UN Climate Change Conference (COP 28), Dubai. 1 December 2023. Photo Leo Alfonso / ILO

UN Climate Change Conference (COP 28), Dubai. 1 December 2023 – Foto: Leo Alfonso – Licenza: CC BY-NC-ND 2.0 DEED – Flickr

Cosa si è fatto, cosa si è deciso e cosa si può (e si deve) fare per evitare tragiche conseguenze.

Come molti sanno tra il 28 novembre e il 13 dicembre 2023 si è svolta a Dubai (EAU) la COP  28, conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.

La COP, che è l’acronimo di  “Conference Of The Parties”, è la conferenza, con cadenza annuale, che rappresenta l’unico strumento aperto e inclusivo che vede non solo la partecipazione di delegati di tutti i governi del mondo, quindi anche quelli generalmente esclusi o messi ai margini in altri contesti intergovernativi  multilaterali, ma anche di rappresentanti, sia pure come osservatori, della società civile: università, centri di ricerca, fondazioni, ONG, Regioni, aziende e tutte quelle parti che hanno interesse alla risoluzione del problema del mutamento del clima. Da ciò il nome COP, proprio per sottolineare la partecipazione delle parti interessate e non dei soli governi.  Basti pensare che le organizzazioni non governative rappresentate a Dubai sono state 2092, con 13278 partecipanti.

I lavori della conferenza sono stati tanto dibattuti ed hanno portato anche ad un risultato molto importante, poiché hanno segnato la conclusione del primo Global Stocktake (bilancio globale) che ha misurato i progressi compiuti verso il conseguimento degli obiettivi climatici stabiliti con l’Accordo di Parigi del 2015.

È stato proprio il Trattato internazionale giuridicamente vincolante sul cambiamento climatico, adottato da 196 paesi in occasione della COP 21 svoltasi nella capitale francese nel 2015 (entrata in vigore il 4 novembre 2016), a fissare l’obbiettivo generale del contenimento dell’aumento della temperatura media globale entro limiti al di sotto dei 2° rispetto ai livelli preindustriali, con l’invito perentorio a perdurare negli sforzi per limitarla ulteriormente fino a 1,5°, che rappresenterebbe la soglia oltre la quale si rischia di scatenare impatti molto gravi sui cambiamenti del clima, quali ondate di caldo, precipitazioni rovinose e siccità.

COP21 2015 Paris Le Bourget – Conference Center – United nations conference on climate change – Foto: Jmdigne – Licenza: CC BY-SA 4.0 – Wikimedia Commons

L’accordo di Parigi, quindi, ha segnato, forse, un passo decisivo perché ha vincolato, per la prima volta, tutte le nazioni aderenti nella lotta contro il cambiamento climatico al fine di limitarne gli effetti nefasti.

I lavori della COP 28 a Dubai hanno evidenziato che per raggiungere i risultati fissati a Parigi è fondamentale che le emissioni di gas serra inizino a ridursi a partire dal 2025 e che calino drasticamente del 43% entro il 2030 e del 60% entro il 2035, rispetto ai livelli del 2019. Nel contempo è stato anche rilevato come alcuni Paesi siano in ritardo nel conseguimento degli obiettivi concordati.

Nel corso degli incontri gli esperti hanno evidenziato come i prossimi 10 anni saranno decisivi per proteggere la Terra e le parti hanno convenuto che entro COP 30, che si svolgerà in Brasile nel novembre del 2030, dovrebbero essere presentati, da tutti i Paesi, piani aggiornati per il clima al 2035 che prevedano un allineamento dell’aumento delle temperature al limite di 1,5°,  alla luce dell’adozione “delle migliori conoscenze scientifiche” e del rispetto dei risultati del bilancio globale 2023.

Chiaramente tra i temi centrali dei lavori c’è stata la necessità, in primis, di rafforzare gli sforzi per mitigare i cambiamenti climatici attraverso la riduzione delle emissioni che, certamente, rappresenta la via più breve attraverso la quale conseguire i maggiori effetti positivi. Per questo l’UE e i suoi Paesi, tra cui l’Italia, ha invitato gli Stati presenti a perseguire alcuni obiettivi globali in materia di energia:

  • l’abbandono progressivo dell’energia fossile entro il 2050;
  • il corrispondente aumento di energie rinnovabili, che dovranno essere triplicate a livello globale, e il miglioramento dell’efficientamento energetico entro il 2030.

CO2 – Foto: Menandros Manousakis

Sebbene COP 28 si sia svolta per la prima volta in uno Stato dell’area geografica nella quale i combustibili fossili sono fonte di ricchezza, e nonostante la partecipazione di un gran numero di lobbisti del settore (quadruplicati rispetto a COP 27, secondo quanto segnalato da Amnesty International) che spingevano per una loro sola limitazione, sono stati raggiunti obiettivi importanti oltre alla transizione dai combustibili fossili e all’aumento delle energie rinnovabili.

Infatti, oltre alla prosecuzione dell’impegno ad alimentare le risorse del Fondo verde per il clima, è stato istituito un fondo per le soluzioni climatiche globali e sono stati promessi finanziamenti per assistere i Paesi più poveri in caso di perdite e danni legati al cambiamento climatico (Loss and Damage Fund).

Più di 130 Paesi hanno firmato una dichiarazione per ricomprendere nei loro piani climatici anche le emissioni agricole. In Italia l’obiettivo principale del PNACC (Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici), approvato nel dicembre del 2023, sarà quello di fornire un quadro di indirizzo nazionale per l’implementazione di azioni finalizzate a ridurre al minimo possibile i rischi derivanti dai cambiamenti del clima e trarre vantaggio dalle eventuali opportunità che si potranno presentare con le nuove condizioni determinatesi, migliorando così la capacità di adattamento dei sistemi socioeconomici e naturali.

Inoltre è stata formata una coalizione per promuovere l’agricoltura rigenerativa che punta a razionalizzare le risorse, nutrire correttamente le specie vegetali senza impoverire i suoli, anzi rigenerandoli, lavorando sulla diminuzione delle emissioni e impattando sulla biodiversità.

Infine, molto in sintesi, a Dubai le compagnie petrolifere e del gas si sono impegnate, entro il 2030, a raggiungere emissioni di metano prossime allo zero, annunciando la creazione di un fondo per progetti che riducano tale gas nei mercati emergenti, ovvero il NIC (Newly Industrializing Countries), che è caratterizzato da economie non ancora completamente sviluppate, ma che soddisfano tutti i requisiti per esprimere un grande potenziale non sfruttato. Gli effetti del cambiamento del clima sono sotto gli occhi di tutti e anche i recenti disastri accaduti lo dimostrano. Basta citare l’esempio, per rimanere a casa nostra in tempi più recenti, dell’alluvione provocata in Emilia Romagna dalla tempesta Minerva del maggio 2023. Nonostante sia stato dimostrato da alcuni studi che l’alluvione in Emilia Romagna non sia direttamente relazionata al cambiamento climatico, è un fatto ormai scientificamente comprovato che la maggior parte degli eventi meteorologici intensi ne sia invece una diretta conseguenza.

Bologna, 3 maggio 2023 – Gli allagamenti causati dall’intensa ondata di maltempo in Emilia-Romagna – Foto: Dipartimento della Protezione Civile – Licenza: CC BY-NC-ND 2.0 DEED – Flickr

I fenomeni come alluvioni, frane, periodi di siccità o gelate fuori stagione avvengono, negli ultimi anni, con frequenza sempre maggiore. Tutto ciò non determina solo distruzione, ma è anche tra le cause del significativo, inaccettabile aumento della fame e della malnutrizione nel mondo. La pesca, la produzione agricola e l’allevamento del bestiame potrebbero sparire o divenire meno produttivi.

Come segnalato da UNRIC (organizzazione regionale che si occupa e diffonde in Europa occidentale le informazioni sull’ampio spettro di attività svolte dal sistema ONU), l’alterazione delle temperature sarebbe causa della acidificazione delle acque oceaniche con gravi rischi di riduzione delle risorse marine che sfamano miliardi di persone. Inoltre lo stress da calore, impattando sulle disponibilità idriche, è destinato sempre più a incidere sulla produttività agricola e sulle attività zootecniche fonte di sostentamento delle zone più povere. Baste leggere i dati riportati nel rapporto annuale della FAO del 2023 per rendersi conto, numeri alla mano, della portata del fenomeno. Secondo l’organizzazione ONU è stato stimato che, nel 2022, 735 milioni di persone hanno sofferto la fame, ma ad esse vanno aggiunte 2,4 miliardi di persone che sono in stato di insicurezza alimentare moderata o grave.

L’elenco degli effetti connessi ai fenomeni provocati dall’innalzamento della temperatura potrebbe continuare.

Pala eolica – Foto: Menandros Manousakis

Basta pensare che circa un milione di specie animali e vegetali è a rischio estinzione nei prossimi decenni, con conseguente squilibrio della catena alimentare naturale.

La stessa salute degli esseri umani è gravemente minacciata dall’inquinamento, quale diretta conseguenza del cambiamento del clima. L’intensità e la frequenza delle ondate di calore e il conseguente ristagno dell’aria determinano non solo un aumento dei livelli dell’ozono e quindi dello smog fotochimico, ma anche del particolato atmosferico. Ma non è solo l’aria che ne risente e le conseguenze sulla salute non sono solo quelle da tutti conosciute. Molto interessante, a proposito di salute e inquinamento, è l’intervista rilasciata, nel 2021, dal prof. Ernesto Burgio, pediatra e componente di comitati scientifici e gruppi di ricerca a livello internazionale, che si occupa principalmente degli effetti che le trasformazioni ambientali hanno sul genoma (epigenetica) e quindi sulla salute umana e infantile. Secondo lo studioso, quando si parla di inquinamento oggi, nel XXI secolo, ci si deve riferire alla trasformazione molecolare dell’aria che respiriamo, dell’acqua che beviamo, dei cibi e di tutto il resto. Nell’affrontare la problematica di come l’inquinamento incida sulla salute dell’uomo, Burgio sottolinea che la gran parte degli agenti inquinanti non agisce direttamente sul DNA e che la scienza ufficiale studia poco il modo in cui gli agenti tossici ed inquinanti agiscono sul software del DNA. Un ruolo importante sarebbe svolto dalla epigenetica, scienza che studia come l’età e l’esposizione a fattori ambientali, tra cui agenti fisici e chimici, dieta, attività fisica, possono modificare l’espressione dei geni pur senza modificare la sequenza del DNA, che permetterebbe di studiare la vera interferenza dell’inquinamento, quindi degli inquinanti e dei fattori tossici, soprattutto sui bambini e, in generale, sugli organismi in via di sviluppo (soprattutto embrione e feto). Quindi sarebbe la gran parte degli inquinanti, soprattutto quelli atmosferici, il particolato ultrafine, i metalli pesanti, il benzene, il benzantracene, che passando la placenta disturbano la programmazione del feto, condizionando la sua predisposizione alle malattie. Lo stesso discorso varrebbe per alcuni agenti tossici che si trovano nelle catene alimentari. Per lo studioso sarebbe auspicabile, parlando di ambiente e salute umana, proprio un approccio di studio metodologico basato sulla biologia molecolare, sull’epigenetica, perché le patologie sono espressione della reazione dell’organismo a un mondo sempre più inquinato e non casuali incidenti di percorso.

Sole sullo Ionio – Foto: Giorgio Manusakis

Il luglio di quest’anno è stato il più caldo mai registrato, come evidenziato da importanti riviste scientifiche, addirittura il più caldo degli ultimi 120 mila anni anche secondo Copernicus (il programma di osservazione della Terra dell’Unione Europea, dedicato a monitorare il nostro pianeta) ed è l’ennesimo campanello d’allarme.

Al di là degli impegni presi dai governi, sono le attività antropiche che hanno provocato l’accelerarsi del riscaldamento globale, per cui c’è bisogno che anche le condotte dei singoli cittadini del mondo siano improntate al rispetto di quelle regole di buon senso che non sono scritte, non sono giuridicamente cogenti, ma che, probabilmente, hanno un peso determinante nella soluzione del problema. Non possiamo più attendere, perché ci resta pochissimo tempo per evitare che il pianeta diventi troppo caldo per ospitare l’uomo. 

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Titolo: UN Climate Change Conference (COP 28), Dubai. 1 December 2023.
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Titolo: COP21 2015 Paris Le Bourget – Conference Center – United nations conference on climate change
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