Rilievo dal palazzo di Sargon II a Khorsabad, Oriental Institute Museum Chicago – Autore: Sailko; licenza: Wikimedia Commons

Scopriamo in questo articolo una delle residenze più belle ed imponenti del Medio Oriente

In base a ciò che tramandano le fonti letterarie e soprattutto epigrafiche, l’esatto nome con cui Sargon II era solito farsi chiamare era “Sharru-kinu”, cioè vero re. Dietro questo appellativo, secondo gli storici, si celava una volontà di rivendicare con forza il suo potere, molto probabilmente perché ottenuto non attraverso una naturale successione, non essendo imparentato con il predecessore Salmanassar V, bensì mediante un’azione militare.

Un re ed il suo vastissimo impero

Sargon II fu protagonista di una politica estera molto aggressiva: egli, infatti, conquistò buona parte della Siria e si spinse sino ai confini della Palestina, occupando Gaza e costruendo la città di Samaria. La campagna contro il regno di Urartu è ben documentata da un’epigrafe oggi custodita al Louvre: si tratta di una lettera-preghiera al dio Assur, espressione del destino di ciascun uomo. In questa guerra, Sargon II riuscì a conquistare un ricchissimo bottino dal tempio del dio Haldi, collocato nella città di Musasir, stimabile in 1 tonnellata di oro e 5 d’argento. Nel 710 a.C., il re pose le mani su Babilonia, integrandola nel regno d’Assiria; in seguito a tale evento, anche la Frigia e Cipro si sottomisero a Sargon II temendo di essere colpiti dalla sua furia.

Dopo le guerre il desiderio di riposarsi nella tranquilla Dur-Sharrukin 

Dopo aver dedicato tempo e risorse alle guerre, che gli permisero di impadronirsi del Medio e del Vicino Oriente, Sargon II ebbe modo di cimentarsi nella costruzione di una nuova e più grande residenza per sé e la sua corte, la quale si trovasse in un posto più tranquillo rispetto alla caotica capitale Ninive. Nella località di Dur-Sharrukin, corrispondente all’attuale Khorsabad, in Iraq, il sovrano assiro decise di impiantare una vera e propria cittadella, estesa per circa 300 ettari e fortificata da una cinta difensiva munita di torri e contrafforti. Quanto si conosce tutt’oggi di questa struttura è frutto delle indagini condotte nell’Ottocento dal console di Mosul, Paul Emile Botta, e tra gli anni Venti e Trenta del XX secolo dall’Istituto Orientale di Chicago. Alcuni dei reperti qui rinvenuti, come ad esempio un ritratto a bassorilievo dello stesso re assiro, sono stati esposti in una mostra allestita al Museo Archeologico Nazionale di Napoli nel luglio 2019.

Le caratteristiche del palazzo, tra bellezza e monumentalità

Il settore di rappresentanza della residenza-cittadella era dunque rappresentato dal palazzo, con le sue circa 300 camere disposte intorno a tre cortili rettangolari e le sue porte monumentali abbellite, in corrispondenza degli stipiti, dalle raffigurazioni a bassorilievo dei ‘lamassu’, creature mostruose per metà uomo e per metà toro. Viste le loro fattezze, tali immagini erano state scolpite per incutere timore nei nemici del re e per scacciare gli spiriti maligni. Al fine di celebrare le imprese di Sargon II, lungo le pareti della struttura furono applicati fregi raffiguranti scene di natura militare relative alle vittorie conseguite dal sovrano contro gli Urartei. Infine, un’ulteriore monumentalità a tutto il complesso residenziale doveva essere conferita da una ziqqurat alta 7 gradoni e da altre costruzioni di tipo templare.

Nonostante i numerosi sforzi prodotti per la sua edificazione, la cittadella ed il suo magnifico palazzo furono abbandonati dopo circa un anno dalla conclusione dei lavori nel 706 a.C. in seguito alla morte dello stesso Sargon II, avvenuta forse durante una battaglia. Il figlio Sennacherib, interpretando la prematura scomparsa del padre come un cattivo segno, decise infatti di ritornare a Ninive con la sua famiglia e la sua corte.

Nella foto: rilievo dal palazzo di Sargon II a Khorsabad – autore: Sailko; licenza: Wikimedia Commons, modificata, link: File:Periodo neo assiro, rilievi dal palazzo di sargon II a khorsabad, 721-705 ac ca. 01.jpg – Wikimedia Commons

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