Campo di concentramento di Sachsenhausen (Germania) – Foto Giorgio Manusakis

Breve storia dei luoghi di internamento frutto delle atrocità delle guerre e della crudeltà umana.

L’enciclopedia Treccani definisce così i campi di concentramento: “Luoghi di internamento e di restrizione della libertà personale per soldati nemici catturati e civili considerati pericolosi per l’ordine interno.” Nominarli evoca immediatamente l’orrore dell’olocausto; ma quand’è che l’uomo ha iniziato a costruirli? In questo articolo cercherò di raccontarvi brevemente la storia di questi luoghi simbolo della crudeltà dell’essere umano che mai, neppure durante una guerra (altra sua stupida e crudele ‘invenzione’), dovrebbe arrivare a compiere azioni simili.

I primi campi di concentramento di cui si ha notizia si videro durante la guerra ispano-americana nel 1896. Fu allora che l’esercito spagnolo, per evitare che la popolazione aiutasse i guerriglieri cubani, bruciò le loro case e i campi per poi concentrarli in capanne di foglie di palma circondate da soldati. La guerra terminò con la cessione delle Filippine agli Stati Uniti in cambio di 25 milioni di dollari. Il presidente americano, William McKinley, dichiarò che era necessario porre fine alle ostilità per evitare che lo sterminio causato dalla guerra civile e dai campi di concentramento continuasse; tuttavia ai cubani non fu concesso di sedersi al tavolo delle trattative di pace e molte furono le limitazioni alla loro libertà imposte dagli americani. Alla fine della guerra, secondo alcune fonti, i deportati furono 300.000, 100.000 dei quali morirono.

A quel punto, però, iniziò la guerra tra i filippini e gli americani, da cui rivendicavano l’indipendenza. In questo caso furono gli Stati Uniti ad utilizzare una strategia del tutto simile agli spagnoli, bruciando terra e case e deportando i filippini. Anche in questo caso si contarono centinaia di migliaia di vittime.

Ma i primi campi di concentramento veri e propri si vedranno a inizio ‘900 in Sudafrica durante le guerre anglo-boere. Corrado Augias, nel libro I segreti di Londra, sintetizza così quanto accadde: <<Quella guerra (contro i boeri n.d.r.) ha anticipato molti orrori del Novecento. La Gran Bretagna proclama di voler difendere la popolazione di colore; in realtà vuole impossessarsi degli sterminati giacimenti di diamanti della regione. Poiché i boeri combattono con metodi che oggi chiameremmo di guerriglia partigiana, Lord Roberts taglia corto: “A meno di non infliggere sofferenze ai civili come ritorsione per le azioni degli uomini in armi contro di noi, questa guerra non finirà mai” dice, e mantiene la parola. In breve tempo sorgono cinquantotto campi di concentramento (orribile invenzione britannica) dove viene rinchiusa quasi metà della popolazione boera. In quei campi moriranno ventiduemila bambini, quattromila donne, quasi duemila uomini adulti. Tale l’entità della strage che nel 1941 Adolf Hitler, di fronte alle prime denunce di genocidio, ha buon gioco a ribaltare l’accusa proprio sugli inglesi.>> Non credo di dover aggiungere altro a queste chiarissime parole di Augias.

Campo di concentramento di Sachsenhausen (Germania) – Foto Giorgio Manusakis

Ma prima di Hitler e dei suoi orrori, un’altra guerra doveva mostrare al mondo quanto possono essere inutilmente crudeli gli uomini: la Prima guerra mondiale. Dopo Caporetto i circa 300.000 soldati italiani prigionieri furono deportati nei campi di concentramento austro-ungarici, ma molti morirono durante la dura e lunga marcia per arrivarci, altri, pur giungendovi, morirono a causa delle difficili condizioni di vita all’interno di essi.

Arriviamo, così, ai più noti di questi luoghi di crudeltà umana: i tristemente famosi lager nazisti. In realtà il termine ‘lager’ indica sia i campi di concentramento che quelli di sterminio, oltre a quelli di lavori forzati, ma spesso, purtroppo, le tre cose coincidevano e, come vedremo, sciaguratamente coincidono ancora. Iniziarono a costruirli nel 1933 e, com’è loro consuetudine, i tedeschi fecero le cose in grande: fino al termine della guerra, nel 1945, ne costruirono oltre 1600! Sebbene sia noto al mondo intero (che, si spera, ricorderà per sempre) l’orrore perpetrato dai nazisti nei confronti degli ebrei in quelle strutture, bisogna dire che non erano, purtroppo, gli unici ad esservi internati: testimoni di Geova, omosessuali, zingari, anarchici, prostitute, malati mentali, senzatetto e persone ostili al regime condividevano la loro stessa sorte crudele. Per distinguere le varie tipologie di internati si usavano dei simboli: gli omosessuali, ad esempio, erano identificati da un triangolo rosa, gli zingari da uno marrone. Agli ebrei era appuntata una stella di Davide giallo e oro con la scritta jude. Non tutti sanno che i Kapo erano anch’essi detenuti, criminali comuni identificati da una stella nera, a cui veniva affidato il ruolo di comando tra i prigionieri in quanto già avvezzi ad usare la violenza. Ovviamente non tutti i campi di concentramento erano in Germania, numerosi furono quelli costruiti anche nei Paesi alleati o occupati. Le atrocità che venivano commesse all’interno sono note a tutti, ma vale la pena ricordarle nella speranza (seppur labilissima) che l’orrore faccia riflettere: torture, esecuzioni capitali pubbliche e segrete, esperimenti su esseri umani usati come cavie e le tristemente celebri camere a gas (prima venne usato l’ossido di carbonio, poi lo Zyklon B), utilizzate per lo sterminio di massa.

Campo di concentramento di Sachsenhausen (Germania), interno delle baracche – Foto Giorgio Manusakis

I nazisti costruirono i loro lager sul modello usato dai russi per i gulag, che hanno origine nel ‘600 come campi di lavoro ma che, col tempo, si trasformarono in veri e propri lager, tant’è che come tali vennero usati nel 1920 durante la guerra civile russa e, per volere di Stalin, presero il nome di gulag nel 1930.

Molti altri Paesi hanno utilizzato i campi di concentramento: la Cina, per esempio, tra il 1927 e il 1950, durante la guerra civile. Ma se credete che l’uomo abbia imparato dalla storia vi sbagliate: la caduta del muro di Berlino e la fine della Guerra Fredda non hanno, purtroppo, messo fine alle guerre né alle atrocità che ne derivano. Il desiderio di imperialismo, che già a dire di Demostene, è una tendenza naturale degli Stati, non si è affatto attenuato; anzi, oggi più che mai sembra vivo, a giudicare dagli scenari di guerra che ogni giorno aumentano, il tutto a scapito di una democrazia che sempre di più sembra non funzionare. Non possiamo, dunque, meravigliarci se la cronaca ci parla ancora di campi di concentramento, e non solo nella Corea del Nord, dove si stima che attualmente ci siano oltre 200.000 persone internate e sottoposte a torture e sevizie dal regime. Purtroppo, a distanza di oltre 2.000 anni, non possiamo che dare ragione ad Aristotele quando, nel suo testo Politica, scrisse: “la gente commette le più gravi ingiustizie per amore di superiorità, non per necessità.”

2 pensiero su “Campi di concentramento: un orrore non solo nazista”

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