Foto: Gea Scolavino Vella

La Barbie del nuovo film di Greta Gerwig è senza filtri e qui ve ne parlo senza spoiler.

Lo scorso 20 luglio, dopo tanta attesa è finalmente uscito nelle sale italiane l’attesissimo film di Barbie diretto da Greta Grewig, che torna sul grande schermo riproponendo una versione della famosa bambola e del suo compagno Ken decisamente fuori dagli schemi. Gli incassi al botteghino sono già da record: in un solo giorno di programmazione la cifra si aggira intorno ai due milioni di euro. Complice del grande successo è sicuramente anche un’incessante campagna pubblicitaria, che ci accompagna ormai da mesi, portata avanti soprattutto sui social. Persino la home di Google si tinge di rosa per l’occasione. Ora resta solo una cosa da capire: l’attesa è stata effettivamente ripagata?

La doverosa premessa da fare è che Barbie è uno dei film più lunghi diretti dalla Gerwig. La scenografia è curata nei minimi particolari: ogni dettaglio si adatta perfettamente al contesto e nulla è lasciato al caso. Il cast scelto dalla regista è decisamente calzante: i protagonisti, Margot Robbie nel ruolo di Barbie e Ryan Gosling nel ruolo di Ken, sono affiancati da attrici e attori del calibro di Will Ferrell, Micheal Cera ed Emma Mackey, divenuta famosa per il ruolo di Maeve Wiley nella serie TV Netflix Sex Education.

Il film si apre con un chiaro omaggio a 2001: odissea nello spazio, il leggendario film diretto da Stanley Kubrick. Nell’ incipit si vedono delle bambine intente a giocare con dei classici bambolotti finché, davanti a loro, non compare in maniera inaspettata una gigantesca Barbie in un costume intero zebrato. La reazione è inevitabile: le bambine, folgorate da questa nuova apparizione, distruggono i bambolotti e abbracciano, senza esitazione, un futuro nuovo e glamour che le allontana definitivamente dal canonico ruolo di madri e le proietta verso nuove prospettive. Il nodo centrale del film, infatti, è proprio questo: la Barbie non è una semplice bambola ma è un modo per dire al mondo che una donna può essere un’avvocata, una dottoressa o una presidente in una realtà, che era quella della fine degli anni 50, in cui una donna non poteva nemmeno possedere una carta di credito. A Barbieland, la realtà alternativa in cui vivono le Barbie, appare subito chiaro che gli uomini, i Ken, ricoprono un ruolo del tutto marginale ed esistono solo in funzione di Barbie. Tutto ciò, però, si va a contrapporre con il mondo reale con cui la Barbie incarnata da Margot Robbie si andrà a scontrare. Barbie è dunque un’ode alla cultura pop e femminista, è una pellicola intelligente dove le donne la fanno indubbiamente da padrona e dove Greta Gerwig non si risparmia nel descrivere la realtà del nostro mondo costruito a misura di uomo.

La centralità del personaggio femminile è un tema ricorrente in tutti i film di Greta Gerwig: da Piccole donne a Frances Ha, passando per Lady Bird. La necessità per le donne di riappropriarsi degli spazi, anche sul grande schermo, appare sempre più impellente. In questo senso il film di Barbie coglie dritto nel segno: la narrazione, le emozioni e la centralità del personaggio femminile sono la vera rivoluzione di cui Greta Gerwig si fa portatrice. E sono proprio l’inutilità e la marginalità del personaggio maschile ad aver suscitato le prime e prevedibili critiche. Il film è stato già censurato in alcuni paesi e negli Stati Uniti si è acceso un fervente dibattito che sembra essere appena alle sue prime battute: se da una parte c’è chi difende il film e ne rivendica il suo contenuto, dall’altra c’è chi ha affermato che il lungometraggio racconta in modo pericoloso una deriva del femminismo moderno che vede il ruolo dell’uomo sempre più relegato a margine. La stessa Margot Robbie, prima dell’uscita della pellicola ha dichiarato che, dopo aver letto una bozza del copione, era convinta del fatto che un film del genere non avrebbe mai visto la luce.

Oltre tutti i dibattiti e le considerazioni che si possono fare sull’argomento c’è però da ammettere che la pellicola della Gerwing non è proprio impeccabile. La cosa che più viene in rilevo durante la visione del film, è la completa mancanza di caratterizzazione di alcuni personaggi che avrebbero indubbiamente apportato molto più carattere alla storia. Nell’universo di parallelo di Barbieland sono diversi i personaggi che trovano poco spazio. Allan, l’amico di Ken, è presente in numerose scene del film ma, nonostante sia caratterialmente molto più vicino al personaggio di Barbie che a quello dell’uomo rappresentato da Ken, non trova uno spazio adeguato all’interno della pellicola. Nemmeno il personaggio di Sasha, la bambina che nel mondo reale ripudia Barbie, trova una sua evoluzione. Quando Sasha appare per la prima volta nel film, ci viene rappresentata come un’adolescente schiva che odia il mondo glitterato di Barbie. È la stessa Sasha a dire che Barbie rappresenta lo stereotipo della figura femminile bella, alta e snella, che ha fatto arretrare il femminismo di cinquant’anni. Ed è la stessa Sasha che, non appena entra nel mondo di Barbieland, abbraccia la cultura rosa e glamour e dimentica tutte le contraddizioni che la bambola rappresenta e che, effettivamente, avrebbero meritato di essere approfondite maggiormente.

Nonostante tutto Barbie è un film che merita di essere visto, non entrerà certamente nell’olimpo dei migliori film mai prodotti, ma è un’utile chiave di lettura per coloro che vogliono approfondire tanti aspetti (non tanto latenti) della nostra società.

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