Il regista giapponese, Hayao Miyazaki, maestro dell’animazione, ritorna sul grande schermo con uno dei suoi più affascinanti film.

Correva l’anno 2013 quando il celebre regista giapponese, Hayao Miyazaki, durante la presentazione a Venezia del suo film Si alza il vento, dichiarò la volontà di ritirarsi dalle scene e di interrompere la sua attività. Dal quel momento in poi c’è stato un costante susseguirsi di rumors, voci di corridoio ed ipotesi che sono state avanzate negli anni in merito alle reali intenzioni del regista. Il 14 luglio dell’anno scorso Miyazaki rompe ogni dubbio e il suo ultimo film, Il ragazzo e l’airone, esce nelle sale di tutto il Giappone. Anche questa pellicola è targata Studio Ghibli, la casa di produzione giapponese che vede tra i suoi cofondatori proprio Miyazaki. Di questo film si è saputo molto poco e molto in ritardo, complice soprattutto una campagna di pubblicizzazione estremamente – e volutamente – minimale che ha completamente eluso i social e la stampa mainstream. Lo spettatore è arrivato in sala impreparato, senza una chiara idea di cosa stesse andando a vedere ma al contempo libero da ogni tipo di preconcetto.

Il ragazzo e l’airone è senza ombra di dubbio il film più concettuale ed autobiografico del regista. I temi affrontati sono quelli della morte, della scoperta e del passato che è intrecciato inevitabilmente al presente e che è in grado di plasmare il futuro.

La storia è ambientata a Tokyo nel 1943, nel bel mezzo della seconda guerra mondiale. Mahito, il giovane protagonista, si sveglia in piena notte al rumore delle sirene e delle grida: l’ospedale della città sta rapidamente bruciando e Mahito sa bene che sua madre si trova lì. Inizia così una gara disperata contro il tempo che però si rivelerà inutile perché, al suo arrivo, egli potrà constatare solo che l’ospedale è ormai diventato un cumulo di macerie. A un anno dalla tragedia il padre del ragazzo decide di sposare la sorella della moglie defunta, Natsuko, e insieme a Mahito decide di trasferirsi da lei in campagna. Arrivati nella casa in campagna Mahito si rende conto che un airone segue le sue mosse da lontano, come se lo spiasse. Da questo momento in poi il giovane protagonista, seguendo il richiamo dell’uccello riuscirà ad accedere ad un mondo magico al di fuori dello spazio e del tempo.

Il luogo che raggiunge Mahito è una sorta di mondo dei morti e, contemporaneamente, di luogo di rinascita: in quella dimensione arrivano le anime dei defunti e nascono i warawara, dei piccoli spiriti che rappresentano le anime di coloro che devono ancora nascere e devono raggiungere la Terra. In questo mondo onirico la guida di Mahito sarà proprio l’airone che, come una sorta di Virgilio per Dante, accompagnerà il protagonista attraverso questa dimensione.

Il ragazzo e l’airone è un film che presenta numerosissimi riferimenti ad opere artistiche e cinematografiche. Alcune animazioni e personaggi sono tipicamente riconducibili al mondo creato dallo Studio Ghibli; un esempio lampante è la chiara somiglianza tra una delle governanti della casa di Natsuko e il personaggio di Yubaba di La città incantata. Altre somiglianze le ritroviamo nella rappresentazione della scogliera, molto simile a quella di Ponyo o ancora nella casa di Natsuko, il cui giardino richiama quello di Totoro. Non mancano i riferimenti alle opere d’arte: il portico che Mahito attraversa per raggiungere il suo prozio assomiglia molto a quello raffigurato dal pittore italiano Giorgio de Chirico nella sua celebre opera Piazza d’Italia del 1950. Un altro omaggio, stavolta fatto al cinema italiano, è la scena in cui Mahito fluttua sul mare e vediamo i suoi piedi muoversi al di sopra della distesa d’acqua. La stessa scena è rinvenibile in 8 1\2, il famosissimo film di Federico Fellini con protagonista Marcello Mastroianni.  

Ne Il ragazzo e l’airone ritroviamo tanti tratti dell’animazione che sono tipici dello Studio Ghibli: le atmosfere sgargianti, la natura raffigurata come elemento quasi salvifico che accoglie il protagonista o ancora il contrasto tra luci e ombre. Un tema comune di molti film del regista, e che stavolta ritorna in chiave parzialmente diversa, è il rapporto con la madre. Miyazaki l’ha infatti descritta numerose volte come una donna indipendente, forte e sicura di sé ma al contempo distante. La donna era infatti malata di tubercolosi spinale che la costrinse tanti anni a letto. Il tema della malattia lo ritroviamo in Totoro in cui la madre delle protagoniste è malata e vive lontano da casa; in Si alza il vento, in cui l’amata del protagonista morirà proprio di tubercolosi, e infine in quest’ultimo lungometraggio, dove la madre muore nell’incendio dell’ospedale in cui era presumibilmente ricoverata. La novità de Il ragazzo e l’airone sta proprio nell’elaborazione del lutto di questa perdita, della rabbia sottesa e delle parole non dette. Il film ha mille significati e lo spettatore è lasciato libero di cogliere ciò che vuole ed è per questo che, con estrema certezza, si può dire che Il ragazzo e l’airone è il film più concettuale e astratto del regista giapponese. Con la vittoria ai Golden Globe ci tocca solo aspettare per vedere cosa accadrà agli Oscar, il film è stato infatti ufficialmente candidato nella categoria dei film di animazione.

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