravissima, Matilde!!

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