Villa di Civita Giuliana, Ambiente “A”, il letto – Foto: Ufficio stampa Parco archeologico di Pompei

Dalla villa romana situata in località Civita Giuliana, stanno emergendo informazioni molto interessanti in merito alle condizioni di vita di un ceto sociale, come quello degli schiavi, poco trattato sinora negli studi storico-archeologici su Pompei e sul mondo romano

Una delle ville più importanti dell’ager pompeianus

Pompei rappresenta sin dal Settecento, quando hanno avuto inizio le prime ricerche sistematiche, una straordinaria miniera di tesori archeologici. Tale considerazione non riguarda solamente il territorio racchiuso all’interno delle sue mura ma anche quello esterno ad esse, che in latino si può definire con l’espressione ager pompeianus. Proprio in tale contesto, la località Civita Giuliana, situata a circa 700 metri dal settore nord-ovest delle fortificazioni dell’antica città, interessata per lungo tempo dallo scavo e dal saccheggio di tombaroli, ha restituito, attraverso scavi iniziati nel 2017 e condotti in sinergia tra il Parco Archeologico di Pompei e la Procura di Torre Annunziata, testimonianze di grande valore. Il sito, in realtà, era stato già minimamente investigato tra il 1907 ed il 1908 allorquando era di proprietà della famiglia Imperiali. Circa il 25% dei reperti venuti alla luce durante tali indagini, in base alla legislazione vigente all’epoca, fu portato all’Antiquarium di Pompei, venendo però distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Il restante 75%, invece, fu venduto dalla stessa famiglia proprietaria del fondo sul mercato antiquario internazionale.

I precedenti rinvenimenti all’interno della villa

Gli scavi recenti condotti nel sito suburbano hanno permesso anzitutto di appurare la presenza di una villa romana, dal cui interno sono stati rinvenuti già nel 2018 i resti di tre cavalli ed all’inizio del 2021, in un’area porticata, un carro cerimoniale a quattro ruote, in legno e ferro, riconducibile alla tipologia del pilentum, decorato con borchie e medaglioni aventi immagini a rilievo di Amorini, Satiri e Ninfe (il carro è attualmente in mostra alle Terme di Diocleziano di Roma). Tutti questi ritrovamenti sono stati riprodotti nelle loro fattezze originarie mediante la realizzazione di calchi. Tale tecnica, presa in prestito dalla numismatica, fu introdotta a Pompei nella seconda metà dell’Ottocento dall’allora direttore degli scavi, Giuseppe Fiorelli. La sua applicazione prevede la colatura di gesso liquido all’interno degli spazi vuoti presenti nella stratificazione archeologica. In seguito all’indurimento di tale materiale fluido è possibile di conseguenza rivedere le forme originarie di oggetti, suppellettili e persino corpi e volti umani. Questi ultimi spesso hanno restituito una particolare sofferenza provata negli ultimi istanti di vita e legata alla drammaticità dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.

Le indagini nel sito di Civita Giuliana hanno inoltre permesso di rinvenire nel novembre 2021 una stanza, denominata come ambiente C, le cui pareti, realizzate in opus reticulatum, sono apparse prive di intonaco, ad eccezione dello spazio limitrofo all’unica finestra esistente. Sempre al suo interno sono riemerse tre brande che per la loro poca comodità, in quanto non munite di materasso, si presume che dovessero appartenere alla servitù dei proprietari della residenza. Secondo l’equipe di archeologi al lavoro nel sito, coordinata dal direttore Gabriel Zuchtriegel, tali letti, uno dei quali, essendo meno lungo (circa 1,40 m), doveva appartenere ad un bambino, sarebbero afferenti alla tipologia del cosiddetto grabatus. L’ambiente in questione, pertanto definito ‘stanza degli schiavi’, ha inoltre restituito una serie di vasi all’interno dei quali sono ancora in corso veri e propri micro-scavi. Tali minuziose ricerche hanno fornito interessanti dati bioarcheologici. In una delle sei anfore qui rinvenute, sono emersi infatti i resti di due topi che, attratti forse dalla presenza di semi di grano o di altro materiale organico, non sarebbero riusciti poi a riemergere fuori dal contenitore ceramico durante l’eruzione del 79 d.C. Da una brocca, invece, sono venuti alla luce i resti di un ratto nero, appartenente ad una razza originaria dell’Asia ma già ampiamente documentabile nella Pompei di I secolo d.C. Anche in questo caso il roditore, attirato dal liquido qui presente, non avrebbe avuto modo di salvarsi dalla furia di uno dei flussi piroclastici abbattutisi sulla residenza. Da questi dati appare evidente come le condizioni igieniche in cui vivevano gli schiavi operanti nella villa non fossero di certo fra le migliori.

Villa di Civita Giuliana, Ambiente “A”, mobili e oggetti – Foto: Ufficio stampa Parco archeologico di Pompei

I nuovi reperti dall’ambiente A

Nel 2023, le indagini del gruppo di lavoro di Civita Giuliana si sono concentrate in una nuova zona della villa rappresentata dal cosiddetto “ambiente A”. Anch’esso, come il già menzionato C, doveva essere abitato e vissuto da membri della locale servitù. La sua funzione al momento sembra essere sia quella di una stanza da letto che di un ripostiglio. Al suo interno sono stati rinvenuti, infatti, due armadi, in parte ricostruiti mediante l’esecuzione di calchi; uno scaffale a L, sul quale erano poggiati coppe, piatti ed altri oggetti in ceramica, ed attrezzi di ferro, come ad esempio una zappa. Riguardo ai due letti qui rinvenuti, se uno di essi è apparso del tutto simile, come tipologia strutturale, ai grabatii recuperati nel suddetto ambiente C, l’altro invece risulta di fattura diversa e più accurata. Il giaciglio, infatti, risulta munito di una spalliera, su parte della quale gli scopritori hanno anche riscontrato tracce di colore rosso.

Secondo il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, le ricerche nel sito di Civita Giuliana continueranno a svelare altre grandi sorprese e ad arricchire le conoscenze su un mondo, come quello della schiavitù nel mondo romano, finora poco trattato. Un mondo che, almeno nel contesto in oggetto, non doveva essere caratterizzato da vincoli e barriere, come catene e grate metalliche, ma da una serenità e da una reciproca solidarietà basata su chiare regole e gerarchie. A tal proposito, una delle ipotesi formulate dallo stesso Zuchtriegel e dagli archeologi coinvolti negli scavi afferma che in questa comunità servile vi sarebbe stato un membro più influente e più anziano, al quale forse sarebbe spettato il suddetto letto a spalliera e che avrebbe svolto un importante ruolo di raccordo con la famiglia proprietaria della residenza. Infine, secondo quanto affermato da Zuchtriegel, in attesa che si completi il quadro delle informazioni relative al sito con il proseguimento degli scavi, a partire dal prossimo autunno sarà dedicata alla villa di Civita Giuliana una specifica sezione dell’Antiquarium di Boscoreale.

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