Foto (modificata): Menandros Manousakis

Prodotto da CJ ENM, Killer Films, 2AM e A24, il primo lungometraggio della regista nata in Corea del Sud centra la candidatura a due premi Oscar.

Dopo una brillante carriera teatrale Celine Song, regista nata in Corea del Sud e poi emigrata in Canada da bambina, debutta nel mondo del cinema regalandoci un’esperienza cinematografica notevole. La storia è autobiografica ed è estremamente lineare: Nora (Greta Lee) e Hae Sung (Teo Yoo), entrambi dodicenni, sono due amici che vivono in Corea del Sud. Tra i due giovani nasce una storia d’amore che viene troncata bruscamente dal trasferimento della famiglia di Nora in Canada. Dodici anni più tardi, scopriamo che Nora si è trasferita a New York dove è diventata una scrittrice. Un giorno, un po’ per gioco, Nora scopre che Hae Sung ha cercato di rintracciarla e decide così di mettersi in contatto con lui tramite social network. Hae Sung non ha mai abbandonato la Corea del Sud ed è uno studente di ingegneria che vive con i suoi genitori. I due iniziano un’amicizia a distanza fatta di lunghe videochiamate sempre più frequenti fino a quando, a causa dell’enorme distanza fisica che li separa, decidono di interrompere i contatti. La narrazione compie un salto temporale di altri dodici anni. Nora è sposata con Arthur e vive ancora New York; Hae Sung ha da poco interrotto una relazione e vive in Corea. Le vite dei due si intrecciano nuovamente quando Hae Sung, apparentemente per un viaggio di piacere, decide di andare a trovare Nora a New York. Past Lives è un film che non lascia spazio al melodramma ma racconta la storia di due essere umani che, nelle loro fragilità e nelle loro incertezze, navigano la vita. L’interrogativo su cui si basa il film, e su cui un po’ tutti ci poniamo domande, è: “e se le cose fossero andate diversamente?” Cosa sarebbe successo se Nora non avesse mai lasciato la Corea del Sud o se Hae Sung dodici anni prima avesse raggiunto Nora a New York? Tutte queste sono domande a cui ovviamente non c’è risposta perché la realtà dei fatti è ben distante da queste ipotesi. Ed è proprio questo il senso di Past Lives: è la distonia tra ciò che è e cosa sarebbe potuto essere, è quel processo mentale che porta lo spettatore a chiedersi se l’immaginazione non sia forse meglio della realtà per poi approdare alla conclusione che, dopo tutto, ciò che conta è l’immanenza, è il “qui e ora”. Per quanto possiamo riflettere su ciò che è stato o ciò che avrebbe potuto essere, alla fine è lo scontro con la realtà il nostro metro di giudizio e se siamo finiti in un determinato luogo con una determinata persona, forse abbiamo voluto così o semplicemente, come nel caso di Nora, è accaduto e basta. Past Lives non è la classica storia d’amore ma è un viaggio temporale fatto di intrecci tra vari universi che spesso si confondono e si sovrappongono. È la storia della vita di tante persone raccontata senza pathos e senza la classica retorica melensa che spesso, e mi sento di aggiungere purtroppo, caratterizza questo tipo di film. La sua essenza si trova nel concetto buddista dello “in yun” per cui, se due persone si sposano, è perché nelle loro vite precedenti hanno accumulato ottomila strati di in yun. In questo caso l’in yun, come dice anche Hae Sung, è tra Arthur e Nora e i due protagonisti, seppur legati da un sentimento che va oltre l’amicizia, non sono fatti per stare insieme in questa realtà. Nasce così una serie di realtà potenziali in cui tutti i personaggi si trovano e si mescolano ma che, appunto, non sono la realtà. Le sequenze, a volte lente a volte veloci, tessono il filo di una trama più ampia e consentono allo spettatore di immedesimarsi nella storia. L’ambiente che circonda i protagonisti è scelto con estrema cura ed è parte integrante della storia poiché ciò che vediamo attorno agli attori rispecchia a pieno le loro emozioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *