Gruppo dell’accecamento di Polifemo (calco), età tiberiana – Museo Archeologico di Sperlonga – Foto: Giorgio Manusakis
L’ira di Poseidone e l’inganno a Eolo
Un’altra delle bugie di Ulisse è relativa ad un episodio meno noto del sacco di Troia. Durante il saccheggio che seguì la conquista, il ‘concubinaggio’ dei Greci con le donne troiane era frequente e Aiace il Piccolo tentò di consumarlo con Cassandra la quale, però, era riuscita a scamparla abbracciandosi alla statua di Atena. Successivamente, Agamennone volle Cassandra per sé e Ulisse lo appoggiò dicendo che Aiace aveva posseduto Cassandra nel tempio di Atena, commettendo così anche un sacrilegio. Naturalmente era una bugia che Ulisse aveva detto per compiacere il grande Agamennone, ma a quel punto Aiace fu additato di sacrilegio e Calcante chiese un sacrificio per placare la dea. Ulisse usò, quindi, la stessa scusa suggerita in precedenza a Sinone per convincere i Troiani sulla bontà di quanto diceva e propose di lapidare Aiace, ma questi fuggì e si rifugiò nel tempio di Atena e lì giurò che Odisseo, come di consueto, aveva mentito e, confortato dalla testimonianza di Cassandra, evitò la morte.
Conclusa la conquista di Troia i Greci fecero rientro in patria ognuno con alterne vicende; quelle di Ulisse sono diventate celebri grazie a Omero che ce le ha narrate splendidamente. Una delle più note, tra le avventure che l’eroe ha affrontato nel suo lungo viaggio di ritorno, è quella presso l’isola dei Ciclopi. La vicenda è talmente famosa che non ci soffermeremo a ricordarla. Citeremo, solo perché attinente al tema che stiamo trattando, la celebre bugia che Ulisse disse al ciclope Polifemo. Questi, dopo aver mangiato alcuni dei compagni del re di Itaca, intendeva ringraziarlo del vino datogli divorandolo per ultimo e, a tal fine, gli chiese quale fosse il suo nome; come tutti sanno Ulisse rispose: “mi chiamo Oudeis”, cioè Nessuno.
Gruppo dell’accecamento di Polifemo, statua acefala di Ulisse (età tiberiana) – Museo Archeologico di Sperlonga – Foto: Giorgio Manusakis
In tal modo, quando Polifemo uscì dalla grotta chiedendo aiuto ai suoi fratelli e questi gli domandarono chi lo avesse accecato, lui rispose “Nessuno”, provocando l’ilarità di questi ultimi che lo credevano delirante di febbre. Ulisse poi riuscì ad uscire dalla grotta di Polifemo grazie ad un altro trucco: il Ciclope aveva un gregge di montoni che faceva pascolare ogni mattina; Ulisse legò ognuno dei suoi compagni sotto il ventre di uno di essi, ma lo fece con delle aste di vimini legate ad altri due montoni ai lati, in modo da distribuire il peso e fare in modo che l’uomo fosse sotto l’ariete centrale. Per se stesso, invece, utilizzò il capo del gregge, un grande ariete al quale si aggrappò con le braccia e le gambe. Con questo astuto espediente Ulisse riuscì a fuggire insieme ai suoi compagni. Ma in questa vicenda c’è anche da sottolineare che, per una volta, furono i compagni a richiamare Ulisse che, in un impeto d’orgoglio, mise da parte la sua proverbiale astuzia quando rivelò al Ciclope il vero nome di chi lo aveva accecato, provocando la reazione di Polifemo e di suo padre Poseidone, temuto dio del mare che già aveva un conto in sospeso con Ulisse.
Gruppo dell’accecamento di Polifemo, testa di Ulisse (età tiberiana) – Museo Archeologico di Sperlonga – Foto: Giorgio Manusakis
Proseguendo nel suo lungo viaggio di ritorno, Ulisse si ritrovò sull’isola di Eolo, il dio dei venti, il quale, dopo averlo accolto regalmente, gli donò un otre contenente tutti i venti tranne quello necessario a riportarlo a casa; ma la divinità chiese a Ulisse se fosse inviso a qualche altro dio e lui rispose di no. L’eroe greco sapeva bene che Poseidone, padre di Polifemo ed imparentato anche con Palamede, aveva promesso vendetta, ma il suo desiderio di rientrare a Itaca era tale che lo portò a mentire anche al dio. Ulisse, però, nonostante l’inganno, non riuscì a raggiungere Itaca perché a poca distanza dalla spiaggia i suoi compagni, convinti che nascondesse dei tesori, aprirono l’otre contenente i venti, ritrovandosi così in balia di una micidiale tempesta che li riportò da Eolo. Ma questa volta il dio, avendo scoperto che Ulisse gli aveva detto il falso, si rifiutò di aiutarlo nuovamente.
Nella prossima puntata gli inganni di Ulisse al rientro a Itaca.
Ulisse e Circe (I sec. d.C.) – Affresco rinvenuto a Pompei, Casa V, 2, 14, retrobottega – Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN) – Foto: Giorgio Manusakis