Sonno apparente – Foto: Vittorio Bianco
I sistemi nervoso centrale, endocrino e immunitario dialogano tra loro, e la scienza che studia queste interazioni si chiama Psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI).
Abbiamo parlato con Sergio Esposito, immuno-allergologo della AOU “Luigi Vanvitelli”, di questo filone di ricerca: “Le cellule del sistema immunitario e quelle del sistema endocrino possiedono recettori che riconoscono i neuromediatori prodotti dalle cellule del sistema nervoso. I sistemi, insomma, possono “dialogare” tra loro. Questa rete ha l’obiettivo di gestire la c.d. “reazione da stress”, che ci consente di affrontare situazioni di emergenza, reperendo nel nostro organismo energie aggiuntive, che normalmente non utilizziamo. Gli attuali stili di vita comportano situazioni di stress cronico che incidono inevitabilmente sul sistema nervoso, sul sistema immunitario e sul sistema endocrino. In condizioni limite, quali ad esempio, i gravi stati depressivi, si associano manifestazioni cliniche da immunodepressione, quali maggiore tendenza ad ammalarsi di infezioni e/o di tumore. Inoltre, lo stato psico-emotivo ed affettivo dell’individuo influenza o modifica il decorso di numerose malattie e, in taluni casi, è in grado addirittura di originare l’evento patologico”
La PNEI, in altri termini, indaga sulle quelle associazioni e concatenazioni che il sapere popolare ha da sempre intuito ed espresso in sentenze o in locuzioni avverbiali, liete in alcuni casi come quella riportata nel titolo; oppure tragiche come quando si dice “è morta di dolore”, “il dispiacere lo ha fatto ammalare”, “morire di crepacuore”.
Queste consonanze, non estranee alla medicina orientale che da millenni propugna un approccio sistemico al paziente, finalmente vengono prese in considerazione anche dalla medicina d’Occidente.
Abbiamo anche chiesto al Dott. Esposito come mai la PNEI non venga adottata in maniera sistematica nella cura dei pazienti depressi o immunodepressi, e lui ci ha risposto che un simile approccio richiede l’instaurazione di un rapporto di grande confidenza tra medico e paziente. Quest’ultimo dovrebbe rivelare il suo stato emotivo e certamente anche le vicende umane e personali che sta attraversando e che hanno indotto quel particolare stato emotivo. Il medico, dal suo canto, dovrebbe possedere un enorme bagaglio di competenze tali da includere le quattro materie fondanti della PNEI, (psicologia, neurologia, endocrinologia e immunologia) oltre alle loro interrelazioni, oggetto specifico della disciplina.
I tempi stretti e concitati della cura che richiede risultati certi, testabili e immediati, rendono problematica l’applicazione intensiva della PNEI nei trattamenti.
Probabilmente una forma ante litteram di PNEI era quella adottata dai medici di famiglia che spesso conoscevano l’animo dei pazienti quanto le loro patologie e le loro anamnesi famigliari.
Sicuramente la PNEI è ampiamente applicata in tutte le tradizioni sapienziali che assumono l’individuo come unicum di anima e corpo.
Al momento è solo auspicabile che un cospicuo bagaglio di intuizioni, sistematizzate con i metodi della ricerca moderna, possa, nell’ambito della disciplina medica di cui stiamo parlando, tradursi in un trattamento sanitario alla maniera ‘occidentale’ producendo un protocollo, da applicare su vasta gamma, in cui la cura del corpo non si più disgiunta dalla cura dell’anima.