Luca Giordano, ‘Venere dormiente con Cupido’ (1663) – Napoli, Museo di Capodimonte – Foto: Giorgio Manusakis
Luca Giordano è sicuramente il più importante esponente napoletano della stagione artistica del Barocco. All’indiscusso talento il pittore seppe unire un’incredibile rapidità nell’esecuzione dei suoi lavori, tanto da meritarsi l’appellativo di “Luca Fapresto”
Un “figlio d’arte” che superò il padre in bravura e velocità di composizione
Luca Giordano nasce a Napoli il 18 ottobre del 1634. Suo padre, Antonio, originario della Puglia, oltre ad essere un mercante, era anche un pittore di modesta levatura. Secondo un aneddoto riportato da Bernardo De Dominici nel suo libro “Vita del Cavaliere D. Luca Giordano”, il piccolo Luca avrebbe eseguito a soli otto anni la sua prima opera d’arte, rappresentata da due putti affrescati in una delle cappelle della chiesa partenopea di S. Maria la Nova. Sarebbe stato quello, dunque, l’inizio di una straordinaria carriera, caratterizzata dal notevole numero di lavori effettuati (circa un migliaio) e soprattutto da una straordinaria velocità di esecuzione tale da meritargli il simpatico soprannome di “Luca Fapresto”. Tale caratteristica, legata ovviamente alla preziosa collaborazione di un gruppo di allievi, non fu mai frutto di improvvisazione in quanto da recenti studi è emerso come ogni sua opera avesse sempre alla base bozzetti, schizzi e disegni spesso rimaneggiati e rivisitati più volte.
Luca Giordano, ‘Diana saetta Niobe’ (1660-69) – Napoli, Museo di Capodimonte – Foto: Giorgio Manusakis
I modelli dei primi lavori di Luca
Le prime produzioni, eseguite nell’arco degli anni Cinquanta del Seicento, trovano in Jusepe de Ribera il loro punto di riferimento sul piano stilistico. Ciò per una duplice ragione: da un lato, la notevole influenza esercitata dallo Spagnoletto a Napoli a cavallo della metà del Seicento; dall’altro, il legame affettivo che legava il pittore italo-iberico alla famiglia Giordano, avendolo scelto il papà Antonio come suo testimone di nozze nel 1616. Di impronta “riberesca” è, dunque, una serie di Filosofi in cui si coglie, tra l’altro, anche un riferimento culturale al neo-stoicismo. I ritratti di questi pensatori, rifuggendo da ogni intento di mera celebrazione, sono permeati, infatti, da un realismo a volte tanto accentuato da sfociare in un gusto grottesco.
La prima grande committenza ecclesiastica di Luca in età giovanile è rappresentata dai due dipinti per la Chiesa di S. Pietro ad Aram, ovvero la Traditio clavium e l’Incontro dei SS. Pietro e Paolo sulla via del martirio. Tuttavia, già sul finire degli anni Cinquanta, all’eco riberesca si associano gli influssi da parte di altri artisti quali Mattia Preti, il cui modello è a sua volta il fiammingo Rubens, e Pietro da Cortona. La produzione di quest’ultimo valente pittore, che Luca poté apprezzare in prima persona visitando il Palazzo Barberini di Roma, è fonte di ispirazione per altre prestigiose opere napoletane, come le due tele della Chiesa dell’Ascensione a Chiaia, in cui sono raffigurati rispettivamente un gruppo di S. Anna e la Vergine ed un S. Michele Arcangelo, e i due capolavori della Chiesa di S. Agostino agli Scalzi, oggi al Museo di Capodimonte, quali l’Elemosina di S. Tommaso da Villanova e l’Estasi di S. Nicola da Tolentino.
Sposatosi nel 1658 con Angela Margherita Dardi, dalla cui unione nascono circa una decina di figli, a partire dagli anni Sessanta il pittore comincia ad entrare in contatto con gli ambienti politici cittadini. A tal proposito, si ritiene che il vicerè conte di Penaranda, Gaspar de Bracamonte, avesse interceduto in modo decisivo presso la Congrega di S. Maria Vertecoeli per l’assegnazione di due tele per la Chiesa di S. Maria del Pianto: S. Gennaro che intercede per la cessazione della peste del 1656 ed I santi protettori di Napoli adorano il Crocifisso, entrambe attualmente a Capodimonte.
Luca Giordano, ‘Leda e il cigno’ (1670 ca.) – Napoli, Museo di Capodimonte – Foto: Giorgio Manusakis
Dal soggiorno veneziano l’evoluzione verso il barocco
Intorno al 1665 trascorre un periodo a Venezia, città dove approfondisce la conoscenza dell’arte di Tintoretto e di Tiziano. Tale esperienza di studio, che vede tra i suoi frutti un “quadro grande con le anime del Purgatorio” eseguito per il marchese Agostino Fonseca, si rivelerà fondamentale per l’evoluzione del suo stile in chiave barocca. Rientrato dalla Laguna, Luca continua a ricevere importanti committenze sia a livello privato che ecclesiastico. Nel primo ambito si può ricordare, ad esempio, una serie di dipinti mitologici per Andrea D’Avalos, marchese di Montesarchio, in cui piuttosto che di Ribera sembra meglio evidente l’influenza di Guido Reni e di Nicolas Poussin. I soggetti di queste opere, alcune delle quali esposte in una mostra allestita a Capodimonte tra il 2020 ed il 2021, secondo quanto riporta De Dominici, spaziano dalle “Veneri in varie posture dormienti” alla rappresentazione delle vicende di Ercole e di Adone ed alla morte di Cleopatra tra le sue ancelle. Nel secondo ambito (quello ecclesiastico), invece, si possono menzionare i lavori presso la Sagrestia Nuova della Cappella del Tesoro, dove affresca la cupola con una raffigurazione del santo in gloria ed esegue decorazioni di armadi ed inginocchiatoi. Anche presso il contiguo Duomo, dopo aver già decorato in precedenza, su incarico del cardinale Ascanio Filomarino, le quattro portelle dell’organo con la Vergine annunziata e l’Angelo ed i Santi protettori di Napoli, realizza un ciclo di quadri con apostoli, santi e dottori della Chiesa commissionatogli dal cardinale Innico Caracciolo il quale, tra l’altro, celebra il battesimo di una delle sue figlie. La fama di Luca giunge altresì presso il Pio Monte della Misericordia, nella cui Chiesa dipinge nel 1671 una Deposizione, e presso il Monte dei Poveri, istituzione per la quale realizza un’Immacolata ed una Circoncisione. Anche i Gesuiti entrano in contatto in questo periodo con l’artista napoletano, chiedendogli di realizzare i dipinti della Cappella di S. Francesco Saverio nel transetto della Chiesa del Gesù Nuovo.
Luca Giordano, ‘Sogno di re Salomone’ (1663 ca.) – Napoli, Museo di Capodimonte – Foto: Giorgio Manusakis
I lavori fiorentini e quelli precedenti la partenza per la Spagna
Nel 1682 Giordano si trasferisce a Firenze presso il nobile Andrea del Rosso nella cui dimora realizza il modello della cupola della Cappella Corsini nella Chiesa del Carmine. L’opera è senza dubbio una delle più importanti tra quelle commissionate all’artista in Toscana, se si pensa anche alla straordinaria velocità con cui fu eseguita, ossia circa 6 mesi, tra il febbraio e l’agosto di quell’anno. La vita di Andrea Corsini, salito agli onori degli altari nella prima metà del secolo, è qui raccontata da Luca attraverso uno stile narrativo arricchito da un intenso cromatismo, esito del fascino esercitato su di lui dalla pittura veneta, ed evidenziabile persino nelle immagini di Virtù raffigurate nei pennacchi. Sempre nel 1682, prima di ritornare a Napoli per il peggiorare delle condizioni di salute del padre, inizia a realizzare i bozzetti per le pitture di Palazzo Medici Riccardi, le quali vengono terminate solo sul finire del 1685. I temi scelti per le volte della Galleria degli Specchi e della Biblioteca, spaziando dalla mitologia alla “tradizionale” rappresentazione di membri della famiglia committente, illustrano visivamente il percorso virtuoso che l’anima può compiere per raggiungere la grazia divina.
Rientrato a Napoli nel 1686, Giordano esegue altri grandi capolavori: dalla Madonna del Baldacchino, o del Rosario, per la Chiesa di S. Spirito di Palazzo ed oggi conservata a Capodimonte, alla serie di quadri per la Chiesa dei SS. Apostoli (Natività di Maria, Presentazione di Maria al tempio, Adorazione dei pastori, Sogno di S. Giuseppe). Un ciclo di affreschi per S. Maria Donnaromita e la tela del soffitto della Basilica di S. Restituta nel Duomo di Napoli non sarebbero stati terminati in tempo prima della partenza per la Spagna ma affidati all’allievo Giuseppe Simonelli.
Luca Giordano, ‘Sacra Famiglia con i simboli della Passione’ (1660) – Napoli, Museo di Capodimonte – Foto: Giorgio Manusakis
Dalla consacrazione presso la corte spagnola agli ultimi lavori napoletani
Il 1692 segna l’inizio dell’acmè della carriera di Giordano. In Spagna il pittore riceve una commissione molto cara alla famiglia reale, la quale contava di ritrovare in lui un talento pari o addirittura superiore al compianto Diego Velazquez. Trattasi dei nuovi apparati decorativi del Monastero di S. Lorenzo dell’Escorial, edificato per volere di Filippo II tra gli anni Sessanta e Ottanta del Cinquecento in qualità di struttura residenziale e di culto. In questo contesto, Luca riesce a soddisfare al meglio le richieste degli Asburgo, dimostrando un’elevatissima maturità artistica anche in un genere meno ricorrente nella sua sterminata produzione come quello bellico-militare, al quale sono riconducibili, presso l’Escalera, due episodi della battaglia di S. Quintino. Terminati i lavori all’Escorial con gli affreschi delle volte della chiesa monastica nell’estate del 1694, l’artista napoletano viene chiamato sempre dalla famiglia reale a decorare un altro importante luogo di rappresentanza come il Cason del Buen Retiro, realizzando un ciclo figurativo basato sulla celebrazione dell’Ordine cavalleresco del Toson d’oro.
Dopo aver ultimato altri due lavori in terra ispanica, costituiti dagli affreschi della sagrestia della Cattedrale di Toledo e da quelli della chiesa madrilena di S. Antonio dei Portoghesi, Luca ritorna nel 1702 a Napoli. Tra gli ultimi incarichi ricevuti in città, il più importante, che può ritenersi come una sorta di testamento artistico per le successive generazioni, è il ciclo delle Storie di Giuditta e dell’Antico Testamento per la Cappella del Tesoro Nuovo della Certosa di S. Martino. Le tele del 1704 con le Nozze di Cana ed Il discorso della montagna, eseguite per la Chiesa di S. Maria Donnaregina Nuova, sono considerate dalla critica come le sue ultime due opere compiute prima della morte avvenuta il 3 gennaio 1705, a causa della quale, invece, non riesce a finire le pitture per la sagrestia di S. Brigida. In questa stessa chiesa, che tra l’altro l’aveva visto emergere ancora giovanissimo con un S. Nicola che salva il fanciullo coppiere, Luca riceve solenni funerali e trova sepoltura. A dimostrazione del grande affetto nutrito dal popolo napoletano nei suoi riguardi, De Dominici ricorda l’allestimento di un palco dove fu sistemato il suo feretro prima delle esequie, al quale accorse un’enorme folla che “ragionava” non solo delle sue “belle pitture” ma anche e soprattutto dell’”onore” che aveva saputo dare alla sua “patria” con la sua luminosa carriera.
Luca Giordano – I santi protettori di Napoli Baculo, Eusebio, Francesco Borgia, Aspreno e Candida adorano il Crocefisso (1660-1661) – Olio su tela – Da Napoli, chiesa di Santa Maria del Pianto – Napoli, Museo di Capodimonte – Foto: Giorgio Manusakis
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