Il murales della Sirena Partenope a Napoli – Foto: Giorgio Manusakis

Partendo da un murales, scopriamo chi erano veramente le Sirene

Recentemente a Napoli, più precisamente nel quartiere Arenella, è stato inaugurato un murales, opera dell’artista spagnola Leticia Mandragora, in cui è raffigurata una sirena. L’autrice ha inteso raffigurare in essa la Sirena Partenope come ‘madre’ dei 30 quartieri di Napoli, rappresentati coi loro stemmi nella sua coda.

Senza nulla togliere alla bellezza del murales e al suo valore artistico, è impossibile non notare, almeno per chi ha nozioni anche minime di mitologia, che quella raffigurata è una cosiddetta ‘Sirena nordica’, ovvero quella con corpo di donna e coda di pesce al posto delle gambe, resa famosa da Andersen con la sua fiaba e di cui si può ammirare una scultura a Copenaghen. Ma la Sirena Partenope appartiene alla mitologia greca, che la raffigura in maniera molto diversa: testa e busto di donna e, dai fianchi in giù, corpo di uccello con ali e robusti artigli al posto dei piedi. Non sappiamo il motivo per cui l’artista ha optato per una raffigurazione di Partenope che non ha alcun nesso con la mitologia di Napoli che è di ‘importazione’ greca, ma a noi non interessa, perché ciò che stiamo per fare è farvi entrare nel mito delle Sirene!

Statua di Sirena, (370 a.C.) – Museo Archeologico Nazionale di Atene – Foto: Giorgio Manusakis

Sono molte le versioni che narrano della loro origine. Prima di diventare temi da favola le Sirene erano antichissimi demoni nate, secondo alcuni, dalla terra e dal dio-fiume Acheloo quando Eracle gli spezzò il corno mentre lottavano per la mano di Deianira (Euripide, Hel. 168); secondo altri, invece, dalla musa Melpomene e Acheloo (Igino, Fabulae 125), o ancora dalla musa Tersicore (Apollonio Rodio, Argonautiche 4, 895-896) o Forcide, altra creatura delle profondità marine (Sofocle, fr.861 Radt). Anche il loro numero e i loro nomi variano a seconda delle versioni: 2, 3 ma anche 4 talvolta; venivano chiamate Pisinoe, Aglaope e Telsiepia (Apollodoro, I, 3, 4; Epitome, 7, 18); Aglaofeme, Telsiepia, Pisinoe e Ligea (scolio a Odissea, 12, 39); Partenope, Leucosia e Ligea (Strabone, 6, 1, 1). Apollonio Rodio nelle Argonautiche racconta che in origine fossero belle fanciulle al servizio della dea Persefone, loro compagna di giochi. Ma, prosegue Ovidio nelle sue Metamorfosi, un giorno, mentre giocavano su un prato, la divinità fu rapita da Ade e portata nel regno dei morti. Le Sirene la cercarono disperatamente per cielo e per mare ma, non trovandola, furono trasformate in animali alati per l’angoscia o, secondo altri, da Demetra, madre di Persefone. Questo spiega la loro connessione con il regno dei morti e la loro funzione di guide delle anime verso il cielo. Ma c’è chi racconta che fu la dea della bellezza, Afrodite, a trasformare le belle fanciulle in demoni alati, in quanto avevano osato sfidarla decidendo di conservare per sempre la loro verginità (Eustazio, Ad Homeri Od., 12, 167).

Secondo i miti più antichi vivevano su un’isola del Mediterraneo dove, col loro canto, ammaliavano gli sfortunati marinai di passaggio che, seguendo la loro musica sublime, si fracassavano sugli scogli e venivano divorati da esse. Furono menzionate per la prima volta nell’Odissea, dove compaiono in due nel celebre episodio che vede l’astuto Ulisse, precedentemente avvisato da Circe, farsi legare all’albero della nave dai suoi compagni al fine di soddisfare la curiosità di ascoltare il loro canto.

Statua funebre di Sirena (330-320 a.C). – Museo Archeologico Nazionale di Atene – Foto: Giorgio Manusakis

Generalmente l’isola delle Sirene viene localizzata nel golfo di Napoli, precisamente nei tre scogli nei pressi di Punta Campanella oggi chiamati ‘Li Galli’ (Strabone, 1, 22 – Virgilio, Aen., 5, 864-866 – Plinio, Nat.hist, 3, 62). Dositeo scrive che, non trovando Persefone, “si rifugiarono presso la roccia di Apollo” e, visto che Delo e Delfi, i luoghi sacri di Apollo per eccellenza, non hanno alcuna attinenza mitologica con le Sirene, si è ipotizzato che tale luogo misterioso possa essere Cuma, dove aveva sede il celebre oracolo della Sibilla che, anche geograficamente, è compatibile con il passaggio di Ulisse. Come tutti sanno, non riuscendo nel loro intento di uccidere e divorare l’eroe greco e i suoi compagni, le Sirene si uccisero. Nel luogo dove fu ritrovata Partenope e seppellito il suo corpo, venne fondata la città che, dopo essersi chiamata prima col nome della Sirena, poi Palepolis, quindi Neapolis, oggi chiamiamo Napoli. Licofrone racconta così la sua morte: “L’una, rigettata sul lido dalle onde, accoglieranno le mura di Falero e la terra bagnata dalle acque del Clanio; e là le genti del paese costrurranno la tomba della fanciulla, e a lei, Partenope, l’alata diva, con libazioni e sacrifizi di bovi renderanno annui onori.” (Alexandra, 717 ss.723-735).

Abbiamo visto come la Sirena Partenope fosse un essere mitologico molto diverso dalla sirena che oggi siamo abituati a vedere e immaginare. Ma quand’è che da essere demoniaco metà donna e metà uccello è diventata l’essere angelico a coda di pesce?  La trasformazione sembrerebbe iniziata nel Medioevo, più precisamente nell’VIII secolo, quando in un testo mitologico intitolato Liber monstrorum de diversis generibus viene fatta la descrizione di una sirena esteticamente del tutto simile a quella di Andersen. Tuttavia, anche allora tali creature erano considerate esseri pericolosi, in quanto seducevano i marinari per poi ucciderli. Esse rappresentavano la seduzione, la tentazione e la lussuria, pertanto la loro frequente raffigurazione sui capitelli all’interno delle chiese dell’epoca, caratterizzata da una forte morale cristiana, viene ritenuta dagli studiosi un monito a non peccare.

Giovanni Merliano detto Giovanni di Nola – Sirena bicaudata (XVI sec.) – Legno intagliato – Museo civico Gaetano Filangieri, Napoli – Foto: Giorgio Manusakis

Ci sarebbe ancora tanto da dire sulle Sirene, moltissime ancora sono le storie che il mito ci tramanda su questi esseri mitologici e che, magari, riprenderemo in un prossimo articolo. Ma, dato che abbiamo iniziato parlando della Sirena Partenope, è doveroso chiudere narrando ancora di lei. Molti secoli dopo l’Odissea, Giovanni Pontano, poeta del XV secolo, nella sua egloga Lepidina, del 1496, racconta che il fiume Sebeto, che allora bagnava Napoli, innamoratosi di Partenope, riuscì a convincerla a convolare a nozze con lui grazie a dei dolci preparati insieme ai suoi aiutanti, gli affluenti Miano, Sanità, Rubeolo e Arenella. Gli ingredienti di questo dolce erano: vino, amarene, uova e farina, e furono donati a Sebeto addirittura dalla dea della bellezza, Afrodite. Non c’è da meravigliarsi, dunque, se la bella Partenope accettò di sposare Sebeto appena assaggiò il dolce, né se questa storia ha un sapore tutto…napoletano!

Mosaico con Sirena e Amorino (I sec.a.C.) – Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN) – Foto: Giorgio Manusakis

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *