Antonio Canova, ‘Ritorno di Telemaco a Itaca e incontro con Penelope’ (1787-1790) – Gesso – Museo Archeologico Nazionale di Venezia – Foto: Giorgio Manusakis

Gli inganni di Odisseo al rientro a Itaca

Infine, dopo le altre innumerevoli avventure narrate da Omero nell’Odissea, Ulisse raggiunse Itaca. Sulla spiaggia incontrò un pastorello e, memore di quanto suggeritogli da Tiresia e Agamennone durante il viaggio nel mondo dei morti (concessogli dalla maga Circe prima di farlo ripartire dalla sua dimora), non gli rivelò la sua reale identità ma, fingendo di essere un cretese in fuga, gli raccontò una lunga e falsa storia. Non poteva sapere che quel pastorello in realtà non era altro che la sua protettrice, la dea Atena la quale, dopo aver sentito il suo falso racconto, lo accarezzò e sorridendo gli disse: “Sei davvero un meraviglioso bugiardo”, aggiungendo che era stato talmente abile nel mentire e che le sue menzogne erano così credibili, che lei stessa avrebbe creduto alle sue parole se non fosse stata a conoscenza della verità. Atena, poi, consigliò a Ulisse di non rivelare subito la sua identità e lo aiutò a travestirsi da mendicante. Così travestito, Ulisse giunse dal suo fedele porcaro, Eumeo, al quale raccontò un’altra falsa storia; lì lo raggiunse il figlio Telemaco di ritorno da Sparta, ma anche a lui Ulisse non rivelò la verità finché non glielo consentì Atena. Poi, insieme a Eumeo e ad Atena, visibile solo a lui, su consiglio della dea si aggirò fra i Proci per rendersi conto di chi fossero i pretendenti al suo trono. Il principale di questi era Antinoo di Itaca al quale Ulisse, sempre sotto questa identità ingannatrice, narrò una ulteriore falsa versione della sua storia. Il re di Itaca, quindi, continuò a presentarsi a tutti sotto le false spoglie di un mendicante, anche alla stessa Penelope: alla moglie, infatti, raccontò di aver visto Ulisse, il quale gli avrebbe detto che si stava recando a Dodona a consultare l’oracolo di Zeus per poi fare rientro a Itaca. L’unica a scoprire la sua identità, oltre al fedele cane Argo che, come tutti saprete, morì dalla gioia quando rivide il suo padrone, fu la vecchia nutrice Euriclea la quale, nel lavargli i piedi come ordinatogli da Penelope, notò la cicatrice che Ulisse aveva sulla gamba, ma questi la afferrò per la gola imponendole di non rivelare il suo segreto.

L’inganno di Ulisse durò fino al giorno seguente quando, alle pressanti richieste dei pretendenti al trono, Penelope, ispirata da Atena, rispose che il successore del re di Itaca sarebbe stato colui il quale fosse riuscito a scagliare una freccia, con l’arco di Ulisse, facendola passare attraverso dodici anelli di asce messe in fila. Come molti di voi sicuramente sapranno, nessuno dei Proci riuscì neanche a tendere l’arco e tutti protestarono quando il “mendicante” chiese di poter provare anche lui. Lo insultarono pesantemente, ma lui non si tirò indietro e, ovviamente, riuscì nell’impresa, quindi rivelò a tutti la sua vera identità e, con l’aiuto del figlio Telemaco e dei due servi Eumeo e Filezio, si vendicò uccidendoli uno per uno. Ultimata la sua vendetta, Ulisse si ricongiunse con la sua famiglia e, finalmente, raccontò loro la vera e avventurosa storia del suo ritorno a Itaca.

Giovanni Andrea Sirani, ‘Ulisse e Circe’ (1650-55) – Olio su tela – Roma, Musei Capitolini – Foto: Giorgio Manusakis

Ma gli inganni di Ulisse non finiscono qui. Infatti, portata a termine la sua vendetta nei confronti dei Proci, egli fece preparare una festa in modo da far credere agli abitanti di Itaca che Penelope avesse scelto il suo nuovo sposo. Il giorno dopo si recò, insieme a Telemaco, Eumeo e Filezio, dall’anziano padre, Laerte, ritiratosi nella sua casa di campagna; anche a lui Ulisse non rivelò la sua vera identità e si presentò come uno straniero che aveva ospitato l’eroe cinque anni prima. Ma la sua narrazione dei fatti disperò il vecchio Laerte al punto da farlo piangere; di fronte a ciò Ulisse non riuscì a resistere oltre e rivelò al padre la verità stringendolo in un forte abbraccio.

Come abbiamo visto, Ulisse era un maestro degli inganni; scaltro, ingegnoso, estremamente furbo, mentì a compagni, re e persino dèi, come nel caso di Eolo e Atena. Usò la sua proverbiale capacità di ingannare per molteplici motivi: per vendicarsi come nel caso di Palamede; per difendersi come nel caso di Polifemo; per uno scopo personale come nel caso di Eolo, o comune anche ai suoi compagni come nel caso del cavallo di Troia o di Filottete, o anche, come alcuni sostengono nel caso di Laerte, per il semplice piacere di mentire. Ma noi riteniamo che Ulisse sia riuscito in un ultimo, difficilissimo inganno. Il suo multiforme ingegno e le sue ‘bugie’ sono state narrate per millenni giungendo a noi e a chi verrà dopo di noi, permettendogli di entrare nell’immortalità del mito e perpetrare il più grande dei suoi inganni: quello ai danni della morte. Il suo mito, infatti, non morirà mai.

Atena Parthenos, 130-150 a.C., marmo, Museo del Prado, Madrid – Foto: Giorgio Manusakis

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