Solfatara di Pozzuoli – Foto: Stefania Rega

A cosa sono dovute le numerose recenti scosse avvertite anche dalla popolazione? Proviamo a fare chiarezza

Sempre più spesso, nelle ultime settimane, i media campani hanno riportato la notizia di scosse di terremoto, con epicentro nella zona flegrea, avvertite anche dagli abitanti. La frequenza di questi eventi ha allarmato più di una persona. Ma a cosa sono dovute queste scosse? C’è davvero da preoccuparsi? Cercheremo ora di fare chiarezza su quanto accade, iniziando da una breve storia geologica dell’area.

I Campi Flegrei sono un’enorme caldera, ovvero una depressione del suolo a forma di imbuto creatasi a seguito di un’eruzione, che ha generato numerose e violente eruzioni nel corso della sua storia geologica. La più violenta si è avuta circa 40.000 anni fa: le ceneri si sparsero su gran parte dell’Europa e del Mediterraneo orientale. Sono state ritrovate, per esempio, a Franchthi, nel Peloponneso, in una grotta abitata fin da prima dell’eruzione, probabilmente durante il Paleolitico medio. Negli ultimi 10.000 anni ci sono state circa 70 eruzioni, tutte precedute dalla deformazione del terreno meglio conosciuta come ‘bradisismo‘, termine coniato a Pozzuoli e che significa ‘movimento lento del suolo’, sia in abbassamento che in sollevamento. Il sito archeologico sommerso di Baia testimonia come possa essere devastante questo movimento del terreno. Studiando i vari monumenti della zona, come quelli dell’area del tempio di Serapide, si è potuta ricostruire la deformazione del suolo negli ultimi 2000 anni, constatando che i monumenti che nel 1200 erano sommersi, ora sono riemersi, in quanto tutta l’area, che va da Posillipo a Capo Miseno e che prima era sommersa, ha iniziato a risollevarsi molto rapidamente. È il magma che, col suo movimento, causa la deformazione del suolo.

Fumarola Pisciarelli, Agnano (Napoli) – Foto: Giorgio Manusakis

L’ultima violenta eruzione si ebbe nel settembre 1538 e causò la nascita del Monte Nuovo e la distruzione del villaggio di Tripergole. Tutti i suoi abitanti, però, fecero in tempo a mettersi in salvo proprio grazie al fatto che, nei giorni precedenti all’eruzione, il suolo si innalzò di decine di metri. Ancora oggi i Campi Flegrei sono un’area vulcanica attiva, questo significa che un nuovo vulcano si potrebbe aprire in qualsiasi punto di questa caldera, che ha il centro nella città di Pozzuoli e un raggio di 12 km circa. Proprio come accadde quando si formò il Monte Nuovo. Ecco il motivo per cui il bradisismo è sotto stretta sorveglianza degli scienziati e tutta l’area è tra le più osservate e studiate al mondo. L’IREA (Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente) e il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), hanno sviluppato un complesso sistema basato su algoritmi che, elaborando i dati ricevuti dai radar dei satelliti, generano mappe di deformazione del suolo che arrivano a misurare variazioni anche inferiori a un centimetro, per un’area di oltre 200 chilometri.

Le osservazioni degli ultimi 100 anni hanno rilevato un maggiore innalzamento del suolo negli anni Settanta, con 1,7 metri, e tra il 1982 e il 1984 quando arrivò a 3 metri. Nell’ultimo decennio l’innalzamento è stato di 45 centimetri. Il Rione Terra, tra il 2009 e il 2017, si è innalzato di oltre 25 centimetri, tuttavia il sollevamento ha riguardato tutta l’area flegrea e non è stato lineare, ma intervallato da periodi in cui la deformazione era zero ad altri in cui era molto accentuata.

Solfatara di Pozzuoli (NA) – Foto: Stefania Rega

Il mutamento del suolo, però, non è l’unico segnale di pericolo che ci giunge. Il sollevamento di 3 metri che ci fu nei primi anni Ottanta venne accompagnato da oltre 10.000 scosse sismiche, centinaia delle quali avvertite dalla popolazione. Attualmente, il monitoraggio dei flussi nella Solfatara indica una ripresa dell’attività del vulcano. Ogni mese vengono effettuate videoconferenze tra le varie istituzioni preposte al monitoraggio, e ogni sei mesi vieni stabilito il livello di allerta; attualmente il livello è giallo, ma ognuno può verificarlo sul sito della protezione civile. Microsismicità e innalzamento del suolo hanno già allarmato la comunità scientifica. Tra il 2012 e il 2013 un accumulo di magma provocò un rapido innalzamento del terreno preoccupando gli studiosi, mentre, nel 2016, un’intensa attività vulcanica fece temere una possibile eruzione dei Campi Flegrei. Anche uno studio condotto nel 2017 dall’Osservatorio Vesuviano e dalla University College di Londra ha sostenuto che la caldera dei Campi Flegrei sia più vicina all’eruzione di quanto si pensi. Recenti studi di geofisica e vulcanologia hanno ipotizzato che ci sia un’unica, enorme, camera magmatica a forma di lamina, che va dai Campi Flegrei al Vesuvio, cosa comune ad altri super vulcani come lo Yellowstone.

In conclusione possiamo dire che la frequente microsismicità attuale della zona flegrea non può farci stare del tutto sereni, ma non deve neanche allarmarci troppo. La situazione è attentamente seguita da numerosi scienziati e osservatori scientifici da molti anni, e se nel Medioevo la gente ebbe il tempo di mettersi in salvo prima che il Monte Nuovo facesse la sua comparsa, è ragionevole ritenere che noi, grazie ai progressi scientifici, avremo molto più tempo di loro per farlo. Ma sarà bene anche ricordare che nessun progresso, scientifico o tecnologico, potrà impedire al super vulcano dei Campi Flegrei di eruttare il giorno in cui deciderà di farlo.

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