Zeppole di San Giuseppe – Foto: Giorgio Manusakis

Dove e come nacque? Tra leggende e realtà, ecco le storie che ne narrano la nascita.

Si avvicina il 19 marzo e bar e pasticcerie esibiscono in bella mostra le Zeppole di San Giuseppe. La zeppola, dolce molto apprezzato a Napoli, ma non solo, ha una storia millenaria, ma come per tutti i dolci di antica tradizione la sua nascita è collegata a diverse leggende. Secondo uno dei racconti che si narrano, essa avrebbe origine proprio dal Santo del giorno, San Giuseppe, il quale per mantenere in terra straniera Maria e Gesù dopo la fuga in Egitto, iniziò a cimentarsi come friggitore ambulante.

Un’altra versione, riportata in molte fonti, colloca la sua origine addirittura al 500 a.C., nell’antica Roma, dove il 17 marzo venivano celebrate le Liberalia, feste a cui dava il nome il dio Libero (assimilato al dio greco Dionisio e quindi a quello latino Bacco) e dedicate anche a Cerere e Libera. Nelle libagioni festose, che accompagnavano anche il momento di transizione dei giovani maschi che avendo raggiunto il sedicesimo anno assumevano la “toga virile”, i fiumi di vino venivano accompagnati da frittelle di frumento fritte in abbondante strutto.

Altri racconti, invece, riportano la nascita delle zeppole ai riti di purificazione agraria che si tenevano nei paesi del Sud in prossimità della primavera, sia per festeggiare il risveglio della natura che per propiziare la fertilità dei campi. Anche in questo caso si parla del consumo di frittelle, condite con miele, a forma di serpentello arrotolato su se stesso (da qui in nome di zeppola, che deriverebbe dal termine serpula, cioè ‘serpente’).

In tempi più vicini a noi, altre versioni raccontano che la zeppola comincia ad assumere la forma tonda intorno al 1700 e pare fosse un dolce conventuale preparato dalle monache di San Basilio del Monastero di San Gregorio Armeno o, secondo altri, dalle monache dello Splendore e della Croce di Lucca.

Che le festività raccontate abbiano dato origine a quella che è oggi la Zeppola di San Giuseppe napoletana non è dato saperlo, ma è molto verosimile che esse siano da ricercare, comunque, nelle tradizioni contadine, molte volte perpetuate ancora oggi e che spesso derivano direttamente da usanze pagane.

Riferimenti e tracce della celebre frittella, però, le troviamo in diversi scritti anche di importanti letterati. Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832), poeta e drammaturgo tedesco, nei suoi Ricordi di viaggio in Italia, nel riferire della sua presenza a Napoli il 19 marzo 1787, racconta della tradizione collegata alla festa di San Giuseppe, che definisce “patrono dei friggitori o frittaroli”. Il poeta descrive in modo colorito, pittoresco e con riferimenti al culto delle anime del purgatorio, l’ambiente e la manualità delle botteghe e delle case al di fuori delle quali, in ampie padelle, venivano cotte le frittelle, preparate con la partecipazione di più attori come in una sorta di catena di montaggio in cui c’era chi porgeva la farina, chi impastava, chi friggeva e chi, travestito con parrucca bionda per somigliare agli angeli, infilzandole con uno spiedo leggero, le vendeva agli astanti.

Venditrice di zeppole (stampa post 1824 ante 1849) – Licenza: Etichetta Beni Culturali Standard (BCS)

Di zeppole e della festa di San Giuseppe parla Emmanuele Bidera nel suo Passeggiata per Napoli e Contorni (Napoli 1844). Lo scrittore, richiamando i versi della poesia La Zeppolajola, tratta da una raccolta di Giulio Genoino, poeta e commediografo (1773-1856), descrive come, nel giorno di San Giuseppe, fosse immancabile sulla tavola dei napoletani la zeppola fritta, acquistata nelle strade in banchi improvvisati dai più poveri e nelle pasticcerie dai ricchi.

La prima ricetta ufficiale delle zeppole, e quindi il primo atto ufficiale che ne certifica l’esistenza, peraltro scritta in dialetto napoletano, risale al 1837 ed è inserita nel volume Cucina Teorico-Pratica col Corrispondente Riposto di Ippolito Cavalcanti duca di Buonvicino.

Ricetta tratta dal volume “Cucina Teorico-Pratica col Corrispondente Riposto” di Ippolito Cavalcanti duca di Buonvicino, Napoli 1839

La ricetta del duca è citata da Emmanuele Rocco, filologo e giornalista (peraltro autore de Il Vocabolario del dialetto napolitano, per molti forse il primo vero tentativo di realizzare un dizionario storico fondato su uno spoglio ampio e sistematico della letteratura dialettale napoletana dal Cinquecento all’Ottocento), nell’elogio della zeppola che scrisse, nel 1865, per l’opera diretta da Francesco De Bourcard sugli Usi e Costumi di Napoli e Contorni.

Naturalmente con l’andare del tempo le antiche frittelle sono state rivisitate e, partendo dai consigli di Ippolito Cavalcanti, il più celebre pasticcere di Napoli, Pasquale Pintauro, già creatore anche della celeberrima sfogliatella, nel 1840 l’ha confezionata nella sua forma attuale che prevede anche la farcitura con una ghiotta crema pasticcera sormontata da una succosa amarena, si dice in onore di re Ferdinando IV.

Ma i tempi cambiano e con essi anche le abitudini alimentari, per cui alla classica zeppola, rigorosamente fritta, per andare incontro al cliente che tiene alla linea, o ha esigenze di una cucina più salutare, in tutte le pasticcerie si è affiancata la produzione della più leggera zeppola al forno, anche se i puristi della tradizione affermano che la vera zeppola è solo quella fritta.

Comunque, fritta o al forno, la zeppola non conosce crisi, il suo consumo è un rituale che si perpetua con costanza e puntualità nonostante il crescere del suo prezzo. Ancora oggi nel giorno di San Giuseppe ogni bar, pasticceria e persino salumeria, o finanche supermercato, ha un angolo dedicato alle zeppole, sia nel loro formato tradizionale grande, che mignon e la gente sente la necessità di acquistarla indipendentemente dall’avere il santo in casa, quasi come rito di buon auspicio. E allora sembra di rivivere le immagini di un passato lontano duecento anni, un passato tanto ben descritto da Rocco nel suo trattato, sopra citato, quando scrive “…per le vie non vedi che piatti in salviette che vanno in giro, o che l’amante all’amante, o che l’amico all’amico, o che il parente ne mandi in dono al parente…”   

Zeppolina di San Giuseppe (formato mignon) – Foto: Giorgio Manusakis

Pur essendo un dolce nato a Napoli la sua diffusione è sconfinata ed è riscontrabile in altre zone dell’Italia. Talvolta essa viene rivisitata, non tanto nella forma quanto nella farcitura, come avviene in Sicilia, dove al posto della crema pasticcera viene anche utilizzata la ricotta di pecora, ingrediente principe della gastronomia dolciaria dell’isola. In conclusione, per descrivere la bontà della Zeppola di San Giuseppe, faccio mia una frase che Emmanuele Rocco avrebbe voluto far scolpire su una colonna monumentale da collocare in una piazza di Napoli, che recita: “Napoli inventò le zeppole, tutta l’Italia se ne leccò le dita…”

Specifiche foto:
titolo: venditrice di zeppole
autore: stampa post 1824 ante 1849
licenza: Etichetta Beni Culturali Standard (BCS)
Link: https://catalogo.beniculturali.it/detail/HistoricOrArtisticProperty/1500321644
Foto modificata

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