Napoli, festa di San Gennaro – Foto: Vittorio Bianco

“In nessun Paese al mondo il popolo celebra le feste con tanto ardore e spensieratezza come a Napoli”, così annotava uno dei tanti viaggiatori della Napoli del ‘Grand Tour’ osservando sbalordito l’attitudine spiccata dei napoletani alle feste, indipendentemente dall’origine e dal rituale che le distingueva o dal periodo dell’anno in cui avevano luogo.

Fin dall’antichità Napoli con i suoi abitanti è stata vista come una città sempre in festa, dove ogni avvenimento diveniva occasione per divertirsi e fare baldoria, in cui spesso il sacro e il profano, il folclore e la superstizione, si confondevano nella tradizione popolare.

Il calendario delle ricorrenze festive era strettamente legato alle vicende religiose, allo scorrere del tempo e delle stagioni.

Ad aprire il ciclo tradizionale dell’anno, non era il primo ma il 17 gennaio, giorno della festa di sant’Antonio Abate, da sempre raffigurato con un maialino accanto in riferimento alle sue doti taumaturgiche; infatti si racconta che il Santo guarisse con lardo ‘incontaminato’ la malattia che ancora oggi conosciamo comunemente come ‘fuoco di sant’Antonio’. A tale scopo i monaci antoniani allevavano, nel medioevo, maialini sacri i quali si distinguevano portando al collo campanellini con cui si scacciavano gli spiriti maligni.

Sant’Antonio è, pertanto, considerato protettore dei grossi animali domestici, principalmente bovini e suini, i quali, il giorno della sua festa, venivano portati nel quartiere della Vicaria e qui venivano benedetti nel sagrato antistante la chiesa dedicata al Santo, sperando che vivessero a lungo.

Il 17 gennaio, da ogni parte della città e dalla campagna, si vedevano sfilare animali agghindati di nastri, ciambelle, filari di nocciole e di castagne. Per riscaldarsi nel lungo e freddo percorso, non mancava chi beveva qualche bicchiere in più di vino rendendo più allegra la già chiassosa combriccola.

Tale ricorrenza viene anche ricordata come la ‘festa dei cippi’, in quanto venivano anche bruciate le cose vecchie le cui ceneri benedette, portate a casa, avrebbero preservato stalle e animali da eventuali sciagure.

Nel Settecento, con l’arrivo di Carlo di Borbone, il quale diede vita a una politica anticlericale, le feste vennero sottratte all’influenza della Chiesa ed ebbero una gestione personale, statale da parte del sovrano.

La data di apertura del ciclo cerimoniale invernale divenne non più il 17 gennaio, ma il 4 novembre, giorno dell’onomastico del re. Inoltre egli scelse il carnevale come festa per eccellenza in contrapposizione alla Quaresima, affermando così l’indipendenza della monarchia dal papato.

Il carnevale diviene una festa democratica a cui partecipano tutti, il popolo e il sovrano con la propria corte.

Il largo di Palazzo, attuale piazza del Plebiscito, divenne il luogo per eccellenza in cui si svolgevano le varie feste celebrative del Regno. Le manifestazioni che vi si tenevano erano intese a ricomporre l’unità sociale, ad esibire il pieno controllo del governo sul popolo, a celebrare le virtù del sovrano e ribadire la legittimità dinastica, a presentare un Paese ricco e felice.

In tali occasioni si organizzavano nella piazza giochi e tornei, si disponevano luminarie, si preparavano fuochi di artificio, si allestivano macchine da festa e scenari effimeri, ossia costruzioni in legno e cartapesta raffiguranti templi, giardini, archi; tali apparati scenici erano tutti decorati con ogni sorta di commestibili e anche le fontane versavano acqua e vino.

Durante tale feste i nobili, dai balconi dei loro maestosi palazzi prospicienti la piazza, o dalle proprie carrozze che attraversavano via Toledo, lanciavano monete e confetti alla plebe in attesa e desiderosa di tale gesto.

Prima ancora di largo di Palazzo, luogo originario della festa del carnevale fu, nel Seicento, largo Morocino, attuale piazza Mercato.

Nel 1617 comparvero per la prima volta i carri trionfali ricolmi di ogni sorta di sostanziosi prodotti alimentari e destinati ad essere saccheggiati dai popolani, obbligatoriamente mascherati.

Dopo la rivolta di Masaniello la piazza divenne palcoscenico delle esecuzioni delle sentenze capitali; al centro, la forca e altri strumenti di tortura erano in bella mostra pronti ad essere usati a furor di popolo.

Piazza Mercato, tuttavia, non fu solo deputata a tristi eventi ma anche destinata a una delle feste sacre più sentite dai napoletani: la festa della Madonna del Carmine.

Nella medievale basilica del Carmine, antistante la piazza, si venera sull’altare maggiore un’antica icona raffigurante la Madonna con il Bambino, icona portata in città da alcuni monaci carmelitani, costretti dai musulmani nel XlI secolo a lasciare la propria sede in Terra Santa sul Monte Carmelo. Per l’incarnato scuro del soggetto raffigurato, la tavola fu detta della Madonna Bruna, oggetto di grandissima devozione popolare.

La festa della Madonna del Carmine ricorre il 16 luglio e in tale occasione dal campanile della basilica vengono accesi fuochi di artificio, in passato sovente causa di incendi dovuti alle molte baracche di legno concentrate nella zona.

Spesso, quindi, anche le feste religiose e non solo quelle laiche, come quelle del carnevale, registravano numerosi feriti e morti.

C’è chi, riferendosi ai fuochi in onore della Madonna del Carmine, scrisse: “Non si consumò tanta polvere a Waterloo quanto se ne consumò a Napoli in questa occasione”.

Dalla festa della Madonna di Piedigrotta a quella del Carmine, dalla processione del sangue di San Gennaro alla sfilata dei carri allegorici del carnevale, alla fantasmagorica festa della Cuccagna, Napoli si è sempre mostrata nel suo duplice volto: la Napoli vera, con il suo atavico destino di miseria ed emarginazione dove la fede, legata alla devozione, ancora per molti è l’unica speranza di sopravvivenza; la Napoli effimera, dove l’apparente opulenza appartiene solo a pochi nobili e il riso e la maschera celano una ricchezza più agognata che vissuta da molti.

Oggi come ieri non è molto cambiato il volto della città, e alle tante feste chiassose e folcloristiche del passato se n’è aggiunta una nuova molto sentita dai napoletani, ma raramente celebrata: la festa per la vittoria dello Scudetto!

Napoli, festa per il terzo scudetto – Foto: Lucia Montanaro

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