I Normanni furono una popolazione germanica originaria della Scandinavia e della Danimarca; erano, in pratica, quegli stessi Vichinghi (“pirati del mare”) che, già nel IX secolo, con audacia e sulle loro agili imbarcazioni, si erano spinti fino in Islanda e Groenlandia arrivando anche in America del nord, dove sono stati ritrovati resti delle loro imbarcazioni.

Nel 911 si insediarono stabilmente sulle zone costiere del nord della Francia, costringendo re Carlo III ‘il Semplice’ a concedergli quella terra che, da allora, si chiamerà Normandia. Qui, questo popolo di guerrieri e abili navigatori, si integra con i costumi locali subendo una profonda trasformazione: si convertono al cristianesimo, acquisiscono la lingua galloromanza e adottano il sistema feudale facendo propri i valori cavallereschi.

Tuttavia questa stirpe, pur avendo perso le caratteristiche proprie dei loro antenati scandinavi, non smentisce quella spiccata indole di popolo conquistatore che lo porterà, grazie anche alla grande abilità nel navigare, a riprendere il mare dalla Normandia verso nuove terre e, principalmente, lungo due direttrici: a nord verso l’Inghilterra e a sud verso l’Italia meridionale. Infatti, nei primi decenni dell’XI secolo, al comando dei fratelli Roberto e Ruggero d’Altavilla, i Normanni si spinsero verso l’Italia meridionale dove trovarono un’estrema frammentazione politica: la dominazione longobarda nei principati di Benevento, Salerno e Capua, quella bizantina tra Puglia, Calabria e Ducato di Amalfi e, infine, quella araba in Sicilia.

Statua di Ruggero II il normanno – Napoli, piazza del Plebiscito – Foto: Matilde Di Muro

E quale strategia adottarono? Prima di far valere la loro forza militare, per diventare addirittura i sovrani di Sicilia e riuscire a costituire un regno di proporzioni considerevoli, giunsero nel nostro meridione inizialmente come semplici pellegrini, poi come mercenari, compiendo un’epopea avventurosa che ha lasciato tracce fondamentali per la nostra cultura.

Infatti un flusso di emigranti, prima esiguo e poi, via via, sempre più consistente, si mosse verso il sud d’Italia: sono bande di avventurieri normanni, alcuni attratti dalle possibilità che si aprivano nelle ribellioni antibizantine e nelle varie dispute che laceravano le popolazioni locali. Altri si impegnarono a proteggere i gruppi di pellegrini in transito verso Gerusalemme o diretti verso il santuario di S. Michele Arcangelo sul Gargano dalle incursioni saracene e, altri ancora, come mercenari, prestavano servizio al miglior offerente rendendo servigi a questo o a quel signore ricevendo in cambio titoli e terre, finché si arricchirono e costruirono delle signorie territoriali, la prima delle quali fu la contea di Aversa, cui seguì quella di Melfi nel 1043.

I Normanni cominciavano, così, l’insediamento e le guerre di conquista del sud della nostra penisola dimostrando come una minoranza guerriera, abile, spregiudicata e senza scrupoli, favorita dalle debolezze e dalle divisioni degli autoctoni, potesse facilmente assumere un ruolo dominante e modificare profondamente le strutture politico-sociali dell’Italia meridionale.

Si scontrarono e respinsero l’ostilità della chiesa di Roma che, temendone la crescente potenza, si alleò con il morente regno longobardo, sino ad allora comproprietario del nostro Sud insieme ai Bizantini. Ma i papi cominciarono ad avere problemi con l’Impero di Germania nella lotta per le investiture (papi e vescovi, ancor prima di essere consacrati religiosamente, venivano arbitrariamente designati dall’imperatore) e la Chiesa, in cerca di una forte alleanza, si riavvicinò ai Normanni i quali, a loro volta, avevano bisogno di essere definitivamente legittimati. Di fatto, nel 1059, con gli accordi di Melfi, Roberto il Guiscardo divenne vassallo del papa Niccolò II il quale riconobbe come possedimenti normanni, con investitura ufficiale, i territori conquistati ai Longobardi, i ducati di Puglia e di Calabria. Nel 1061 il fratello di Roberto il Guiscardo, Ruggiero I d’Altavilla, sbarca in Sicilia e affronta gli Arabi che avevano strappato l’isola ai bizantini nel IX secolo e che vi avevano costituito un florido e potente califfato. Dopo trent’anni di guerra, nel 1091, anche la Sicilia divenne normanna come il resto dell’Italia meridionale. Nel 1130 Ruggero II divenne primo re di Sicilia: un regno che riunirà tutto il Sud Italia e che si consoliderà nel 1154. Si trattò di una novità importante nello scenario europeo. Nell’Italia frammentata nasceva, infatti, un regno di proporzioni considerevoli che copriva l’intero meridione, solidamente impiantato, con un territorio esteso e una consistente potenza militare. Le città mantennero certe autonomie di tipo amministrativo, ma le decisioni più importanti passarono sempre attraverso il re, con il risultato che le esperienze comunali del meridione della penisola somigliarono più a quelle d’oltralpe che a quelle dell’Italia centro-settentrionale, connotate da una più forte autonomia.

La dinastia normanna lasciò nel nostro meridione tracce positive e singolarmente illuminate per quei tempi. Ai suoi re va riconosciuto il merito di aver saputo organizzare in un’unica entità statuale e far pacificamente convivere popolazioni assai diverse fra loro per storia, religione, nazionalità e legislazioni, rispettando costumi e tradizioni di tutti i popoli governati, in uno spirito di grande tolleranza, anche religiosa.

Volendo focalizzare il nostro sguardo sulla città di Napoli e il suo territorio, Rainulfo Drengot fu considerato l’iniziatore della potenza normanna in Campania a partire da Aversa ed è proprio lungo le antiche mura di questa città che, ancor oggi, è possibile ammirare una sua effige scolpita in marmo.

Infatti, nell’XI secolo, l’allora Duca di Napoli Sergio IV, per allentare la pressione longobarda sull’autonomo ducato, chiese aiuto ad un manipolo di uomini provenienti dal nord e, a ricompensa dei servigi resi, ripagò l’avventuriero Rainulfo, che li guidava, con un pezzo di terra nella località di Aversa e col titolo di conte. Da allora i normanni si espansero a macchia d’olio in tutta la regione e posero sotto lungo assedio la città di Napoli a più riprese. La resa avvenne con la morte del duca e la successione dell’arcivescovo Marino, il quale, stanco di vedere la propria città in condizioni pietose, decise di avviare una soluzione pacifica al conflitto con i normanni.

Statua di Ruggero II il normanno – Napoli, piazza del Plebiscito – Foto: Matilde Di Muro

Nel 1140, con l’accordo stipulato a Benevento, il re Ruggiero II d’Altavilla, che si apprestava a completare l’unità dell’Italia meridionale e della Sicilia, entrava a Napoli accolto da una locale delegazione che concedeva le chiavi della città al sovrano normanno.

La cronaca di questo avvenimento ci è descritta dallo storico Falcone Beneventano (1070-1144) che recita così: “I preti e il clero cittadino gli uscirono incontro presso quella porta e, levando al cielo inni e lodi, lo introdussero in città. Quattro nobili gli mantenevano le staffe, e le redini del cavallo, e con altri quattro accompagnarono il re fino all’episcopio. Se tu, lettore, avessi veduto la folla del popolo, che stava sulla piazza e le donne, vedove, maritate e vergini, che erano alle finestre, avresti certamente con gran meraviglia affermato che nessun imperatore, o re, o principe, entrò mai con tanto onore e tante dimostrazioni di gioia in Napoli.  Così accolto, il re scese all’Episcopio e fu alloggiato nell’appartamento dell’arcivescovo. […]”.

Tuttavia la dominazione normanna, anche se inizialmente ben accolta, non stabilì buoni rapporti con la popolazione napoletana: il popolo, che vide stroncare sul nascere ogni tentativo di miglioramento economico a causa della struttura feudale, iniziò a portare rancore verso la classe dei nobili, sempre più favorita dal sovrano, e si ribellò al monarca.

Pertanto, forti spinte insurrezionali accompagnarono tutta la dominazione normanna, che vide alcuni momenti di tregua solo con Guglielmo II, detto ‘il Buono’.

Anche se la capitale del nascente grande regno di Sicilia fu Palermo, la città di Napoli ricevette una forte impronta dal governo normanno che, dal punto di vista architettonico, ci ha lasciato la costruzione di Castel dell’Ovo, ai tempi di Ruggiero II e, successivamente con Guglielmo I, di Castel Capuano.

Di fatto Ruggiero II è considerato primo re di Napoli e a lui è dedicata la prima delle otto statue raffiguranti i sovrani napoletani e poste sulla facciata principale del Palazzo Reale in Piazza del Plebiscito.

Lo scultore Emilio Franceschi, sul finire dell’800, lo rappresenta in maniera imponente, col capo coronato, l’aspetto fiero e lo sguardo accigliato, lunghi capelli che incorniciano un volto dai tratti spigolosi, baffi e barba sottomento riccioluti.

La posa dinamica è sottolineata dalla gamba destra che avanza quasi a mostrare la volontà di uscire dalla nicchia che lo ospita.

Nella mano sinistra stringe lo scettro mentre con la destra si appoggia ad una lunga spada, con impugnatura a croce e lama piatta a doppio taglio, posta diagonalmente rispetto alla figura.

Statua di Ruggero II il normanno – Particolare del busto – Foto: Matilde Di Muro

Indossa una cotta a maglia metallica sormontata da una tunica al ginocchio riccamente bordata e, sulle spalle, reca un mantello con morbido cappuccio e lungo strascico. Sul petto campeggia una sorta di medaglione quadrangolare che presenta il tipico stemma araldico degli Altavilla, con croce patente inscritta in un cerchio, a sottolineare la cristianità dello stato e della famiglia regnante, e una lunga stola, di memoria sacerdotale, frangiata alle estremità e decorata da motivi geometrici che si alternano a croci patenti, fermata in vita da una cintura con fibula e borchie circolari.

Statua di Ruggero II il normanno – Particolare dello scettro – Foto: Matilde Di Muro

In sostanza lo scultore ci parla di questo personaggio storico, tanto importante per la città di Napoli e per tutto il sud Italia, attraverso una serie di dettagli che lo caratterizzano e, tra i tanti, vi è un’importante scritta incisa lungo la spada: “apulus et calaber siculus mihi servit et afer” ovvero “L’apulo, il calabro, il siculo e l’africano sono miei sudditi”. Si tratta di un motto di forte significato politico adottato da Ruggiero II per esaltare l’espansione della sua autorità nel Mediterraneo e pare fosse inciso realmente su spada e scudo del sovrano.

Ancora una volta l’arte si fa memoria: racconta fatti accaduti e comunica valori che consegna a noi oggi e alle generazioni di ogni tempo.

Statua di Ruggero II il normanno – Particolare della spada – Foto: Matilde Di Muro

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