Foto: Pamela Cito

Trama

            L’autore parte per l’isola in cui suo fratello F ha vissuto fino a tre anni prima, quando si sarebbe suicidato gettandosi in mare. Parte con l’intento di finire il libro che F stava scrivendo e che la loro madre, dopo averlo ricevuto dalla polizia che indagava sulla scomparsa, gli ha tenuto nascosto per lungo tempo. Spera che, alla fine del soggiorno, riuscirà a dimenticare quanto di brutto è successo, liberandosi così della paura che lo attanaglia e lo fa sentire sempre fuori posto.

Ad attenderlo c’è la proprietaria della casa in cui alloggerà durante la permanenza sull’isola. Lo accoglie preparandogli un pasto, mentre gli narra storie di un mondo antico che sapeva accettare ciò che non capiva. Nei primi giorni, per non perdersi, adotta una strategia: delimita e semplifica gli spazi. Dopo cinque giorni, inizia ad ambientarsi e a chi incontra andando in giro fa le prime domande su suo fratello. Gli isolani lo guardano con circospezione, in silenzio, da lontano. Nessuno di loro sembra sapere di F o dice di ricordarlo. L’unico testimone oculare della scomparsa di F gli riferisce di averlo visto nuotare, nulla di più. Ripensa alle parole che amava ripetere il padre, un uomo taciturno, amante del teatro che, cadendo in un pozzo, trovò la morte a cui anni prima, colpito da un fulmine, era sfuggito: “Se volete esistere, prima cercate di diventare reali”. Inizia, allora, a interrogarsi sulla vera utilità del suo soggiorno sull’isola. A quest’ultima suo fratello F non accenna mai nel libro che,  oltre a essere incompiuto, è anche pieno di caos. Si fa strada la tentazione di tornare alla propria vita, visto che, al contrario di F, ne ha una, ma alla fine decide di restare. Col passare dei giorni, sente maggiormente la mancanza del fratello, la nostalgia per quello che è successo e per quello che sarebbe potuto succedere.

Fa sport per aumentare le endorfine e con esse il buonumore, come consigliatogli dalla dottoressa che lo ha in cura, ma, giorno dopo giorno, arriva alla conclusione che la felicità non è una questione di endorfine. Raggiunge questa consapevolezza mentre passa del tempo con J, la compagna del fratello, alla quale pensa sempre di più. Proprio con J, amante della lettura e attenta osservatrice del mondo, trascorrerà la notte prima della ripartenza e supererà l’incomunicabilità che lo isola, finendo col ristabilire l’ordine dentro di sé.

Perché leggerlo

            La bellezza di questa opera prima, pubblicata da Il Saggiatore nel febbraio 2022, è nella rottura del canone letterario classico. Prende forma da un elenco di pensieri numerati, legati da un senso logico. Seguendolo si vede affiorare la vita del protagonista e la storia della sparizione di suo fratello, pretesto da cui lo scrittore, Andrea De Spirt, parte per riflettere sulla solitudine e sull’incomunicabilità. Ai classici paragrafi da romanzo si alternano riflessioni che sembrano uscite da epistole, aforismi e appunti, che potrebbero essere tratti dalle pagine di un diario.

Oltre a introdurre i numeri all’interno della narrazione, De Spirt usa spazi e segni grafici con cui conferisce un tratto di assoluta originalità alla sua opera. Questi espedienti aiutano il lettore a percepire il vuoto che ogni evento inatteso produce improvvisamente, spingendo chi lo subisce a fermarsi e a cercare un senso che motivi e dia pienezza al proprio passato, così da caricare il presente di significato e il futuro di progetti. Non pare casuale che non si conosca il nome del protagonista, che scrive del suo viaggio alla ricerca della verità, nella speranza di poterla comunicare e condividere con qualcuno. La sua identità prende forma dalla ricerca che fa dentro di sé, sperimentando il parere della dottoressa che lo segue o i consigli della madre, ma anche al di fuori di sé, ascoltando e interrogando gli isolani. Se la trama è una rielaborazione del viaggio verso Itaca, l’uso di parole, simboli e spazi con cui lo scrittore porta alla luce i fatti sono una scoperta continua e riuscita, che merita di essere attenzionata.

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