Canal Antonio detto Canaletto, ‘Veduta del Canal Grande’ (1726-28) – Foto: Google Arts & Culture – Licenza Wikimedia Commons

In questa quinta ed ultima puntata del nostro viaggio nella Galleria degli Uffizi vi proponiamo le opere di uno dei massimi protagonisti dell’arte barocca italiana, Luca Giordano, e di due grandi maestri del Settecento veneziano quali Canaletto e Tiepolo

Il barocco: agli Uffizi le opere di Luca Giordano

Il barocco rappresenta una delle stagioni artistiche più amate non tanto forse dalla critica ufficiale quanto piuttosto dal grande pubblico dei non addetti ai lavori. La ragione di questo consenso popolare risiede nella capacità, da parte degli artisti operanti tra i primi decenni del Seicento e la prima metà del Settecento, di trasmettere emozioni e coinvolgere gli spettatori mediante un’ampia varietà di colori e l’impostazione di contesti molto teatralizzati e scenografici che fanno da sfondo a temi storici, religiosi e mitologici. Capisaldi di questa peculiare corrente di gusto furono Giovanni Lanfranco e Pietro da Cortona. Essi furono abbastanza richiesti nella Roma dei Papi e più in generale in ambito ecclesiastico al fine di veicolare, attraverso i loro capolavori, i valori cristiani ribaditi con forza dal Concilio di Trento e nella conseguente dottrina controriformista.

Nella seconda metà del Seicento si colloca l’attività di uno dei massimi esponenti del barocco: Luca Giordano. Della produzione del grande artista partenopeo, possiamo prendere in esame due grandi dipinti realizzati proprio a Firenze, dove in realtà si distinse soprattutto per il ciclo figurativo di Cappella Corsini, nella Chiesa del Carmine, e le decorazioni della galleria di Palazzo Medici Riccardi. La prima di esse è l’Allegoria della Pace tra Firenze e Fiesole, del 1682. Nella rievocazione di una vicenda dell’antichità romana, il pittore allude alla politica di pacificazione attuata in Toscana dalla famiglia Medici, il cui stemma, nella tela dipinta ad olio, viene consegnato da Giove ad una figura femminile interpretabile come personificazione della Gloria. L’opera appartiene alla tipologia delle soffitte, ossia quadri concepiti per essere sistemati sotto la copertura di saloni e stanze da ricevimento. Nel caso specifico, l’Allegoria di Luca fu collocata nella Sala della Guardia, situata a Palazzo Pitti presso l’appartamento abitato dal principe Ferdinando, figlio del granduca Cosimo III. Secondo quanto riporta lo scrittore Bernardo De Dominici, il bozzetto preparatorio per la tela sarebbe stato eseguito in sole quattro ore. Per quanto la sua attendibilità vada assolutamente presa con le pinze, la notizia dello storico napoletano conferma la risaputa straordinaria velocità di Giordano nel dipingere, tanto grande da meritargli il simpatico epiteto di “Luca fa’ presto”.

Luca Giordano, ‘Allegoria della pace tra Firenze e Fiesole’ (1682) – Foto: Sailko – Licenza: Wikimedia Commons

Come altri predecessori anche il pittore partenopeo si cimentò nella rappresentazione del tema religioso-politico dell’Adorazione dei Magi. L’olio su tela conservato agli Uffizi non fu eseguito a Firenze bensì a Napoli per conto del marchese vicerè Gaspar del Carpio. Quest’ultimo avrebbe chiesto a Giordano di farsi ritrarre nel sovrano inginocchiato di profilo al cospetto di Maria. Solo successivamente Cosimo III avrebbe deciso di acquistarlo e di collocarlo in una delle dimore medicee. L’estetica barocca di Luca si mostra qui nel grande tripudio di luci e colori, risultato dello studio approfondito della pittura veneta di Tiziano. Da questo medesimo modello, infine, deriva l’assoluta eleganza degli abiti dei Magi e di altri personaggi minori, come il moretto ed il nano, richiesti come giullari ed intrattenitori presso le principali corti europee.

Luca Giordano, ‘Adorazione dei Magi’ (1683-85) – Foto: Sailko – Licenza: Wikimedia Commons

Il rococò di Canaletto e Tiepolo

Negli anni a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo il barocco si evolse nel cosiddetto stile rococò. Tale nome deriva dal francese rocaille, con il quale si indicavano le decorazioni ad incrostazioni e a conchiglie, presenti in grotte ed altri ambienti da giardino. Sebbene avesse riguardato principalmente ambiti come l’architettura e l’artigianato, il rococò si espresse altresì nel campo della pittura, rivelando, con il ricorso a motivi floreali ed ornamentali, il senso di leggerezza del vivere proprio delle classi nobiliari. Tra le tematiche più frequentemente affrontate dagli artisti evidenziamo il vedutismo, inteso come ricerca obiettiva e raffigurazione del vero in natura; la mitologia, colta nei suoi aspetti legati all’amore, e le scene galanti, ossia momenti di vita privata aventi come protagoniste perlopiù le donne aristocratiche.  

La scuola che ci fornisce le più significative testimonianze di arte rococò è indubbiamente quella veneta. A tal proposito gli Uffizi, seppur al momento in deposito per lavori di riallestimento, conservano opere di due importanti esponenti come Giovanni Antonio Canal, meglio noto come Canaletto, e Giambattista Tiepolo. Del primo ricordiamo una Veduta del Canal Grande, eseguita tra il 1726 ed il 1730 e riguardante il suo tratto compreso tra Ponte di Rialto e Palazzo Balbi. Del tema vi sono ulteriori repliche: una presso l’Accademia Carrara di Bergamo, in cui si evidenziano piccole differenze relative alla collocazione ed alla dimensione delle barche; l’altra, più antica, risalente al 1722, custodita al Museo del Settecento veneziano. Dalla visione della tela degli Uffizi possiamo desumere la totale veridicità dell’espressione di “pittore-fotografo”, attribuita a Canaletto già dalla critica del XVIII secolo e ribadita anche da studiosi del Novecento, come Roberto Longhi e Pietro Zampetti. Quest’ultimo, in particolare, lo definì come il primo autentico vedutista, capace di rappresentare le cose “nella loro essenza più vera e profonda”. Di Giambattista Tiepolo, invece, le collezioni degli Uffizi conservano un dipinto intitolato Rinaldo abbandona Armida e riferito ad un episodio del poema La Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso. Rinaldo, nell’ambito delle sue peripezie legate alle Crociate, viene ritrovato oltre le Colonne d’Ercole sulle Isole Fortunate da due suoi compagni soldati in compagnia di una maga musulmana di nome Armida. Quest’ultima, nel dipinto, cerca di trattenere con la sua bellezza e seduzione il nostro protagonista. Grazie all’uso equilibrato dei colori e del chiaroscuro Tiepolo crea un’opera ricca di pathos ed immersa in un’atmosfera sì surreale ma dalla quale comunque emergono in modo chiaro forme anatomiche e volumi, tra cui lo specchio in cui è riflesso il volto di Rinaldo. Dall’analisi del tema, per il quale Tasso si ispirò alla tradizione epica di Odisseo, il quale anch’egli fu lungamente trattenuto dalla ninfa Calipso, appaiono chiari legami con lo stile di autori cinquecenteschi del valore di Paolo Veronese e Tintoretto.

Tiepolo Giambattista Detto Tiepoletto, ‘Rinaldo abbandona Armida’ (1750-55) – Foto: Catalogo Generale Beni Culturali – Licenza: Etichetta “Beni culturali Standard” (BCS)

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Titolo: Luca giordano, allegoria della pace tra firenze e fiesole, 1682, 01.jpg
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Titolo: Luca giordano (cerchia), adorazione dei magi, 1690-1700 ca.jpg
Autore: Sailko
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Titolo: Canaletto – Veduta del Canal Grande
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Link: Canaletto – Veduta del Canal Grande – Google Art Project.jpg – Wikipedia
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Titolo: Rinaldo abbandona Armida
Autore: Beni Culturali
Licenza: Etichetta “Beni culturali Standard” (BCS)
Link: Rinaldo abbandona Armida dipinto, 1750 – 1755 (beniculturali.it)
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