Panorama del golfo di Pozzuoli – Foto: Giorgio Manusakis

Particolarmente suggestiva è la veduta della zona ad ovest di Napoli, il golfo di Pozzuoli.

Il paesaggio dei Campi Flegrei è caratterizzato da laghi, isolette, spiagge sinuose, promontori e colline vulcaniche che lo rendono estremamente bello e mutevole.

Tutto il territorio scaturì da una moltitudine di crateri, disseminati tra il Vesuvio e la foce del Claris, le cui eruzioni fecero sì che i Greci chiamassero queste terre “flegraios” ossia ardenti. Tali manifestazioni vulcaniche alimentarono l’immaginazione degli antichi, i quali in questa regione collocarono i loro miti più terribili e ancestrali. Qui, secondo il mito, approdarono Enea ed Ulisse per apprendere rispettivamente il proprio futuro dalle ombre dei trapassati e dai vaticini della famosa sibilla cumana.

Inizialmente la zona fu abitata dai Greci (Cuma fu la prima colonia della Magna Grecia) e successivamente posseduta dai Romani.

A partire dall’età repubblicana, sulle sponde del golfo di Pozzuoli la nobilitas romana iniziò a costruirsi ville d’otium, lussuose dimore in cui riposarsi dalla vita caotica dell’Urbe e dedicarsi a piacevoli letture.

Probabilmente furono gli Scipioni e il loro circolo ad influenzare la nascita di un atteggiamento filoellenico: Cornelia, figlia dell’Africano, si fece costruire una villa a Miseno, mentre prima di lei il console Eneo Cornelio Scipione Ispano, venne ai Campi Flegrei per farsi curare le sue infermità dalle medicamentose acque cumane. Infatti, accanto al fascino della cultura greca, la regione offriva anche i vantaggi terapeutici di una ricchezza prodigiosa di acque termali che la nuova medicina ellenistica considerava un rimedio miracoloso per molti mali. Cominciò, così, una moda inarrestabile che ebbe come epicentro la piccola insenatura di Baia.

Terme di Baia – Foto: Giorgio Manusakis

A Baia lussuose ville dell’aristocrazia romana sorsero l’una accanto all’altra: prima sui colli, poi sempre più prossime al mare, infine dentro le onde grazie ad una straordinaria malta idraulica fatta con la pozzolana della zona. La polvere puteolana, indurendosi nell’acqua, consentiva di edificare con una particolare tecnica, detta opus pilarum, ville su pilastri e residenze sopraelevate.

Tali ville erano costruite ‘a terrazza’ alla maniera che fu detta, appunto, ‘baiana’, per godere nello stesso tempo, per i quartieri bassi della prossimità alla spiaggia, per quelli superiori della superba bellezza del paesaggio del golfo.

Celebre fu Caius Sergius Orata, cavaliere romano e geniale inventore del sistema delle suspensurae, ossia un ingegnoso sistema che permetteva, attraverso una serie di tubature in terracotta, di incanalare le numerose fumarole vulcaniche della zona e trarne vantaggio.

Grazie a ciò nacquero impianti termali e vivai per l’ostricultura e la pescicultura; quest’ultime attività, molto redditizie, erano praticate in particolare nel bacino del lago di Averno e di Lucrino, nome quest’ultimo che non a caso si riferisce ai guadagni, alla possibilità di lucrare nella zona.

Sempre a Baia sorsero le prime grandi terme di cui il complesso detto della Sosandra (dalla scultura rinvenuta di Afrodite Sosandra oggi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli), rappresenta una delle testimonianze archeologiche più interessanti.

Afrodite ‘Sosandra’, II sec.d.C. – Museo Archeologico Nazionale di Napoli – Foto: Giorgio Manusakis

La continuità della villeggiatura dall’età repubblicana a quella imperiale, è documentata dalle visite di Augusto, Tìberio, Claudio, Nerone, Domiziano e Adriano.

Non è stato ancora identificato il palazzo imperiale, ma la recente scoperta di un ninfeo decorato di statue del I sec. a.C. all’estremità est del golfo di Baia, nella zona di Punta Epitaffio, ha fatto supporre appartenesse alla residenza di Claudio citata da varie fonti.

Molti interessanti reperti e ricostruzioni di ambienti antichi sono visibili nel Castello di Baia, risultato di varie ristrutturazioni storiche, oggi sede del Museo Archeologico dei Campi Flegrei.

Il Castello di Baia, sede del Museo Archeologico dei Campi Flegrei – Foto: Giorgio Manusakis

Numerosi erano i moli ai quali venivano attaccate dai patrizi variopinte imbarcazioni, tanto da indurre Orazio ad affermare ironicamente che nel golfo ormai non c’era più spazio neanche per i pesci.

Anche altri noti scrittori latini non esitarono ad esprimere giudizi poco lusinghieri verso tale località, già all’epoca considerata alla pari di Sodoma e Gomorra.

Properzio raccomanda alle madri di non mandare le proprie giovinette in vacanza a Baia, mentre Marziale narra che qui una donna arrivava come Penelope e ne ripartiva come Elena.

In effetti quello imperiale fu un periodo di vari piaceri peccaminosi, concessi all’ombra di scenografici ninfei e nelle fresche amenità della natura, una natura mai come nella zona Flegrea, particolarmente ardente.

Panorama del golfo di Pozzuoli – Foto: Giorgio Manusakis

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