Gallerie d’Italia, Napoli – Foto: Giorgio Manusakis

Le Gallerie d’Italia di Napoli hanno celebrato il loro primo anno di vita del museo nella nuova e prestigiosa sede del palazzo che precedentemente ospitava il Banco di Napoli, con una mostra dedicata ad uno dei più grandi artisti della seconda metà del XX secolo nonché potente creatore dell’”immagine della vita contemporanea” qual è stato Mario Schifano.

Dal titolo Mario Schifano: il nuovo immaginario. 1960 -1990, l’esposizione, inaugurata il 2 giugno 2023 e visitabile sino al 29 ottobre, offre la possibilità di ammirare 55 opere che, attraverso 6 sezioni tematiche, ripercorrono le fasi di ricerca dell’artista, oltre che seguire un percorso cronologico che si snoda nell’arco di trent’anni.

Di origini libanesi, nato a cavallo tra le due Guerre, Schifano arriva in Italia nell’immediato secondo dopoguerra e, prima di dedicarsi alla pittura come autodidatta, segue il padre nel suo lavoro da archeologo. Vanno sottolineate queste sue origini perché gli permetteranno di confrontarsi col mondo del passato, di conoscere la storia dell’arte, di comprendere l’importanza del dettaglio e di sapere che è possibile cogliere il tutto in un frammento, gettando le fondamenta del suo fare arte. Nel 1960 espone i primi lavori monocromatici che appaiono proprio come frammenti, piccole inquadrature di una realtà ben più grande. È come se l’artista avesse voluto andare oltre la poetica suprematista e, attraverso il colore senza limiti, aprire una finestra su molto ‘altro’ e al colore stesso affidare tutto il suo desiderio di libertà. E la libertà sarà proprio la cifra più importante della sua inarrestabile produzione geniale, scattante e in totale dialogo con i tempi di allora e di oggi.

Mario Schifano, ‘Analogo’ (1961) – Foto: Matilde Di Muro

I suoi Monocromi sono serie di semplici stesure omogenee di colore a smalto su carta da imballaggio, successivamente incollata su tela. Semplici e, allo stesso tempo, tanto potenti da suscitare l’apprezzamento della critica di allora e capaci di calamitare l’attenzione dell’osservatore di oggi.

Nell’opera di grandi dimensioni dal titolo Grande pittura del 1963 è ancora il colore ad essere protagonista ma, questa volta, nell’atto di essere usato.

Mario Schifano, ‘Grande pittura’ (1963) – Foto: Matilde Di Muro

È come se l’artista ci raccontasse il processo creativo di un monocromo con tanto di strumenti per la sua realizzazione: un barattolo di vernice che penzola da un asse d’appoggio sorretto da corde. Sembra un semplice fermo-immagine ma il dettaglio dei rivoli di colore che scendono lentamente fa di quest’opera un concentrato di mistero e dinamismo. L’azione sembra compiersi sotto i nostri sguardi e l’osservatore è quasi invitato a continuare ciò che qualcun altro ha interrotto e a munirsi di un pennello per dare compimento all’opera.

Agli anni settanta appartengono le sue opere più conosciute, dedicate a immagini e sigle commerciali protagoniste della comunicazione di massa: è la sua interpretazione della Pop Art. Ma Schifano fa molto di più che denunciare una civiltà di massa attraverso le sue stesse manifestazioni. Le sue insegne commerciali diventano, piuttosto, un linguaggio pittorico e una personale interpretazione di ‘stile moderno’ fatto attraverso ciò che è più familiare all’uomo contemporaneo.

Mario Schifano, ‘Segno d’energia’ (1965) – Foto: Matilde Di Muro

Tra il 1963 e il 1965, Schifano dedicherà molte sue opere al tema del ‘paesaggio’ e al cosiddetto ‘mondo esterno’: ed è poesia! Queste opere sono quasi la risposta ad un anelito o una personale percezione del paesaggio in un tempo in cui il suo vissuto si svolgeva nella grande e frenetica metropoli di New York. Il mondo naturale diventa una serie di frammenti, alberi, foglie, macchie di colore, che, ricordando le originarie esperienze di pratiche archeologiche, si compongono sulla tela. L’artista concretizza la sua idea di paesaggio in maniera plurimaterica: carte colorate, segni e macchie di colore sono celate e, allo stesso tempo, rivelate dall’utilizzo di plexiglas trasparenti che sembrano avvolgere il tutto. Il suo non è un paesaggio alla maniera impressionista ma, piuttosto, ci sembra di entrare in una dimensione onirica ed è come scorgere il mondo attraverso i vetri di un finestrino.

Mario Schifano, ‘Ultimo autunno’ (1964) – Foto: Matilde Di Muro

È chiaro come le Avanguardie siano state base e punto di partenza per tutta la ricerca artistica di Schifano e questo appare più che esplicito nella sezione dal titolo Il corpo in moto, il Dinamismo con chiaro riferimento alla poetica futurista che sembra dare concretezza alle sue inquietudini e continue evoluzioni.

Mario Schifano, ‘Futurismo rivisitato’ (1966) – Foto: Matilde Di Muro

‘Futurismo’, La foto storica del 1912 – Licenza: Wikimedia Commons

A tal proposito, interessante appare un’opera in cui la celebre fotografia del 1912, che ritrae il gruppo di artisti futuristi, viene ripresa e sembra riportare in vita il passato. Tuttavia qui i protagonisti appaiono come sospesi in una dimensione ‘altra’ sottolineata dalla presenza di una superfice di plexiglass che ricopre, opacizza e allontana. E, quindi, si tratta di un dinamismo temporale più che fisico.

L’esposizione continua con una serie di opere realizzate agli inizi degli anni ’70, forse meno note ma con un’enorme carica espressiva e valore comunicativo.

Si tratta della sezione intitolata Paesaggi TV e New Media le cui opere ci fanno comprendere il rapporto particolarissimo di questo artista con i media. Sappiamo quanto sia stata complessa la relazione tra gli artisti, le tecnologie e i moderni mezzi di comunicazione, sin dall’esordio della fotografia. Schifano comprende che oramai non si può prescindere dalla loro presenza e che, anzi, i media, responsabili di questa tanto celebrata società dell’immagine, pongono l’artista di fronte ad una necessità di rinnovamento nei confronti dell’immagine stessa. Quindi la pittura, rivisitata attraverso uno straordinario mix di macchie di colore e immagini fotografiche, non fornirà più una sola immagine ma un susseguirsi ordinato di immagini, come fotogrammi che parlano di fatti di cronaca, personaggi pubblici, arte e pubblicità.

Mario Schifano, ‘Senza titolo’ (1976) – Foto: Matilde Di Muro

L’esposizione si completa, al piano terra, con le produzioni di grande formato che appartengono agli ultimi tre decenni della carriera artistica di Mario Schifano. Queste opere, attualmente non più disponibili, sono festose e dalle straordinarie dimensioni e per questo definite dalla critica contemporanea “gli straordinari teleri dell’arte contemporanea internazionale”.

Insomma, un gran bel tributo che, una così importante realtà museale di Napoli ha rivolto ad un artista che, tra l’altro, nel 1986 ha realizzato una sorta di taccuino pittorico dedicato alla città dal titolo 100 informazioni su Napoli e dintorni. Si tratta di una raccolta di immagini a colori con riproduzioni di dipinti, disegni e Polaroid realizzati da Mario Schifano per la città partenopea.

Inoltre non si può non ricordare un’altra importante opera di quest’artista, facente parte della Collezione Terrae Motus custodita presso la Reggia di Caserta.

L’opera, dal titolo Sussulto, fu realizzata nel 1986 e fa parte di una collezione di ben 70 capolavori di arte contemporanea realizzati da artisti di portata internazionale e raccolti dal famoso gallerista napoletano Lucio Amelio. Sono opere molto diverse tra loro, per tecnica e materiali usati, ma con un unicum tematico: sono dedicate alla catastrofe sismica che, nel 1980, devastò Campania e Basilicata.

L’opera di Schifano rappresenta Napoli come un dinamismo di luce, simbolo di grande vitalità ed energia creatrice, stretta tra terra e cielo, come spinta da una massa di lava tumultuosa e incandescente dal basso verso l’alto in cui è protagonista un vellutato cielo trapuntato di stelle. Quel cielo sembra richiamare quell’atmosfera natalizia che ci regalano i presepi napoletani, con tanto di luna piena, una scia luminosa che ricorda quella di una cometa e l’accenno di una croce. Dunque un messaggio di alterità, di speranza e di rinascita all’insegna di un’energia che è un po’ l’emblema della città di Napoli e del suo popolo.

Ancora una volta: “l’Arte è vita”.

Specifiche foto:
Titolo: Luigi Russolo, Carlo Carrà, Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni e Gino Severini davanti a Le Figaro, Parigi, 9 febbraio 1912
Autore: sconosciuto
Licenza: Wikimedia Commons

Link: Russolo, Carrà, Marinetti, Boccioni e Severini davanti a Le Figaro, Parigi, 9 febbraio 1912 – PICRYL – Public Domain Media Search Engine Public Domain Search

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