Immagine tratta dal videoclip ‘Livido‘, di Marco Gabess

Sono ormai all’ordine del giorno episodi di violenza domestica e di genere, in cui sono vittime quasi esclusivamente donne. Basti pensare che secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) la violenza contro le donne è uno dei principali problemi di salute pubblica: nel mondo 1 donna su 3 ha subìto violenza sessuale o fisica nel corso della propria vita. La cosa che preoccupa è che il dato, probabilmente sottostimato, è in crescita e sono sempre di più le persone che subiscono violenza soprattutto, ma non solo, all’interno delle mura domestiche. Al di là dei fatti più eclatanti, che sono oggetto di cronache giornalistiche, nella vita di tutti i giorni, in molte famiglie, non solo nei contesti più degradati, si consumano atti di violenza che rimangono nell’oblio perché molte volte  le vittime non denunciano quanto sofferto per paura o per vergogna ma,  talvolta, anche perché non si rendono conto di subire un trattamento iniquo da parte della persona dalla quale dipendono dal punto di vista economico, ma anche affettivo, emotivo e psicologico.

Quando ci si trova in una condizione di sottomissione?

La prima cosa utile, per una persona che vive momenti di forte contrasto in famiglia o con il compagno, è saper riconoscere il momento in cui le situazioni stanno travalicando i limiti di una civile e paritaria dialettica, per sfociare in una violenza gratuita, feroce e prevaricatrice, in poche parole che cosa è un abuso e come si manifesta.

L’art.3 lett.b della Convenzione di Istanbul del 11/05/2011 afferma che la violenza domestica o di genere può essere definita come “qualsiasi forma di abuso fisico, sessuale, psichico, o anche economico, finalizzati al controllo emotivo di una o più persone parte del nucleo familiare e non”. Viene da sé che esso va riferito alla violenza sulla compagna (assai raramente l’uomo), quella sui figli e persino su altri conviventi che, per scelta o necessità, come nonni o nipoti, vivono all’interno della famiglia.

Più in generale, invece, nella violenza fisica, in modo semplificato, vanno compresi tutti quei comportamenti che hanno lo scopo di fare del male o spaventare una persona. Gli atti di violenza fisica comprendono, quindi, tutti quei comportamenti che si concretizzano in manifestazioni materiali di aggressione più o meno brutali. In tali tipologie vanno incluse, però, anche quelle condotte successive che si sostanziano in atti intimidatori allo scopo di incutere paura.

L’OMS ha individuato, oltre a quella fisica, altre tre forme di violenza: quella sessuale, quella psicologica e i comportamenti controllanti.

La violenza sessuale si sostanzia in ogni forma di coinvolgimento del partner in attività sessuali senza il suo reale consenso. La precisazione non è banale, poiché la vittima, in molti casi, è indotta a considerare doveroso accettare una condotta impositiva a subire una qualsiasi pratica sessuale, anche se non voluta.

La violenza psicologica, o anche “violenza emotiva”, è una forma di violenza subdola, poiché l’autore pone in essere atti, come l’umiliazione, l’intimidazione, gli insulti, o anche la tortura, per costringere il familiare a rimanere in uno stato di soggezione.

I comportamenti controllanti si concretizzano, invece, in una serie di tattiche che tendono a limitare la libertà e l’autonomia del congiunto, come ad esempio l’isolamento familiare, l’allontanamento dagli amici, ma anche la limitazione della indipendenza economica e ostacoli di accesso all’istruzione.

Fatta tale doverosa, anche se sintetica, premessa, necessaria per comprendere se si è vittima di violenza domestica, vediamo ora quali sono gli strumenti a disposizione per contrastare il fenomeno, che determina conseguenze personali e familiari molto gravi per le vittime.

Foto: Menandros Manousakis

La Legislazione in materia di violenza domestica e di genere – la legge 69/2019

In Italia, come generalmente in altri paesi, tutte le forme di maltrattamento e violenza sono considerate reato e per questo il codice penale e le leggi speciali prevedono specifiche norme per punire tali condotte e tutelare le vittime, che il giudice applica alle diverse fattispecie sottoposte alla sua valutazione. 

Con la Legge 19 luglio 2019, n. 69, definita “Codice rosso” è stato fatto, però, un ulteriore, deciso, passo in avanti per colpire con determinazione tali condotte, in quanto ha introdotto nuove tipologie di reato e previsto un iter più veloce di instaurazione dei procedimenti penali connessi e, conseguentemente, la pronta adozione di provvedimenti a protezione delle vittime. In sintesi, si tratta di una legge che nei suoi 21 articoli non si limita a individuare i reati specifici in cui si sostanzia la violenza domestica, ma che prevede anche un inasprimento delle sanzioni per tutti gli atti in cui essa si manifesta, compresi lo stalking e la violenza sessuale.

Al di là degli ulteriori interventi sul codice penale, mediante modifiche di articoli riguardanti diversealtre fattispecie delittuose relative ai reati contro la famiglia e quelli contro la persona (artt. 556-623 bis c.p.), i cui contenuti sono stati ampliati e le cui sanzioni sono state inasprite, va sottolineato come la legge 69 si sia posta il precipuo problema di punire, sì, l’autore delle violenze, ma soprattutto di tutelare le vittime di tali reati, prevedendo anche le modifiche dei termini per proporre querela, ampliandoli (dove prevista tale condizione di procedibilità), e più snelle procedure processuali. Le modifiche introdotte anche recentemente, peraltro, consentono l’applicazione di misure di prevenzione e cautelari personali, in modo da impedire, ai primi segnali, che un’excalation di violenza possa portare a più gravi conseguenze. Basti considerare la misura cautelare del “divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla parte offesa” con la previsione dell’utilizzo di mezzi di controllo elettronici (braccialetto elettronico) per garantirne il rispetto. Altra misura di tutela della parte offesa è certamente connessa all’obbligo di comunicazione, alla vittima e al suo difensore, in caso di scarcerazione, evasione o cessazione dell’applicazione della misura cautelare e di sicurezza.

L’ultimo intervento normativo per rendere più efficiente la lotta ai reati in questione è degli inizi di settembre di quest’anno con la legge 122/2023. Le norme approvate in via definitiva dal Parlamento introducono una sorta di controllo gerarchico sul Pubblico Ministero, prevedendo un’ipotesi di avocazione delle indagini preliminari da parte del Procuratore Generale presso la Corte d’appello quando, nei casi di delitti di violenza domestica o di genere, il Pubblico Ministero non senta la persona offesa entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato.

Strumenti a disposizione del cittadino

Fin qui abbiamo parlato di quella che è la normativa teoricamente finalizzata a impedire e reprimere le condotte delle persone violente in ambito familiare e non, ma è forse altrettanto opportuno e utile andare a tracciare la strada che può essere seguita per uscire da tali situazioni.

Sul territorio ormai operano diverse associazioni che si rendono disponibili all’ascolto e all’aiuto delle persone in difficoltà perché vittime di violenza, e le stesse amministrazioni, come nella città di Napoli, hanno attivato Centri Anti Violenza, più noti come CAV, con reperibilità h24 al nr. 3509742562 che, dislocati sul territorio, con l’ausilio di figure professionali ad hoc, offrono ascolto, orientamento ai servizi, sostegno psicologico, supporto legale e accoglienza.

Tuttavia, oltre ai numeri di emergenza 112 e 113 di Carabinieri e Polizia, un ruolo veramente essenziale è svolto dal numero nazionale di pubblica utilità, forse non da tutti conosciuto, che è il 1522, attivato nel 2006 dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, allo scopo di contrastare il fenomeno della violenza intra ed extra familiare a danno delle donne, ma che, col passare del tempo, ha ampliato il suo raggio di azione sostenendo in generale  le vittime di violenza domestica e di stalking, favorendo, altresì, l’emersione di un fenomeno sottostimato.

Il 1522, numero verde gratuito da telefono fisso e mobile, svolge la sua azione 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno, con accoglienza non solo in italiano, ma anche in inglese, francese, spagnolo, arabo, farsi (lingua ufficiale in Iran, in Afghanistan, accanto al pashtu, e in Tajikistan), albanese, russo ucraino, portoghese e polacco, garantendo anche l’anonimato del denunciante. Il primo contatto diretto della vittima con le operatrici è destinato a svolgere un ruolo fondamentale per una prima risposta mirata ad offrire informazioni necessarie alla individuazione dei servizi socio-sanitari pubblici e privati sul territorio e, in casi di emergenza, per l’avvio di procedure condivise con le Forze di Polizia.

Foto: Menandros Manousakis

Conclusioni

Quanto fatto, però, pare ancora non bastare a far emergere il fenomeno nella sua reale dimensione e, soprattutto, a contenerlo.

Per tale motivo proprio da pochi giorni, anche a seguito del brutale, recente, femminicidio di  Giulia  Cecchettin, è stato approvato dal parlamento, con modifiche e all’unanimità, un ddl del Governo contenente un pacchetto di misure che punta a rafforzare il ‘Codice Rosso’ e che mira a rendere ulteriormente funzionali, implementandoli, gli strumenti di lotta alla violenza domestica e di genere come l’arresto in flagranza differita per chi viene scoperto, anche attraverso video, foto o per via telematica, a maltrattare, molestare o perseguitare con atti di stalking le donne, l’ammonimento, il braccialetto elettronico, la distanza minima di avvicinamento e la loro applicazione ai cosiddetti ’reati spia’ (lesioni personali, violenza sessuale, violenza privata, minaccia grave, diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, violazione di domicilio).

Tutte le misure ipotizzate ben si prestano ad una più efficace lotta ai fenomeni di violenza contro le donne e i familiari, ma per renderle effettive sarà necessario il verificarsi di due condizioni: dare certezza al principio di effettività della sanzione penale, perché purtroppo non sono isolati i casi di femminicidio e violenza nei quali la pena comminata al colpevole ha poi avuto significative riduzioni a seguito di misure premiali che, a parere di chi scrive, dovrebbero essere escluse o molto limitate per i reati di violenza sulla persona come quelli in questione se aggravata dai futili motivi, dalla crudeltà, dalla premeditazione, ecc. Le vittime di violenza e i loro familiari, ma direi la società tutta, hanno necessità di avere contezza dell’esistenza di un sistema giustizia efficace, che punisce in modo adeguato chi sbaglia, pur mirando alla sua riabilitazione. Solo così può essere incoraggiata quella fiducia nelle istituzioni necessaria alla implementazione delle denunce, unico strumento in grado di portare allo scoperto un fenomeno di gran lunga più ampio di quello che si legge dai numeri statistici di oggi.  

C’è poi l’urgenza di attivare una sinergica campagna di sensibilizzazione sociale a scopo preventivo, anche attraverso il coinvolgimento delle istituzioni scolastiche e dei media, mirata non solo a educare giovani e meno giovani al rispetto delle donne e del diverso, ma anche a far conoscere alle potenziali vittime, con programmi specifici, portati avanti da figure professionali con adeguata formazione, gli strumenti di tutela su cui possono contare sin dai primi momenti. Solo così potranno essere formati i cittadini e svegliate anche le coscienze di coloro che, anche per caso, vengono a conoscenza di situazioni particolari ma tacciono per paura o indifferenza.

Foto: Menandros Manousakis

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