Un momento dell’evento – Foto: Matilde Di Muro

Lunedì 30 ottobre 2023, a Napoli, è stata commemorata la regina Maria d’Ungheria (1257?-1323), a 700 anni dalla sua morte. Moglie del re Carlo II d’Angiò, giunse a Napoli a soli tredici anni e divenne madre di ben quattordici figli tra cui Roberto, successivo re di Napoli, e il francescano Ludovico, vescovo di Tolosa prima e, poco dopo la sua prematura morte, fatto santo. Presso la chiesa trecentesca di Donnaregina Vecchia, in un bellissimo monumento sepolcrale realizzato per la regina dallo scultore d’eccezione Tino di Camaino, sono custodite le sue spoglie, la cui presenza è stata confermata da una recente indagine. In effetti, il legame della regina con questo complesso monastico fu profondissimo: fu lei a farlo ricostruire, dopo la sua distruzione a causa di un rovinoso terremoto del 1293, chiamando le maggiori maestranze dell’epoca. Da lei fu sostenuto e stabilmente frequentato il monastero tenuto dalle monache clarisse ed è qui che scelse di ritirarsi a vita monastica e di riposare dopo la sua morte. Visse tutti i fondamentali avvenimenti della storia di Napoli a cavallo tra ‘200 e ‘300 e ne fu testimone dando esempio di grande fede, forza e dedizione e facendo, di questa città, un elemento attrattivo di arte e cultura.

Per l’occasione dei 700 anni dalla sua morte, l’università di Napoli L’Orientale, il Museo Diocesano di Napoli e l’Accademia di Ungheria a Roma hanno organizzato, nella stessa giornata, presso la Sala del Capitolo del Complesso Monumentale San Domenico Maggiore, una Giornata di studi in ricordo della Regina a testimonianza dei profondi e antichi rapporti storico-culturali esistenti tra Napoli e l’Ungheria.

In particolare, il Complesso monumentale Donnaregina-Museo Diocesano di Napoli, che custodisce il Sepolcro della Regina, ha organizzato, grazie al lavoro attento e appassionato di mons. Adolfo Russo, direttore del suddetto complesso museale, durante tutto l’arco di quest’anno, una serie di giornate a lei dedicate tra cui quelle del 25 marzo e quella del 2 luglio di cui è possibile leggere il racconto in https://rivistanaos.it/quando-larte-e-un-mezzo-piu-che-un-fine/ disponibile nella sezione Eventi nel Nr.3 di questa stessa rivista.

A conclusione di queste commemorazioni, nella serata dello scorso lunedì 30 ottobre, si è tenuto un concerto di musiche medievali del coro ungherese Sant’Efrem presso la chiesa di Santa Maria Donnaregina Nuova.

Si è trattato di un evento di grande prestigio a cui erano presenti S.E. János Csák, Ministro della Cultura e dell’Innovazione ungherese, S.E. Gennaro Sangiuliano, Ministro della Cultura, S.E. Ádám Zoltán Kovács, ambasciatore di Ungheria a Roma, Dr. Gábor Kudar, direttore dell’Accademia d’Ungheria in Roma e mons. Adolfo Russo, direttore del Museo Diocesano Donnaregina di Napoli.

Per espresso desiderio di quest’ultimo, tra i partecipanti all’evento vi era anche il prof. Giuseppe Russo, attuale presidente dell’Associazione scientifica Nemeton ODV accompagnato da una numerosa ed entusiasta rappresentanza di membri della suddetta associazione. La loro presenza, costituita da specialisti medici e psicoterapeuti laici ispirati dall’esempio inclusivo di Vita Cristiana e di San Francesco di Assisi, era in perfetta sintonia con lo spirito di carità che ha caratterizzato la figura di Maria D’Ungheria e la storia di quei luoghi.

L’intervento del ministro Sangiuliano

L’evento ha avuto inizio con gli interventi di alcune di queste autorità tra cui quello di mons. Adolfo Russo che ha accolto tutti i presenti con affetto e l’orgoglio di chi ricopre, in quel luogo, un ruolo tanto importante, quale direttore Diocesano del Museo Donnaregina, con grande competenza e dedizione.  Il ministro Sangiuliano nel suo discorso si è espresso dicendo che: “Maria d’Ungheria è il simbolo dei legami storici tra Italia e Ungheria e un modello di regnante attento alla cultura e al benessere del popolo. Contribuì a rendere Napoli uno dei principali centri di irradiazione della cultura del suo tempo e la sua visione ci ispira ancora oggi”.

A seguire, c’è stata l’esibizione del coro maschile Sant’Efrem, specializzato in musica cristiana di tradizione bizantina. La prestigiosa e monumentale chiesa seicentesca, ricca di inestimabili capolavori di artisti del calibro di Francesco Solimena e Luca Giordano, è stata luogo ideale per riprodurre un’atmosfera unica e suggestiva. Lo spazio longitudinale, occupato dagli ospiti, era immerso in una luce soffusa mentre nella zona presbiteriale sopraelevata, giustamente illuminata, si è esibito il complesso di sole voci maschili accompagnato, nel suo repertorio corale, dal suono sapientemente coordinato e ritmato di campanelli a mano, di un flauto e un tamburello. Inni bizantini e gregoriani, antichi canti di pellegrinaggio medievali, canti pasquali e preghiere ci hanno trasportato in epoche lontane. Voci sottili e armoniche hanno ricreato antiche atmosfere musicali che si sono ben coniugate ad un luogo denso di storia e tradizione tanto da celebrare una grande figura femminile la cui memoria ha unito due Paesi geograficamente così lontani.

Un momento della suggestiva esibizione canora

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