Artemisia Gentileschi, ‘Annunciazione’ – Foto: Matilde Di Muro

“Farò vedere a Vostra Signoria Illustrissima quello che sa fare una donna”

(tratto da Lettera di Artemisia Gentileschi a don Antonio Ruffo, 7 agosto 1649).

Questa breve citazione sembra essere la migliore presentazione che Artemisia Gentileschi (Roma 1593 – Napoli tra il 1652 e il 1656), una grande artista donna, vissuta in un’epoca in cui la pittura era considerata una pratica quasi esclusivamente maschile, possa aver fatto di se stessa. 

Ma d’altronde Artemisia è abbastanza nota per essere stata una sorta di femminista ante litteram, una grande lottatrice per il riconoscimento dei suoi diritti, brutalmente lesi a seguito delle sue vicende umane che la videro vittima giovanissima di uno stupro. Questo fu indubbiamente un evento che segnò profondamente tutta la sua vita nonché la sua cospicua produzione artistica, in cui seppe essere una formidabile descrittrice del coraggio e del trionfo sul crudele nemico attraverso eroine bibliche, quali Giuditta, Giaele, Betsabea o Ester e, così facendo, sembra aver voluto affermare il proprio diritto all’interno della società.

Roma, Firenze e Napoli furono i luoghi in cui ella lavorò più a lungo riscuotendo successo e collaborando con i maggiori artisti del suo tempo. In particolare trascorse a Napoli la tappa più lunga della sua carriera artistica, dal 1630 sino alla sua morte. Qui gestì un’importante bottega, collaborò con rilevanti artisti locali come Francesco Guarino, Andrea Vaccaro, Massimo Stanzione, Bernardo Cavallino, e produsse un’importante numero di opere tra cui pale d’altare e quadri sacri.

Nonostante questa importante presenza, Napoli non aveva mai dedicato a quest’artista un’esposizione monografica sino ai mesi a cavallo tra il 2022 e il 2023 in cui, presso la nuova sede napoletana delle Gallerie d’Italia, è stata allestita la prima importante mostra sul suo soggiorno napoletano. L’evento espositivo, tenutosi dal 3 dicembre 2022 al 20 marzo 2023 e realizzato in collaborazione con la National Gallery di Londra, il Museo e Real Bosco di Capodimonte e l’Archivio di Stato di Napoli, ha visto protagoniste 21 opere dell’artista assieme ad altre realizzate da maestri di primo livello a lei strettamente collegati, per lo più attivi a Napoli negli stessi anni della pittrice.

Più recentemente, a raccogliere il testimone di questa importante iniziativa è stato il Museo Diocesano di Napoli presso il Complesso Monumentale di Donnaregina. La mostra, intitolata Artemisia Gentileschi tra Roma, Firenze e Napoli e che si è tenuta tra il 29 aprile e il 3 luglio 2023, ha inteso collegare l’importante attività napoletana dell’artista alla sua formazione romana e alle successive tappe fiorentine e romane della sua carriera, tracciando, così, un vero e proprio percorso di vita artistica di questa importante testimone dell’arte seicentesca.

L’esposizione si è protratta anche in questi giorni e sino al prossimo 30 luglio, ma solo per dare la possibilità ai visitatori di poter continuare ad ammirare due tele in particolare: l’Annunciazione e Giuditta e la sua ancella con la testa di Oloferne, ambedue stabilmente conservate al Museo e Real Bosco di Capodimonte.

Artemisia Gentileschi, ‘Giuditta e la sua ancella con la testa di Oloferne’ – Foto: Matilde Di Muro

Al di là del doveroso omaggio napoletano a questa grande artista, ho trovato particolarmente suggestiva la presenza di queste opere, che parlano inevitabilmente della vita di una donna dal carisma particolare in un luogo, come quello di Donnaregina, fortemente legato, sin dalle sue origini, al mondo femminile. Il nucleo originario della Chiesa risale al VII secolo con l’edificazione di un monastero, abitato inizialmente da monache basiliane per poi divenire importante insula monacale francescana a seguito della sua ricostruzione dopo lo spaventoso terremoto del 1293. Lo sviluppo e la tutela di questo luogo si deve totalmente ad un’altra donna: la regina Maria d’Ungheria, giovanissima principessa degli Arpazi promessa sposa al futuro sovrano di Napoli Carlo II d’Angiò. Parliamo di una donna colta, intraprendente e di spirito caritatevole, mecenate d’arte al punto da rendere la Chiesa di Donnaregina un raffinato esempio di gotico internazionale, commissionando dei cicli di affreschi di inestimabile valore. Insomma la Chiesa trecentesca di Donnaregina Vecchia, tenuta dalle monache clarisse e consacrata alla Regina del Cielo, porta il segno indelebile di un’altra carismatica femminilità.

All’inizio del Seicento, quando gli edifici più antichi furono perlopiù trasformati dalla ridondante decorazione barocca a danno delle strutture precedenti, le Clarisse del monastero di Santa Maria Donnaregina decisero di costruire una nuova chiesa barocca, annettendo l’antica chiesa gotica alla zona della clausura. Nacque così l’attigua Santa Maria Donnaregina Nuova, che vide la partecipazione dei più prestigiosi artisti del momento per la realizzazione di numerose opere dedicate all’immagine femminile sublimata nella figura di Maria, prima discepola di Gesù e mediatrice presso il Figlio. Concludendo, le due Chiese conservano e raccontano una grande storia tutta al femminile attraverso la Regina di Napoli Maria d’Ungheria, le cui spoglie riposano ancor oggi qui nella splendida arca marmorea realizzata dallo scultore senese Tino da Camaino, e le tante monache di clausura all’interno di uno dei più importanti ed antichi conventi della città di Napoli.

Artemisia Gentileschi giunse a Napoli nel 1630 e la Chiesa di Donnaregina Nuova venne completata e consacrata nel 1649. Non è difficile immaginare che possa aver visitato ed essere stata in contatto con questi luoghi tanto carismatici, vista anche la sua stretta collaborazione con i più importanti artisti dell’epoca sulla scena napoletana e che hanno lavorato per Donnaregina.

Ecco che, passeggiando lungo le sale del Museo Diocesano e incontrando le sue opere, ci si rende conto che la sua presenza in questo luogo è motivo di grande armonia, e quindi molto più che un giusto tributo ad un’artista protagonista della storia artistica napoletana con una pittura forte, naturalista, ma insieme preziosa e raffinata. Le sue opere, affrontando una vasta gamma di generi pittorici, sono un’importante testimonianza storica di come grande determinazione e forte personalità abbiano potuto permettere l’affermazione di notevoli qualità artistiche a dispetto dei pregiudizi dell’epoca, al punto da inserirsi produttivamente nella cerchia dei pittori più reputati del suo tempo.

In conclusione, un altro grande orgoglio di cui la città di Napoli può e deve essere fiera.

Un pensiero su “Artemisia Gentileschi a Napoli: sulle tracce di una grande ‘tradizione al femminile’”

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