Michele Desubleo, ‘Ulisse e Nausicaa’ (post 1654) – Olio su tela – Napoli, Museo di Capodimonte – Foto: Giorgio Manusakis
Il cavallo di Troia
Torniamo sotto le mura di Troia e veniamo al più famoso degli inganni di Ulisse: il cavallo di Troia. Tutti ne conoscono il mito e tutti sanno che, grazie a questo inganno, i Greci espugnarono Troia dopo dieci lunghi anni di guerra. Ma non tutti sanno che l’ispirazione di costruire il famoso cavallo per ingannare i Troiani, Atena non la diede al suo protetto Ulisse, bensì a Prilide; fu lui, infatti, secondo alcune versioni, a proporre l’idea di costruire un cavallo per oltrepassare le mura di Troia ed Epeo, figlio di Panopeo, si offrì di costruirlo sotto la direzione di Atena in persona. Ulisse poi, da furbo qual era, ne rivendicò la paternità quando fu ospite di Alcinoo, re dei Feaci, così come si racconta nell’Odissea. Ma, sempre restando all’episodio del cavallo di Troia, Ulisse perfezionò l’inganno dando istruzioni affinché le tende fossero bruciate e le navi simulassero la partenza restando nascoste al largo di Tenedo e lasciando il solo Sinone a completare l’inganno. Vale la pena spiegare che anche Sinone era un ‘valido bugiardo’ di degna discendenza, essendo cugino di Ulisse e nipote di Autolico. Sapendo ciò, si può più facilmente comprendere perché il furbo re di Itaca scelse proprio lui per il suo astuto piano. Sinone, infatti, si fece trovare sulla spiaggia dai Troiani e raccontò loro, come suggeritogli dallo scaltro cugino, di essere a conoscenza del segreto della morte di Palamede e che perciò Ulisse aveva tentato di ucciderlo usando come pretesto una profezia di Apollo. Quest’ultima, infatti, diceva che il dio non li avrebbe fatti partire se non fosse stato effettuato un altro cruento sacrificio umano come quello già consumato di Ifigenia in Aulide al momento della partenza dalla Grecia. Sinone, quindi, disse ai Troiani che Ulisse lo aveva proposto come vittima del sacrificio al fine di eliminare un testimone scomodo; poi continuò il falso racconto suggeritogli dal cugino Ulisse, dicendo di essersi salvato grazie al vento improvvisamente propizio e alla confusione che ne era seguita per la precipitosa partenza delle navi dei suoi, ormai ex, compagni.
Francesco Hayez, ‘Ulisse alla corte di Alcinoo’ (1814-16) – Olio su tela – Napoli, Museo di Capodimonte – Foto: Giorgio Manusakis
Priamo, a questo punto, iniziò a credere alle parole di Sinone e gli chiese ulteriori informazioni circa il cavallo costruito. Sinone spiegò, sempre seguendo l’astuto piano del re di Itaca, che dopo il furto del Palladio, perpetrato proprio da Ulisse, lo stesso Palladio aveva iniziato a trasudare e per ben tre volte era andato in fiamme, quindi l’indovino Calcante, interpretando ciò come risultato della collera di Atena, aveva consigliato di tornare in Grecia lasciando un dono propiziatorio alla dea, per l’appunto il cavallo famoso. Ma le bugie che Ulisse aveva ordinato di dire a Sinone in merito al cavallo non finiscono qui: infatti Priamo, sempre più convinto da Sinone, gli chiese perché fosse stato costruito così grande e questi rispose che i Greci non volevano che il cavallo entrasse nelle mura di Troia, perché Calcante aveva predetto loro che se il simulacro fosse entrato nella città di Troia, essa avrebbe esteso il suo potere in Asia e in Grecia, mentre se lo avessero profanato sarebbero stati distrutti da Atena stessa. Le parole di Sinone sembravano aver completamente convinto Priamo, ma non convinsero il sacerdote troiano Laocoonte, il quale sembra si fosse accorto che in esse vi era l’astuzia di Ulisse, al punto che esclamò: “Queste sono bugie e suonano come se fossero state inventate da Odisseo”. Quindi consigliò al suo re di lasciargli sacrificare un toro a Poseidone e di bruciare il cavallo. E così sarebbe andata se non fosse intervenuto Apollo, il quale inviò due serpenti dal mare; questi, dopo aver ucciso i due figli di Laocoonte e Laocoonte stesso, si posizionarono ai piedi della statua di Atena nella Cittadella troiana; questo intervento divino convinse i Troiani che Sinone aveva detto il vero e l’inganno di Ulisse riuscì perfettamente, come tutti sanno.
Nella prossima puntata vi racconteremo di come Ulisse ingannò anche gli dèi.
Laocoonte viene attaccato dai serpenti di Atena mentre sta sacrificando il toro bianco a Poseidone – Affresco rinvenuto a Pompei, Casa di Laocoonte – Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN) – Foto: Giorgio Manusakis