Foto: Giorgio Manusakis

Trama

            Nel giorno della Vigilia di Natale del 1843, dopo essere uscito dal suo ufficio, Ebenezer Scrooge, un anziano banchiere che è tanto ricco quanto avaro, rifiuta l’invito del nipote Fred, figlio della sorella Fanny e suo unico parente in vita, a trascorrere la festa con lui e la sua famiglia. Cammin facendo per tornare a casa, guarda e risponde male a chi incontra per strada e gli fa gli auguri intonando un Canto di Natale.

Giunto sull’uscio di casa gli sembra di vedere il volto di Jacob Marley, il suo socio in affari che è morto sette anni prima proprio durante la Vigilia di Natale. Scosso, entra in casa e va a cenare, ma l’atmosfera lo inquieta ancora di più: sente il rumore di un carro funebre e di catene, poi vede oscillare una campanella, infine una porta si apre e gli appare il fantasma di Marley. Ha una catena con assegni, banconote e altre cose che in vita lo hanno allontanato dagli altri e che porta con sé ora che è condannato a vagare per il mondo senza poter vedere mai la luce di Dio. È questa la pena eterna a cui è condannato per aver vissuto di egoismo e ricchezza. Scrooge viene così avvisato della sorte che gli toccherà se continua a vivere per il denaro, ma non sembra molto turbato, nonostante compaiano pure i fantasmi di alcuni usurai. Prima di scomparire, il fantasma di Marley gli annuncia la visita di tre spiriti.

A Natale, all’una di notte, Scrooge viene svegliato dal primo, lo Spirito del Natale Passato. Con questo fantasma bianco che ha una corona di luce Scrooge ricorda quando, da bambino, orfano di madre, era stato mandato dal padre in collegio. È un bimbo triste, non ha amici, ha paura delle punizioni. Ma ama ancora il Natale. Ricorda la sorellina Fanny che lo rende felice con un abbraccio fraterno dopo avere convinto il padre a riprenderlo in casa. Ora, Scrooge comincia a provare rimorso per aver rifiutato l’invito del figlio di Fanny, Fred. Ricorda, poi, i tempi del suo apprendistato presso lo studio dell’anziano signor Fezziwig e la gioia provata a una festa organizzata da quest’ultimo. Scrooge prova ora rimorso pensando a come lui tratta il suo impiegato, Bob Cratchit, al quale dà uno stipendio da fame, pur costringendolo a rimanere in ufficio fino a tardi anche nei giorni di festa come la Vigilia di Natale e Santo Stefano. Infine, l’avido protagonista ricorda quando, ormai ricco e titolare di un suo studio con Marley, ha lasciato andar via la fidanzata, povera e senza dote dopo la morte dei genitori: da questo momento resta solo col suo denaro. Lo spirito fa vedere a Scrooge la sua vecchia fidanzata, ormai sposata da anni e madre di tanti figli, povera ma felice, mentre racconta che quando Marley era sul letto di morte neanche il suo vecchio amico Scrooge è andato al suo capezzale. Impaurito e preso dal rimorso, Scrooge fa sparire il fantasma e torna a dormire.

Ma nel cuore della notte viene svegliato dallo Spirito del Natale Presente, che somiglia a Babbo Natale e porta Scrooge a vedere come alcune persone trascorrano la festa senza denaro ma in pace. Osservano la famiglia di Bob Cratchit: la cena è povera ma nessuno si lamenta, neppure per la mancanza di medicine con cui curare il piccolo Tim, il figlio più piccolo, storpio e malato, che morirà presto se la loro situazione finanziaria non cambia permettendo di curarlo. Lo Spirito ripete le parole pronunciate da Scrooge per indicare come unica soluzione al problema della povertà: lasciare morire i poveri, “così diminuisce la popolazione in eccesso”.

Scrooge prova rimorso perché sa che Bob, pur lavorando onestamente, non guadagna abbastanza perché è lui stesso a concedergli una paga miserevole. Il fantasma gli mostra, poi, il Natale di un gruppo di minatori che intonano tutti insieme un canto natalizio, due guardiani di un faro che brindano, dei marinai su un bastimento in mezzo all’oceano che si scambiano gli auguri ricordando i propri cari, infine suo nipote Fred, che ricorda lo zio Scrooge assieme ai suoi amici e parenti, brindando alla sua salute, così come aveva fatto anche Cratchit.

Prima di morire lo spirito del Natale Presente apre la sua veste e mostra due bambini miserabili. Il bambino, che da adulto finirà in prigione in quanto è diventato un bandito, rappresenta l’Ignoranza, mentre la bambina, che da adulta sarà una prostituta con problemi mentali e verrà rinchiusa in un manicomio, rappresenta la Miseria. Lo spirito muore, mentre l’Ignoranza e la Miseria si trasformano in polvere.

Ormai solo nella nebbia, Scrooge vede arrivare lo Spirito del Natale Futuro, avvolto da un mantello e da un cappuccio nero da cui nulla fuoriesce, solo una mano scheletrica il cui dito indice lo guida al posto delle parole o dello sguardo. Sono nel Natale dell’anno successivo, il 1844. Ascolta dei dialoghi sulla morte di un vecchio molto tirchio e perciò odiato da tutti: due banchieri della City ne parlano con scherno; un povero padre, debitore del vecchio uomo, ne annuncia con sollievo la morte, poiché a chiunque saranno trasferiti i debiti, il futuro creditore sarà comunque più buono; la signora Dilber, sua anziana domestica, vende tutti i beni che ha potuto rubare al defunto, che è Scrooge stesso. Vede la sua tomba, visitata unicamente dal nipote Fred, che è comunque felice di poterne ereditare il patrimonio. Scrooge si pente di tutto ciò che ha fatto, giura di cambiare e chiede perdono, ma precipita comunque nella bara.

Scrooge si risveglia nel suo letto, dalla finestra si vede la luce del mattino, è Natale. Fa portare a casa di Bob Cratchit il più grosso tacchino in vendita in un negozio vicino casa. Quando esce per strada saluta, augurando a tutti un buon Natale. Incontra un uomo che gli aveva chiesto un contributo per i poveri e gli dona una grossa cifra di denaro. Va a casa di suo nipote Fred, dove trascorre il più bel Natale della sua vita. Il giorno dopo accoglie Cratchit in ufficio comunicandogli un generoso aumento di stipendio e mandandolo a comprare del carbone per riscaldarsi, infine lo invita a casa sua per parlare del futuro.

  Perché leggerlo

            È una favola gotica dalle descrizioni molto accurate, ricca di simbolismi e significati, che sono sempre attuali perché le società cambiano ma l’animo umano è sempre lo stesso. Scritto nel lontano 1843, Canto di Natale continua a infondere speranza e a denunciare l’inutilità della povertà a chi la vede come uno strumento utile al proprio arricchimento personale grazie allo sfruttamento dell’altro. La redenzione, termine a torto relegato alla sfera religiosa, è possibile e auspicabile per il bene nostro e dell’umanità, imbruttita da una povertà che non è tanto materiale quanto spirituale.

Lo spirito di ieri, di oggi e di domani trova mille modi per comunicare con ciascuno di noi. Per ascoltarlo e per conoscersi un po’ di più, dobbiamo cercare il silenzio e ascoltare la risonanza che certi eventi o parole hanno nel nostro cuore prima ancora che nella nostra mente. Dickens, criticando la teoria di Malthus che collega la diffusione della povertà alla pressione demografica, ci ricorda che i mali sociali si affrontano attraverso la rinascita morale dell’individuo, che non è un eroe, ma un uomo che commette errori alle cui conseguenze è possibile porre rimedio, se lo si vuole. Scrooge capisce che, seppur ricco, il suo sforzo non è sufficiente a salvare l’umanità, ma è sicuramente indispensabile per la crescita della comunità in cui vive e con cui può crescere e migliorarsi per stare meglio di come starebbe da solo. E così comprende che la vera povertà è di natura spirituale e dipende dalla nostra volontà di cogliere o meno le occasioni di condivisione con gli altri di ciò che siamo e abbiamo.

            Allora l’esistenza del Natale è giustificata dalla natura dell’essere umano e a chi lo definisce un’inutile festività o uno spreco di tempo e denaro sappiamo già che possiamo regalare un classico senza tempo, riproposto in tantissimi adattamenti cinematografici per grandi e piccini.

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