Solfatara di Pozzuoli – Foto: Stefania Rega
Nell’ottobre 2019 sulla rivista Scientific Reports è stata pubblicata una ricostruzione 3D del vulcano Solfatara, il più importante e famoso dei Campi Flegrei. Lo studio in questione, a cura dell’INGV, rappresenta un valido contributo per il costante monitoraggio dei fenomeni che avvengono tuttora in quest’area
In un recente articolo abbiamo spiegato a cosa sono dovuti i terremoti nei Campi Flegrei e qual è effettivamente il rischio di nuove eruzioni; in questo parliamo dei recenti studi che hanno interessato la zona e che aiutano a comprendere meglio quali sono i rischi reali per i numerosi abitanti della zona e cosa c’è nel sottosuolo.
La Solfatara nella storia
La Solfatara si colloca nell’area dei Campi Flegrei, nota sin dall’antichità per la sua attività vulcanica e sismica nonché per altri aspetti quali la sua fertilità, la sua salubrità e la sua straordinaria bellezza paesaggistica. Vista l’ampiezza e la relativa pericolosità, la zona è da anni studiata e controllata dall’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia).
Situata a circa 3 km dal centro della città di Pozzuoli, la Solfatara si sarebbe formata tra 3900 e 3700 anni fa, in quello che, secondo la cronologia geologica dei Campi Flegrei, corrisponde al periodo III. Lo scrittore Strabone, vissuto nel I secolo a.C., afferma che al suo interno abitò il dio Vulcano e vi fosse l’ingresso dell’Ade, il mondo dell’oltretomba. Anche un altro celebre autore latino, Plinio il Vecchio, ne parla a proposito delle sue acque biancastre e di un materiale da qui ricavato ed usato in edilizia come stucco. Proprio tali attività minerarie nel sito si intensificarono tra il Medioevo ed il Seicento, secolo in cui sono documentate estrazioni di terra gialla, zolfo e piombina. Meta dei viaggi del Grand Tour nel XVIII secolo, la Solfatara fu interessata anche da un turismo termale che però si esaurì entro i primi decenni del Novecento. Infine, ulteriori aspetti che rendono tuttora molto famoso questo vulcano nella cultura partenopea sono i suoi legami con la religiosità popolare (si pensi alla vicenda biografica di S. Gennaro che qui fu decapitato) e con la cinematografia (basti pensare, tra i vari film qui ambientati, al 47 morto che parla di Totò).
Situato a circa 3 km di distanza dal centro di Pozzuoli, il cratere, di forma ellittica, si contraddistingue per una costante attività fumarolica, che dura molto probabilmente da quasi due millenni. A tal proposito, infatti, secondo la gran parte dei geologi, la notizia fornita dallo scrittore Scipione Mazzella in merito ad una dirompente eruzione avvenuta nel 1198 va ridimensionata nella sua drammaticità e ricondotta ad una attività fumarolica forse più intensa rispetto al solito ed accompagnata da una maggiore emissione di schizzi di fango (le cosiddette pillacchere). Successivamente, la tradizione storiografica ricorda l’evento tellurico che portò alla nascita del Monte Nuovo, nel 1538. Da quella data in avanti non sono stati più documentati ulteriori fenomeni di grossa portata. Ciò che invece contraddistingue tuttora l’intera zona flegrea è il bradisismo. Con questo termine si indicano frequenti innalzamenti ed abbassamenti del livello del suolo, che spesso, in questo contesto, hanno visto un’intensificazione durante determinati periodi storici, come ad esempio negli anni Settanta del secolo scorso, quando le autorità dell’epoca decretarono, per motivi di sicurezza, l’evacuazione del Rione Terra di Pozzuoli.
Dalla tomografia l’interessante ricostruzione tridimensionale
In effetti, ciò che non si era mai riusciti a comprendere, riguardo alla Solfatara, era proprio la sua struttura sotterranea. Grazie a questo nuovo studio dell’INGV, oggi è possibile visualizzarne in 3D le caratteristiche morfologiche. La sua forma, piuttosto sviluppata in profondità nel sottosuolo, assomiglia molto a quella di un imbuto: una configurazione, questa, che faciliterebbe il deposito dei liquidi provenienti sia dal cratere che dalle altre sorgenti idrotermali limitrofe.
Tuttavia, va specificato come l’analisi degli scienziati dell’INGV abbia interessato sinora un campione di limitata profondità, pari a non più di 500 metri. La tecnica che ha permesso di identificare la forma sotterranea della Solfatara è la tomografia elettrica: attraverso l’invio di un fascio di corrente è stato possibile misurare la resistenza che i vari strati hanno posto al suo passaggio. Inoltre, durante queste approfondite indagini, sono emerse anche ulteriori faglie collaterali al vulcano, la cui attività sarebbe la causa dei terremoti e degli sciami sismici di bassa intensità riscontrati in tutta l’area flegrea a partire dal 2011.
Nell’ambito della realizzazione del modello 3D della Solfatara, gli studiosi hanno potuto anche ricavare dati molto preziosi per la conoscenza delle dinamiche di altre zone limitrofe al vulcano, come il cratere di Agnano (oggi parzialmente incluso in un’oasi WWF) e la zona di degassamento di Pisciarelli. In merito a quest’ultima, nello specifico, è stata anche fornita e pubblicata nel 2021 sulla rivista Nature un’ulteriore ricostruzione 3D.
Il rischio vulcanico, oggi, tra Solfatara e Campi Flegrei
La zona della Solfatara e dei Campi Flegrei continua tuttora ad essere oggetto di studi e ricerche. Alla pubblicazione, sul sito Geophysical Research Letters, di un’indagine sui fenomeni geologici accaduti poco prima e dopo l’eruzione del Monte Nuovo nel 1538, condotta dall’INGV insieme all’Università di Roma Tre, ha fatto seguito nel giugno 2023 la divulgazione di un’altra interessante ricerca. Sulla rivista online Communications Earth & Environment un gruppo di studiosi, formato anche qui da membri dell’INGV e dal professor Christopher Kilburn dell’University College London, ha delineato un quadro generale sullo stato della crosta terrestre sia attorno alla Solfatara che in generale nei Campi Flegrei. L’equipe di ricerca ne ha riscontrato un progressivo indebolimento che potrebbe determinarne in futuro la rottura. A tale situazione, tuttavia, non necessariamente si accompagnerebbe un evento di tipo eruttivo in quanto la causa dell’attuale innalzamento, di circa 10 cm superiore all’ultimo registrato nel 1984, sembra essere di natura idrotermale e non magmatica. Infine, in un incontro tenutosi ai primi di luglio all’hotel ‘Gli Dei’ di Pozzuoli sul tema del rischio vulcanico nei Campi Flegrei, la direttrice del Dipartimento Vulcani dell’INGV, Francesca Bianco, ha fornito sulla base di statistiche un prospetto delle possibili future attività nella caldera. Secondo questo studio, la probabilità che avvenga un fenomeno di proporzioni macroscopiche, così come avvenuto 40 mila e 15 mila anni fa, è stimata al di sotto dell’1%, mentre l’eventualità di un’esplosione di piccola portata, simile a quella che portò alla formazione del Monte Nuovo nel Cinquecento, si aggira intorno al 60%.
Solfatara di Pozzuoli – Foto: Stefania Rega
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