Francesco Napolitano – Foto: Fulvio de Innocentiis
a cura di Luciana Pennino
«E i sogni in mediateca si respiravano nell’aria, quelli che i film lasciavano traspirare in gran numero impregnando quasi le pareti delle stanze che li contenevano; quelli che soprattutto chi frequentava quelle stanze cercava di agguantare e trasferire nella propria vita; quelli miei infine, che sentivo di starmi avvicinando a fare qualcosa di importante per la mia città, di star realizzando finalmente un progetto culturale che assumeva anche le sembianze di un progetto politico.»
“I MIGLIORI ANNI DELLA NOSTRA VITA IN MEDIATECA” (Armando Editore, 2023) è il racconto di un luogo e di un uomo, di un sogno e di una vita: intrecciata ai ricordi personali dell’autore, Francesco Napolitano, c’è la storia di un simbolo culturale di Napoli, la Mediateca comunale Santa Sofia.
Napolitano è tra i fondatori della mediateca e la dirige per circa 35 anni, fino al 2021, termine naturale del suo percorso professionale. Qualche anno dopo, trasferitosi da Napoli a Marsiglia – vivificando un’altra sua predilezione, quella per la Francia – sente l’urgenza di lasciare una traccia, ‘necessaria’ aggiungo io.
‘La giusta distanza’ evidentemente lo sollecita e lo aiuta: gli permette di scrivere un ‘atto dovuto’ alla sua città, usando il filtro della tenerezza, e di condividere ancora una volta la sua adorazione per il cinema.
Reminiscenze fanciullesche, memorie private e familiari, aneddoti legati al lavoro quotidiano o a eventi organizzati ad hoc avvolgono la storia di Santa Sofia – come la si soleva chiamare per rapidità e per acquisita confidenza. Le attività che Napolitano svolge per anni con tanta dedizione e con forte coinvolgimento, sono attività che permettono a chi lavora in mediateca di essere «letteralmente invasi da ‘orde’ formate soprattutto da giovani che chiedevano la visione dei film»: c’è chi si avvicina così per la prima volta al mondo del cinema, attraverso film, appunto, e libri di cinema, riviste, locandine e manifesti; c’è chi invece ha la possibilità di continuare a coltivare un amore già esistente, ma con l’ausilio di approfondimenti e di consigli elargiti a piene mani dall’appassionato direttore.
«Mi piaceva allora potergli essere d’aiuto e provare a rafforzare il loro interesse e soddisfare la loro sete di conoscenza proponendo loro tutta una lista di capolavori, di pietre miliari, di film imprescindibili, ma insieme a questi anche (…) la mia lista, che comprendeva insomma quelli che si potrebbero definire i film della mia vita, come li chiamava Truffaut intitolando così un libro di suoi scritti. Nei loro confronti provavo sentimenti duplici, ambivalenti: volevo custodirli gelosamente come qualcosa di soltanto mio; al tempo stesso mi sarebbe piaciuto che anche altre persone li potessero amare contribuendo in tal modo a rinnovare il mio amore.»
Eh sì, perché la chiave per fare a lungo il medesimo lavoro, ma con rinnovata e contagiosa energia, la chiave è esattamente la passione! Che è la medesima, forse, per far durare per sempre un legame, qualunque esso sia. Francesco Napolitano, che si abitua ad andare regolarmente al cinema già all’età di dieci anni grazie al papà – che la domenica mattina preferisce condurre i figli lì anziché in chiesa – o grazie alla mamma che invece lo accompagna qualche pomeriggio infrasettimanale, ancora oggi divide il suo tempo libero tra la settima arte e «il bene della lettura». Questo ‘bene’, però, è solo in età un po’ più adulta che lo scopre, colpevole l’esperienza forzata da bibliotecario a cui lo costringe un insegnante di seconda media «vecchio stampo dal cipiglio quasi militaresco»! Grazie al prezioso nutrimento derivante da questi due mondi, i film – che gli producono il ‘sacro fuoco’ – e i libri, «fonti vaste di riflessioni, di pensieri e talvolta perfino di dolori», Napolitano affina nel tempo i suoi gusti e la sua sensibilità nel guardare al mondo e all’animo umano.
Francesco Napolitano – Foto: Luciana Pennino
Con la sua innata modalità di uomo «mite e appassionato», come lo definisce Armando Andria nell’elegante prefazione, Napolitano sa scrivere con stile curato, linguaggio pulito e colto, e mai pesante, con sottile ironia e dolce intensità in alcuni passi in particolare, rendendo questo libro una gradevolissima occasione di conoscenza della mediateca e del suo ex direttore. L’attenzione di chi legge rimane desta pagina dopo pagina e la curiosità di conoscere le evoluzioni, dopo salti temporali all’indietro e in avanti, viene appagata del tutto e fa dischiudere sul volto un sorriso di empatia e simpatia.
Un’autobiografia come questa, mai autoreferenziale, anzi – perché Napolitano mantiene costante un sobrio understatement, come dicono gli inglesi – attira e trascina, a prescindere dall’interesse per il cinema o dalla città di cui parla: raccontare con entusiasmo è il segreto per far appassionare e l’autore evidentemente lo sa, o – direi – non saprebbe farlo altrimenti.
Lungo il flusso narrativo, il lettore e la lettrice possono trovare anche un’infinità di riferimenti a film e a testi letterari, con il piacere di ricordarli o con lo stimolo ad andare a verificarli; e poi nomi di registi e registe, di interpreti, di personaggi legati al cinema, alla letteratura, a Santa Sofia e più in generale a Napoli.
Il risultato finale è un vero e proprio dono per chi ama il meglio… Buona lettura!