Un giorno degli anni’80 lo vidi e poi andai dall’altra parte…

Il muro di Berlino è una delle cicatrici più profonde che la capitale tedesca ha nell’anima. L’ho capito quando da ragazzo, nei primi anni ’80, arrivai a Berlino Ovest e lo vidi davanti a me: così imponente, sinistro e orrendamente privo di qualsiasi segno di vita. Incuteva timore solo a guardarlo, ma ciò che significava per i berlinesi lo capii veramente solo attraverso i racconti di chi lo aveva vissuto, e ancora lo viveva, sulla propria pelle. Comodamente seduto nella parte ovest ricca di luci e vetrine, in quei giorni ascoltai il racconto di una persona che, quel 13 agosto 1961, si trovò dal lato ‘giusto’ del muro, ma che aveva il fratello, gli zii e molte altre persone care, dal lato ‘sbagliato’. “Fu come svegliarsi in un incubo. – mi disse – La mattina del 13 agosto 1961 vidi che mio fratello non arrivava e, essendo giunta la notizia che il confine era stato chiuso, io e i miei genitori iniziammo a tremare. Corremmo lungo la strada che mio fratello abitualmente percorreva per raggiungerci quando la sera rimaneva a dormire a casa della fidanzata, nella parte est della città, fino a ritrovarci davanti ad una barriera di filo spinato sorvegliata da uomini armati in divisa che ci impedirono di andare oltre. Io e mia madre iniziammo a piangere, dicendo che lui era rimasto lì solo per la notte, ma poi non ci restò che rassegnarci: lo avevamo perduto, forse per sempre.” Oltre al fratello, la mia testimone aveva perduto anche alcuni zii, altri familiari e tanti amici. E l’incubo era solo all’inizio. La barriera eretta la notte tra il 12 e il 13 agosto del 1961 era di solo ferro spinato, ma bastarono pochi giorni per trasformarla in un muro alto oltre tre metri e, nel tempo, sarebbe diventata una zona off limits molto più ampia denominata ‘Striscia della morte’. Com’è normale per chi vive in una prigione, i tentativi di fuga furono numerosi e molto fantasiosi: con mongolfiere, gettandosi dalle finestre che davano sul lato ovest di Berlino e anche scavando tunnel. Fu proprio attraverso un cunicolo che il fratello della mia testimone riuscì a riunirsi alla sua famiglia, unico, tra amici e parenti, a coronare con successo la sua fuga.

La Porta di Brandeburgo vista dal muro di Berlino nel 1986 – Foto: Giorgio Manusakis

Come si può facilmente immaginare la curiosità di un ragazzo, dopo aver ascoltato la storia qui brevemente narrata, era di vedere cosa ci fosse dall’altro lato. Davvero era così buia, misera e sinistra Berlino Est? Andai a vedere. Ottenni un permesso di 12 ore per motivi turistici, presi la metro e scesi alla stazione di Friedrichstraße, unico punto di transito tra le due parti della città. C’era una lunga fila al controllo passaporti e, durante l’attesa, si fermò un treno in stazione che, ai miei occhi di ragazzo, parve essere l’Orient Express. Ad ogni porta dei vagoni c’era un militare armato, alcuni anche con dei cani al seguito. Alzai la macchina fotografica per immortalare la scena ma, prima ancora che riuscissi a mettere a fuoco l’obiettivo, mi ritrovai circondato da militari armati che mi urlavano qualcosa contro: era vietato fare foto in stazione, quindi dovevano sequestrarmi il rollino, ma avevo rischiato di essere sottoposto a fermo. A Berlino Est, in un angolo di strada deserto apparve improvvisamente una Trabant, le famose auto ora diventate uno dei suoi simboli, che dopo un quasi testa-coda sul ghiaccio mi bloccò la strada; dal finestrino e senza scendere dall’auto, uno dei tre uomini a bordo mi propose uno scambio: 100 marchi dell’est per un solo marco dell’ovest! Ancora impaurito rifiutai. Un giovane ingegnere informatico mi fece da guida, ma quando fu ora di cena i pochi ristoranti erano pieni, quindi si decise di spendere i marchi dell’est in un ristorante molto lussuoso nel cui parcheggio erano visibili tutte auto di lusso con targhe di Berlino Ovest. Il giovane ingegnere a tavola mi disse quanto guadagnava e perché non si sposava con la fidanzata: avrebbero perso il diritto all’alloggio che avevano, dei due ne avrebbero avuto solo uno. A fine cena, quando arrivò il conto mi disse, con tono quasi colpevole, di avermi avvisato su quanto fosse esoso quel ristorante: una cena completa per tre, con tanto di dolce, costò l’’esorbitante’ cifra di 28 marchi, pari a circa 14 euro. Mi aveva già detto del suo stipendio, per noi da fame, e di come viveva, il dove viveva lo stavo provando sulla mia pelle: non era difficile capire perché volesse fuggire, molto più difficile è cercare di far capire la tristezza che provavo nel non poterlo aiutare. Berlino Est era davvero sinistra, tenebrosa e misera; viverci era una sensazione angosciante, molto più di quanto avessi immaginato prima di visitarla, e il contrasto con il benessere e le tante luci colorate e festanti del Natale di Berlino Ovest non era solo nelle strade, ma soprattutto nella vita e nelle anime dei berlinesi. Per 28 anni hanno guardato quel muro rivivendo l’incubo di quel 13 agosto 1961. Chi si era trovato dalla parte ‘giusta’ ha pagato la sua ‘fortuna’ portando nel cuore la tristezza del pensiero sempre rivolto a chi era dall’altra parte. Chi si era trovato dalla parte ‘sbagliata’, oltre al dolore che aveva dentro pensando ai suoi cari dall’altro lato del muro, ha vissuto una vita di prigionia, stenti e privazioni. Il 9 novembre del 1989 il muro è crollato, ma per molti berlinesi non è stato possibile riabbracciare le persone care che erano dall’altro lato, e anche per chi, invece, ha avuto questa fortuna, quel muro resta una dolorosa cicatrice sul loro cuore, che il tempo non potrà mai sanare. Ma almeno possiamo dire che il mondo da allora non fu più lo stesso, in meglio.

3 pensiero su “9.11.1989: crolla il muro di Berlino, la fine di un incubo”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *