Parco archeologico di Velia – Ascea marina (SA) – Foto: Claudia Renati – Licenza: Wikimedia Commons

A sessant’anni dalla scoperta ne ricordiamo l’importanza e la storia.

Quando si parla di Velia, per gli antichi greci Elea, vengono subito in mente i vecchi studi di filosofia sulla scuola eleatica fondata, secondo la tradizione, da Senòfane di Colofone, rapsodo (ossia colui che nell’antica Grecia recitava in pubblico composizioni epiche)Ionico del VI secolo a.C., ma che ha avuto i suoi maggiori rappresentanti in Parmenide, considerato il vero fondatore della scuola, e i suoi maggiori epigoni in Zenone e Melisso.

Tuttavia, oltre alla sua importanza filosofica, Velia è rinomata anche per le sue strutture architettoniche, tra cui la Porta Arcaica e la Porta Rosa, due monumenti che offrono una finestra preziosa sulla storia e sull’urbanistica della città.

La nascita di Velia rappresenta l’epilogo di una lunga storia di fughe: quella dei Focei, antica popolazione di coloni dell’antica Grecia stanziatasi in Turchia, nella zona più settentrionale della Ionia, che, assediati dai persiani, furono costretti a girovagare nel Mediterraneo fino all’approdo nella costa del Cilento dove fondarono l’antica Elea. In particolare, significativo, ai fini della sua datazione, è il ritrovamento di due elmi di foggia etrusca e calcidese che, secondo Massimo Osanna, direttore generale dei musei, sarebbero stati da essi portati sulle coste cilentane, subito dopo la battaglia di Alalia (forse la prima battaglia navale della storia), richiamata anche da Erodoto e databile tra il 541 e il 530 a.C.; una epica battaglia che vide confrontarsi al largo del mar Tirreno, tra la Corsica e la Sardegna, proprio i profughi greci, che si erano inizialmente stabiliti in Corsica, e una coalizione di cartaginesi ed etruschi con i quali erano entrati in conflitto per la supremazia dei traffici commerciali. Come raccontato dallo storico greco, la vittoria dei Focei fu una cosiddetta “vittoria cadmea” (un’espressione proverbiale usata per indicare una battaglia vinta a un prezzo altissimo o in cui il vincitore patisce sofferenze analoghe a quelle del vinto), che li costrinse a cercare altri lidi dove ricominciare.

Si ipotizza, quindi, che le armi rinvenute nel tempio, conquistate al nemico (fra cui i due elmi), con le altre reliquie, sarebbero state offerte alla propria dea per ingraziarsi la sua benevolenza per questo nuovo inizio sulle coste campane. Naturalmente tale ritrovamento, secondo gli studiosi, chiarisce ulteriormente anche la cronologia di realizzazione del tempio di Atena, al di sotto del quali è stata rinvenuta la più antica costruzione; esso non sarebbe stato costruito in età ellenistica, bensì precedentemente intorno al 480-450 a.C. I primi scavi di Velia risalgono agli inizi del 1800. Se ne parla nel testo Degli scavi di antichità nelle province di Terraferma dell’antico regno di Napoli – dal 1743 al 1876 (Napoli 1878), di Michele Ruggiero (direttore pro tempore degli scavi del Regno) che menziona il rinvenimento di alcuni vasetti e monete (1813) e, successivamente, di un sepolcro greco ricco di vasi e altri oggetti (1838).

Le attività di scavo più importanti in situ dell’antica Elea risalgono al 1921 e furono condotte dall’archeologo Amedeo Maiuri. Venne riportata alla luce la gran parte dell’antico centro che fu così ricostruito nella sua pianta originale che prevedeva tre nuclei distinti: il quartiere settentrionale, quello meridionale e l’acropoli.

Bisognerà aspettare gli anni ’60 del secolo scorso per arrivare, invece, alla scoperta di un’opera ingegneristica di altissimo rilievo per l’epoca in cui venne realizzata: l’arco a tutto sesto più antico d’Italia. Si tratta di un ritrovamento legato al tenace lavoro di Mario Napoli, l’archeologo e studioso che, forse più di altri, ha dato impulso alla ricerca delle radici greche nella cultura meridionale e a cui si deve anche la scoperta della celeberrima Tomba del Tuffatore, con il suo pregevole dipinto, nella necropoli di Tempa del Prete a Paestum.

Affresco dalla “Tomba del tuffatore” – Foto: Giorgio Manusakis

Era l’8 marzo del 1964 quando l’arco è stato portato alla luce e battezzato con il nome di Porta Rosa, così chiamata da Mario Napoli per omaggiare la moglie nel giorno della Festa della donna.

“Porta rosa” di Velia, vista dal quartiere meridionale – Foto: Carlo Morino – Licenza: Wikimedia Commons

La struttura, datata al IV secolo a.C., periodo in cui inizia a diffondersi l’uso dell’arco nelle porte cittadine nel mondo greco sia a oriente che a occidente, è realizzato con blocchi di pietra calcare perfettamente incastrati senza l’uso di malta, raggiungendo un’altezza di quasi sei metri​. Di fatto, secondo gli archeologi, si trattava di un viadotto che aveva la funzione di collegare i quartieri settentrionale e meridionale della città. Ubicata sulla sella di una strada lastricata a selciato che sale dal quartiere commerciale, posta immediatamente sotto la torre che si eleva a protezione, appartiene al sistema difensivo della città alta, costituito da due colline prospicienti collegate da un possente muro a difesa dell’acropoli. Senza Porta Rosa si sarebbe avuta una frattura di tutto il sistema difensivo, poiché la Porta Arcaica, scoperta durante gli scavi successivi, che Mario Napoli data intorno al VI sec a.C., di cui è giunto a noi solo il basamento e parte dei piedritti (che sono i sostegni verticali dell’arco), riconosciuta come una delle porte di accesso alla città per la presenza della soglia e dei cardini, essendo posta al suo esterno, ad oltre trentotto metri dai rilievi, avrebbe determinato una pericolosa sacca in tutto il sistema di difesa. Porta Rosa fa parte, quindi, di quelle opere difensive a carattere continuativo ed unitario che costituiscono la fase di quarto secolo delle mura di Velia.

Al di là degli aspetti strettamente architettonici, gli archeologi, nello studiare le implicazioni storiche e filosofiche del manufatto, sono giunti alla conclusione che esso possa essere espressione di quella ripresa del pitagorismo nell’Italia meridionale che penetra nel mondo lucano, come testimoniano le fonti letterarie in proposito. Nella visione pitagorica, l’architettura non è solo una questione di costruzione fisica, ma anche di connessione spirituale. La Porta Rosa, situata in una posizione elevata e collegante la parte bassa della città con l’acropoli, rappresenterebbe simbolicamente l’unione tra il mondo terreno e quello celeste, un tema caro ai pitagorici. Lo stesso Mario Napoli, nel corso del Quinto Convegno di Studi sulla Magna Grecia (Taranto 10-14 ottobre 1965) mette in evidenza tutta una serie di rapporti basati sui numeri della porta (altezza, larghezza…) di suggestione pitagorica, di quel pitagorismo che doveva essere così fortemente presente a Velia, in particolare nel quarto secolo.

La sua posizione ha stimolato anche studi di archeoastronomia, ancora in corso. Le analisi archeoastronomiche hanno rivelato che Porta Rosa potrebbe essere stata orientata in modo da allinearsi con particolari fenomeni astronomici durante l’anno. La scelta di orientarla verso certi punti cardinali potrebbe avere avuto un significato simbolico, visto che nelle culture antiche il sole e altri corpi celesti erano spesso associati a divinità e forze cosmiche. Un allineamento preciso con il sole, rilevato dai primi studi, durante i solstizi potrebbe simboleggiare un legame sacro tra la città e le divinità celesti, conferendo alla porta una dimensione spirituale oltre a quella fisica. Un probabile riferimento letterario a Porta Rosa, poi, lo troviamo nel Poema “Περί Φύσεως (Sulla Natura)”di Parmenide.

Busto di Parmenide (Velia) – Foto: Sergio Spolti – Licenza: Wikimedia Commons

Secondo lo studioso Antonio Capizzi (1975), che fa una lettura filosofico-politica dell’opera, una sorta di riflessione sulle dinamiche politiche e sociali all’interno della città, Parmenide nel prologo descriverebbe un viaggio reale attraversando Elea lungo la via che congiungeva il porto fluviale nord alla Porta Marina, passando attraverso la maestosa porta collocata sulla sommità del colle.

A sessant’anni dalla scoperta, la Porta Rosa continua a essere un simbolo della grandezza culturale e architettonica di Velia e della sua capacità di adattarsi e prosperare in un contesto di cambiamenti politici e culturali. Il monumento rappresenta un momento cruciale nella storia dell’architettura. Nel suo libro L’architettura di pietra: antichi e nuovi magisteri costruttivi (2004), il prof. Acocella, dell’Università di Ferrara, evidenzia l’importanza della Porta Rosa di Velia non solo per la sua imponenza architettonica. Essa conferma, innanzi tutto, l’uso dell’arco nell’architettura greco-ellenistica su suolo italico, ma è anche la testimonianza di come le nuove forme tecniche elaborate dalla cultura ellenistica abbiano, poi, lasciato il segno durante la successiva presenza romana.

Trattandosi di un’area complessa e soggetta a frane, negli anni scorsi sono stati effettuati lavori importanti necessari alla sua messa in sicurezza, nonché interventi di restauro dell’arco che l’hanno riportato al suo antico splendore. Dopo l’accorpamento del sito velino all’autonomia di Paestum, la direzione del Parco con i suoi funzionari e collaboratori hanno coordinato lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria dei monumenti e, con la creazione di nuovi percorsi di visita, hanno garantito una maggiore fruibilità del sito e un rilancio dell’antica città magno-greca.

Specifiche foto:
Titolo: Parco archeologico di Velia – Ascea marina (SA)
Autore: Claudia Renati
Licenza: CC BY-SA 4.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0, via Wikimedia Commons
Link: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Parco_archeologico_di_Velia_-Ascea_marina%28SA%29.JPG
Foto modificata

Titolo: “Porta rosa” di Velia, vista dal quartiere meridionale
Autore: Carlo Morino
Licenza: CC BY-SA 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0, via Wikimedia Commons
Link: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Velia_0975.jpg
Foto modificata

Titolo: Busto di Parmenide – Velia
Autore: Sergio Spolti
Licenza: Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International license
Link: https://commons.m.wikimedia.org/wiki/File:Busto_di_Parmenide.jpg
Foto modificata

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