Villa Campolieto – Foto: Giorgio Manusakis

Incontro, cammino, significato nell’arte di Peppe Pappa e Eduardo Zanga.

Peppe Pappa e Eduardo Zanga: due artisti contemporanei dalle sensibilità tanto diverse, che si incontrano, “camminano” e producono opere caratterizzate da un grande potere significante, espongono insieme presso le sale di Villa Campolieto ad Ercolano.

L’inaugurazione della bi-personale, dal titolo Incontaminate radici vesuviane, ha avuto luogo lo scorso 8 luglio 2024 con una conferenza di presentazione moderata dalla scrivente, che ha anche curato il testo critico delle opere esposte, e alla presenza di Gennaro Miranda, presidente della Fondazione ente ville vesuviane, Corrado Sorbo, presidente dell’associazione TURA, che ne ha curato il progetto, e di Salvatore Marciano che ha curato l’allestimento della mostra lavorando, in maniera attenta e meticolosa, a quattro mani con Ornella de Martinis.

Un momento dell’evento – Foto: Giorgio Manusakis

Questa esposizione è il vero e proprio racconto di una storia dal titolo molto significativo, poiché il territorio vesuviano ha subito, nel tempo, tante contaminazioni; eppure le sue radici restano fortemente incontaminate, affondando in un terreno estremamente fertile, intriso di beni culturali di inestimabile valore, con una storia pluricentenaria, il suo meraviglioso paesaggio, le sue inconfondibili tradizioni, le sue biodiversità e i suoi prodotti di eccellenza.

Villa Campolieto testimonia, in maniera incomparabile, tutto questo e fa da prestigiosa cornice alle opere esposte. In una suggestiva posizione, non lontano dalla Reggia di Portici e contigua alla Villa Favorita, la residenza venne edificata per volontà del principe Luzio De Sangro, Duca di Casacalenda che, nel 1755, affidò il progetto e l’esecuzione dei lavori a Mario Gioffredo sostituito, poi, da Luigi Vanvitelli e dal figlio Carlo che ne completò la realizzazione. Acquisita nel 1977 dall’Ente per le ville vesuviane, oggi Fondazione, dopo 6 anni di restauro è stata riportata al suo primitivo splendore, restituita alla pubblica fruizione, ospitando oggi numerosi eventi culturali e importanti allestimenti di opere d’arte. L’edificio, che si presenta a pianta quadrata e si sviluppa su cinque livelli, dà accesso agli appartamenti del piano nobile attraverso un monumentale scalone con una rampa centrale che poi si divide in due laterali, sul modello già sperimentato nella Reggia di Caserta. Un ampio vestibolo, coperto a cupola e fiancheggiato da due nicchie absidali, accoglie e indirizza gli ospiti nei diversi ambienti dell’appartamento. Molte delle sale sono completamente affrescate e vi è una splendida terrazza con un magnifico affaccio sul mare da cui si può ammirare una delle più suggestive e panoramiche vedute sul Golfo di Napoli e da cui, attraverso un’altra monumentale scala, si raggiunge il giardino sottostante. Volgendo le spalle al mare, invece, si ammira il Vesuvio che domina il paesaggio con la sua imponenza.

Villa Campolieto, lo scalone interno – Foto: Giorgio Manusakis

La mostra di arte contemporanea, che si può visitare nelle sale di questa prestigiosa villa, si inserisce a pieno titolo, chiaramente attraverso i linguaggi che sono propri del nostro tempo, nel solco dei grandi maestri del Novecento ma, se vogliamo ancor prima. Queste incontaminate radici artistiche sono già presenti in un’epoca tanto lontana e ci parlano dai siti archeologici di Pompei ed Ercolano con gli splendidi colori, pressoché immutati nel tempo, della pittura parietale o delle opere musive. Ma possiamo parlare anche di tutta la storia napoletana, che non è disgiunta da quella vesuviana e che, passando per l’epoca paleocristiana, l’età normanno-sveva e il periodo angioino, e poi la grande fioritura artistica del ‘600 con la lezione del Caravaggio, Luca Giordano e tanti altri ancora, giunge allo splendore del’700 di cui questa bellissima villa, con i suoi meravigliosi affreschi, ci dà testimonianza. Attraverso la grande arte paesaggistica della Scuola di Posillipo, che immortalerà molti degli splendidi scorci vesuviani, si giunge al Verismo della Scuola di Resina, che vide attivo un gruppo di artisti, nella metà dell’800, proprio in questi territori, tra Portici ed Ercolano. Via via così sino alla grande rivoluzione del ‘900, con le Transavanguardie che daranno energia e respiro internazionale alla pittura napoletana e campana.

Villa Campolieto – Una delle sale affrescate – Foto: Giorgio Manusakis

Tutto questo ci aiuta a comprendere origini e legami tra una mostra di arte contemporanea e un luogo storico emblematico di un’epoca apparentemente tanto lontana.

La narrazione artistica attualmente proposta si svolge sulla traccia di tre voci che accompagnano il visitatore lungo il percorso: incontro, cammino e significato. Queste tre parole ci parlano delle connessioni e del legame fortissimo che intercorre tra i due artisti, Peppe Pappa e Eduardo Zanga, che hanno entrambi operato nel territorio vesuviano e che sono espressione di una particolare energia magmatica che si sprigiona chiaramente dalle loro opere.

Peppe Pappa opera in campo artistico da più di 60 anni e, attraverso una poetica diretta e semplice, sperimentando in maniera originale e creativa tutti i mezzi espressivi possibili, si è sempre mostrato particolarmente attento alle continue evoluzioni socio-politiche, economiche, culturali, ambientali, tecnologiche e di costume sia a livello territoriale che mondiale. Per lui l’arte è sempre stata il mezzo per affrontare, con coraggio, temi importanti come: la spersonalizzazione dei social, la difesa e il diritto al lavoro, la piaga sociale dell’indifferenza, la necessità di un risveglio delle coscienze, il recupero dell’autentica vicendevole relazione. Attraverso pitto-scultura, fotografia, materiali audiovisivi, istallazioni, performance, mail art, opere di assemblaggio digitale, Pappa ha messo in atto dei veri e propri happening attraverso cui dialogare e far vivere allo spettatore un’esperienza relazionale.

Per questo evento, che lo vede affiancato a Eduardo Zanga, ha scelto di riproporre 10 opere, dal titolo Venturo, realizzate nel 2013. Sono passati 11 anni dalla loro realizzazione eppure esse trasmettono un messaggio di straordinaria attualità parlando della necessità di un risveglio attivo delle coscienze e di un cambiamento. Si tratta di riproduzioni digitali di manifesti del cinema sovietico degli anni ‘20, emblematici di una società in pieno fermento, attraversati centralmente e in senso verticale (potremmo dire ascensionale) da iscrizioni metanarrative che, come ferite, sembrano squarciare e allo stesso tempo ribadire l’urgenza di riprendere a sognare, ricominciare a pensare alla grande e desiderare un reale cambiamento. Nelle sue opere si leggono frasi del tipo “se non sogni non ti svegli”, “sogno, penso, agisco, vivo” o “non ho confini oltre i sogni che squarciano le mie delusioni”. Sono frasi forti ed esplicite che, contro immagini di un passato in rivoluzione, ci stimolano a profonde e personali riflessioni.

Alcune delle opere in esposizione – Foto: Giorgio Manusakis

Edoardo Zanga, che purtroppo ci ha lasciato prematuramente pochi mesi fa, usa, invece, nelle sue opere, un linguaggio non-figurativo che attua attraverso la sperimentazione e l’utilizzo di svariati materiali in infinite e possibili combinazioni. Legno, carta, vetro, sabbia, terriccio, pietra, tela di sacco, rame, lamine in ferro, alluminio, plexiglass: Zanga utilizza ogni cosa perché riesce a intuire e ad estrarre forme espressive da tutto ciò che incontra. Quello che ai nostri occhi appare come un semplice rifiuto per Zanga ha una seconda e più nobile possibilità. È difficile incasellare le sue opere in una precisa tipologia artistica, tutte le pratiche – dipinti, collage, sculture – si fondono in maniera straordinariamente armonica. I materiali utilizzati sembrano giocare tra loro e venirci incontro per chiedere di essere toccati, per sentirne le vibrazioni e le sensazioni, quelle stesse che lui ha avvertito mentre li lavorava. Il colore è più che presente in maniera vivace e brillante: nero, rosso, azzurro, verde, giallo. Sono i colori delle terre vesuviane: luci abbaglianti, mare, terra, rigogliose vegetazioni e fertilissimo magma.

Alcune delle opere in esposizione – Foto: Giorgio Manusakis

Il rigore geometrico si alterna a linee morbide, dinamiche, leggere, sinuose e naturali per raccontare di un modo intimo e personale di percepire, relazionarsi e stare al mondo.

Peppe Pappa e Eduardo Zanga, due sensibilità tanto diverse, espongono insieme anche in virtù di una lunga amicizia. Si sono incontrati e hanno camminato nel mondo dell’arte, a volte esponendo insieme, conservando ognuno la propria identità, e ciò che li ha profondamente accomunati è stato il credere fortemente nel potere significante dell’arte.

Le loro sono opere che richiedono tempi generosi di osservazione per poter interagire con esse ed andare oltre la semplice percezione visiva.

Alcune delle opere in esposizione – Foto: Giorgio Manusakis

L’esposizione inizia nella prima sala con il concetto di “incontro”; prosegue nelle altre sale attraverso il “cammino” dialogante tra i due artisti e si conclude nell’ultima sala, la più grande, con il concetto di “significato”. Uscendo dal percorso espositivo i due artisti sembrano salutarci con una foto, l’ultima che li vede insieme, scattata in occasione dell’allestimento della più recente esposizione di Peppe Pappa, tenutasi lo scorso mese di marzo presso la galleria napoletana Movimento Aperto, a cui Eduardo Zanga volle collaborare a testimonianza del loro sincero legame di amicizia.

Alla cerimonia di presentazione sono intervenuti, apportando il loro contributo, il sindaco di Portici Enzo Cuomo, il vice sindaco di San Sebastiano al Vesuvio Assia Filosa, la gallerista del MA – Movimento Aperto – Ilia Tufano e l’artista Peppe Pappa. Presenti all’evento, per Edoardo Zanga, la sua famiglia: la moglie Mariuccia Improta e le figlie Manuela e Clorinda. Questa interessantissima mostra, incastonata in uno straordinario gioiello settecentesco qual’è la villa Campolieto, è visitabile sino al prossimo 28 luglio 2024.

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