Isola del Giglio – Il porto – Foto: Stefania Rega

Le bellezze dell’isola del Giglio

L’Italia non possiede solo coste di incomparabile bellezza ma è punteggiata di isole e isolette che creano scenari dal fascino irresistibile. Da nord a sud, il litorale della penisola sembra a tratti rilasciare briciole del proprio territorio, come a tracciare un percorso di meraviglie. A parte le due grandi isole di Sicilia e Sardegna, il nostro mare ospita le Egadi in Sicilia, le Tremiti nell’Adriatico, le isole del Golfo di Napoli, ma anche l’isola d’Elba e Ustica. E non solo. In Italia possiamo vantare anche una foltissima schiera di isole lagunari nel Mar Adriatico, di isole lacustri nei laghi di molte regioni, dal Piemonte alla Calabria, e di isole fluviali, nel Po, nel Tevere, nel Piave e nell’Adda. E per non farci mancare nulla, possiamo annoverare tra le nostre meraviglie anche un’isola scomparsa: l’isola Ferdinandea. Emerse nel tratto di mare tra Sciacca e Pantelleria nel 1831, in seguito a un’eruzione vulcanica sottomarina, e raggiunse una superficie di 4 km2. Visse molto poco, in termini geologici meno di un attimo: a gennaio del 1832 le onde avevano già sgretolato la tefrite di cui era composta, un materiale roccioso facilmente erodibile dai flutti, ricacciandola là da dove era venuta.

In totale, il territorio italiano conta ben 800 isole, di cui circa 80 abitate. Tra queste, la deliziosa Isola del Giglio. Fa parte dell’Arcipelago Toscano che si distende in un’area piuttosto ampia alla confluenza tra il mar Ligure e il mar Tirreno.

Si raggiunge dopo una breve navigazione da Porto Santo Stefano. È un’isola in parte ancora selvaggia anche se, soprattutto nella zona portuale, la mano invadente dell’uomo è clamorosamente evidente negli edifici appoggiati letteralmente sulle rocce bagnate dalle onde. La sua economia si è sempre basata sull’agricoltura e l’allevamento. Non a caso, il nome Giglio deriva dal sostantivo greco che indicava la capra, Aigylion, il quale in latino diventò Igilium, ridotto a Gilium nel Medioevo.

Abitata fin dall’età del ferro, l’isola del Giglio fu terra etrusca e poi base marittima romana. Nel Medioevo, invece, fu possedimento di Perugia prima e Pisa poi, quindi passò alla potente famiglia dei Medici. Uno degli eventi più importanti della sua storia, e non in senso positivo, fu il saccheggio turco, il peggiore tra i tanti che nel corso dei secoli hanno infierito sul suo piccolo territorio. Il pirata Khayr al-Din Barbarossa la rase al suolo nel 1544, sterminando gli abitanti e deportando i 700 sopravvissuti come schiavi. I Medici la ripopolarono con famiglie dell’area senese.

Oggi, l’isola vive grazie a un discreto turismo e alla riscoperta delle quasi dimenticate tradizioni agricole.

La sua attrazione maggiore è senz’altro Giglio Castello. Si tratta del borgo posto più in alto sul livello del mare. Dal porto si raggiunge in una manciata di minuti con gli autobus di linea o con le vetture con conducente che accompagnano i turisti (di auto private se ne vedono ben poche in giro, per fortuna). Il borgo domina l’isola e il mare regalando panorami di grande bellezza. È circondato da imponenti mura difensive medievali, costruite dalla famiglia degli Aldobrandeschi nel breve periodo in cui fu proprietaria dell’isola e poi fortificate dai pisani. Nel corso dei secoli, le mura hanno subìto, come si diceva, innumerevoli attacchi ma anche successivi restauri, l’ultimo solo negli anni Ottanta del secolo scorso, grazie ai quali oggi, osservandole, possiamo avere la percezione di cosa significasse, in età medievale e rinascimentale, difendersi da nemici esterni. Percorrendo il camminamento che in alcuni tratti è rimasto inalterato, o superando la porta della Rocca che ne consente l’accesso proprio sotto la fortezza aldobrandesca, si avverte l’inquietudine che una piccola isola doveva patire durante i secoli in cui le popolazioni si spostavano non sui barconi ma con gli eserciti, e armati fino ai denti.

Il borgo è ricco di piccole botteghe artigianali dove si possono acquistare souvenir e negozietti che propongono cibo della tradizione isolana, tra stradine sinuose, improvvise e minuscole piazze – o più propriamente slarghi -, archi di pietra, pozzi, una chiesa, con il mare che all’improvviso fa capolino nella forma di una striscia azzurra orizzontale a tagliare la verticalità del borgo.

L’isola annovera tra i suoi monumenti anche la Torre del Saraceno, che accoglie i visitatori proprio alla bocca del porto, e la Torre del Campese, fatta costruire dai Medici per motivi difensivi e oggi residenza privata.

La cucina gigliese è tradizionalmente povera, basata sul regime alimentare dei contadini e dei pescatori. Il dolce tipico è il panficato, molto simile al più noto panforte senese. È una vera bomba calorica, da evitare se si vuole stare a dieta: fichi secchi, uvetta, noci, pinoli, mandorle, nocciole, buccia d’arancia, cannella, cioccolato, marmellata d’uva, tutto impastato in pagnotte dalle dimensioni di un grosso biscotto. E poi naturalmente il pesce: il caciucco e la palamita alla gigliese.

Ma non poteva mancare il vino. Fin dall’antichità i terrazzamenti ricavati sulle coste gigliesi sono stati piantati a vite. La qualità coltivata era l’Ansonica e la produzione era tale da garantire una regolare esportazione. A partire dagli anni Sessanta del Novecento la viticoltura è stata quasi totalmente abbandonata a favore di attività più specificamente turistiche. Per fortuna, negli ultimi decenni si è assistito a un ritorno alla viticoltura e ad un aumento esponenziale della produzione locale di vino. L’Ansonica del Giglio si può oggi gustare al bar, nelle cantine o direttamente nelle vigne.

Per gli appassionati delle tradizioni folcloristiche e religiose, il Giglio offre un appuntamento irrinunciabile. Il 15 settembre ricorre a Giglio Castello la festa del patrono San Mamiliano, di cui l’isola possiede solo il braccio, con la tradizionale processione, il Palio degli Asini e la quadriglia.

Naturalmente un’isola non può non fregiarsi anche del suo mare e delle sue spiagge. E il mare del Giglio ha tutte le caratteristiche migliori: limpidissimo, mite, verde smeraldo o azzurro. Le spiagge offrono una certa varietà. Si può scegliere una delle splendide spiagge sabbiose: quella del Campese, raccolta tra l’omonima torre e il Faraglione, o quella delle Cannelle, affacciata sul promontorio dell’Argentario. Oppure si può optare per la spiaggia dell’Arenella, più piccola e rocciosa. In alternativa, ci sono anche tantissime baie, insenature e calette raggiungibili solo via mare o a piedi.

L’Isola del Giglio è un luogo da visitare con discrezione, da accarezzare con lo sguardo o con una macchina fotografica, per chi è appassionato, ed è sicuramente un luogo da amare.

Il porto dell’isola del Giglio

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