Fregio orientale del Tesoro dei Sifni, Greci e Troiani combattono intorno al corpo di un eroe morto, 525 a.C. – Museo di Delfi, Grecia – Foto: Giorgio Manusakis
Il mito di due uomini sfortunatamente…primi! – Protesilao
Dopo aver raccontato il mito di Giacinto (link), passiamo alla storia dell’altro uomo che, per sua sventura, giunse primo: Protesilao. La sua altrettanto tenera storia d’amore ci riporta a quanto di più celebre ci sia nel mito: la guerra di Troia. Il vero nome di Protesilao era Iolao e fu cambiato in seguito alla sventura che lo colse appena giunto a Troia. Ma partiamo dall’inizio: come per ogni bella storia d’amore, anche Protesilao aveva la sua donna con cui si amava teneramente, il suo nome era Laodamia ed era la figlia del re Acasto. I due innamorati avrebbero voluto ovviamente sposarsi, ma Acasto negava il suo permesso alla figlia in quanto Protesilao era figlio di Ificlo, re di Filace, in Tessaglia, e Astioche, quindi era destinato a governare su terre povere in confronto alle sue. Acasto, però, cambiò astutamente idea quando si vide convocato a partecipare alla guerra di Troia; il sovrano sapeva bene che non poteva rifiutarsi, né aveva figli maschi da inviare in sua vece, quindi pensò bene di far sposare sua figlia Laodamia con Protesilao per poter ‘delegare’ a questi l’onere di combattere a Troia. Acasto convocò dunque la figlia ed il suo innamorato e comunicò loro che potevano sposarsi, ma avrebbero dovuto farlo subito in quanto Protesilao, allora ancora Iolao, nel suo nuovo ruolo di genero di Acasto, sarebbe dovuto partire il mattino dopo per Troia con le navi del suocero. Come potete facilmente immaginare, i due giovani erano felici di coronare il loro sogno d’amore, ma tristi di separarsi dopo poche ore e preoccupati per la destinazione dello sposo; a questo si aggiunga una profezia che Laodamia conosceva e comunicò all’uomo che aveva appena sposato: “Anche una profezia riserva destino avverso a colui, non so chi, che per primo dei Danai tocchi il suolo troiano: sventurata colei che per prima piangerà la perdita del marito! Facciano si gli dei che tu non voglia essere temerario! Fra mille imbarcazioni la tua nave sia la millesima e per ultima si muova nelle acque trafficate! Anche questo ti raccomando: sbarca assolutamente per ultimo dalla nave!” (Ovidio – Eroidi – Lettera XIII).
Purtroppo per loro la nave di Iolao fu la prima a sbarcare a Troia e il giovane, dimenticando la profezia rivelatagli dalla moglie prima di partire, fu il primo a sbarcare e, dunque, il primo a morire come predetto dalla profezia, trafitto nientemeno che da Ettore; da allora a Iolao fu cambiato il nome in Protesilao, ovvero ‘primo fra tutti’. A proposito della morte di Protesilao c’è da dire che, oltre ad essere imprudente a non ascoltare i consigli di Laodamia, fu anche sfortunato: infatti sulla sua nave c’era anche il grande eroe Achille il quale, essendo notoriamente un carattere focoso, era pronto a sbarcare per primo sulla spiaggia di Troia. Sarebbe toccata a lui la triste sorte di Protesilao se sulla stessa nave non vi fosse stata la madre, la nereide Teti, la quale, resasi invisibile, seguiva il figlio per proteggerlo, ed avendo appreso da Apollo la profezia secondo cui il primo dei Greci a toccare il suolo di Troia sarebbe morto, trattenne con una mano il figlio Achille afferrandolo per la cintura e con l’altra diede una spintarella al povero Protesilao affinché sbarcasse per primo.
Fregio orientale del Tesoro dei Sifni, Greci e Troiani combattono intorno al corpo di un eroe morto, particolare centrale, 525 a.C. – Museo di Delfi, Grecia – Foto: Giorgio Manusakis
Laodamia, ad ogni buon conto, da fresca sposa dolcemente innamorata, per rendere meno triste l’assenza del marito, prima che Protesilao partisse si era scolpita una statua di cera che lo riproduceva: “Tuttavia, finché come soldato impugnerai le armi in una terra lontana, ho con me un’immagine di cera, che riproduce il tuo volto: a lei rivolgo tenerezze, a lei le parole destinate a te, è lei a ricevere i miei abbracci.” (Ovidio – Eroidi Lettera XIII Laodamia a Protesilao). L’immagine di cera purtroppo le fu di poca consolazione quando seppe che l’uomo appena sposato era morto a Troia. Laodamia allora supplicò gli dei affinché le concedessero altre tre ore con l’amato. Protesilao, dal canto suo, fece la medesima richiesta a Ade nel regno dei morti e, alla risposta negativa del dio, il quale disse che mai era stata fatta simile concessione, Protesilao ribatté che non era vero: “Ti farò ricordare io, Plutone: ad Orfeo, per questo stesso motivo, consegnaste Euridice, e, per far piacere ad Eracle, lasciaste stare Alcesti, che era della mia stessa stirpe.” (Luciano di Samosata – I dialoghi dei morti XXVIII-3). A queste parole si aggiunse il parere favorevole della moglie di Ade, Persefone, e a Protesilao fu dunque concessa un’ultima visita all’amata Laodamia. Apollodoro nell’Epitomeci racconta cosa accadde in quell’ultimo incontro dei due innamorati:“Quando Laodamia lo vide, pensò che il suo sposo fosse tornato da Troia, e ne fu felice: ma quando Protesilao dovette tornare nell’Ade, Laodamia si uccise.” (Apollodoro – Epitome 3 vv.239-243).
Secondo altre fonti Zeus, in seguito alle preghiere di Laodamia, si sarebbe commosso e avrebbe dato disposizioni ad Hermes di liberare l’ombra di Protesilao affinché questa animasse la statua di cera. Per bocca di questa Protesilao supplicò Laodamia di seguirlo nell’Ade allo scadere delle tre ore e lei si pugnalò tra le braccia della statua. Secondo un’altra versione ancora, Acasto costrinse la figlia a risposarsi, ma Laodamia, fedele al suo amato Protesilao, trascorreva le notti insieme alla statua di cera, finché non la vide un servo il quale, scambiandola per un uomo, riferì ad Acasto del tradimento della figlia; ma quando il re entrò nella stanza e trovò la statua con le sembianze di Protesilao, pensando di evitare ulteriori sofferenze alla figlia, ordinò di bruciare la statua nel fuoco, ma Laodamia si gettò tra le fiamme pur di non abbandonare Protesilao e vi perì raggiungendo il suo amato nel regno dei morti (Igino – Miti 103/104). Si narra che Protesilao sia sepolto a Eleo, una città del Cheroneso tracico, e che lì vi siano dei grandi olmi piantati dalle Ninfe affinché ombreggino la sua tomba; e si narra che i rami di questi olmi che guardano verso Troia germoglino rapidamente e perdano le foglie con la stessa rapidità, mentre gli altri rami sono invece coperti di verdi foglie per tutto l’inverno. Il mito prosegue aggiungendo che gli olmi che si innalzano fino al punto da poter far scorgere Troia dalle loro cime, si disseccano e nuovi germogli nascano dalle radici. (Plinio il Vecchio, Storia naturale – Quinto Smirneo, I/VII/406-411).
Il prossimo amore mitologico ci porterà in viaggio nientemeno che nell’Ade, il regno dei morti!
Guerriero cd. Protesilao, copia del II sec.d.C da originale greco di metà IV sec.a.C. – Museo Archeologico Nazionale di Napoli – Foto: Giorgio Manusakis