Trama

Siamo nel maggio del 1859. In una fattoria della campagna russa un vedovo quarantaquattrenne attende il ritorno del figlio Arkadij dalla città, dove si è da poco laureato. Si chiama Nikolaj Kirsanov ed è figlio di un generale della guerra del 1812; semianalfabeta, burbero ma non cattivo, ha vissuto sempre in provincia assieme alla moglie autoritaria.

Arkadij è accolto calorosamente dal padre e dallo zio Pavel, che abita nella fattoria assieme al fratello e alla sua nuova compagna, Fenecka, dalla quale ha avuto un secondo figlio. Arkadij scopre così di avere un fratellino e ne è felice. Con loro trascorre dei giorni in compagnia di un amico, Eugenij Bazarov, uno studente di medicina, orgoglioso delle sue idee materialiste e antitradizionaliste, tanto da definirsi un nichilista, cioè “un uomo che non riconosce niente”. Il padre e lo zio di Arcadij entrano in conflitto con le idee nichiliste di Bazarov: se per Nikolaj un nichilista è un uomo che considera tutto da un punto di vista critico, per Pavel è un uomo che non rispetta niente. Nelle due settimane di convivenza, Nikolaj riflette sul suo rapporto coi giovani, che gli sembrano più lontani dalla realtà di quanto lo siano i padri, ma rispetto a questi ultimi hanno qualcosa in più, che non sa descrivere bene. Secondo Pavel sono i valori aristocratici a rendere morali le persone, mentre vivere senza principi è da persone vuote, incapaci di dare e di esigere rispetto. Al contrario, Bazarov sostiene che, da nichilista, agisce seguendo ciò che ritiene utile e nega ciò che non lo è, senza prestare attenzione a quanto non aggiunge nulla al bene pubblico, per quanto nobile possa essere.

Ai primi di giugno Arcadij, sempre in compagnia di Bazarov, va a conoscere un parente che vive in città. A un gran ballo vengono presentati ad Anna Odincova, una giovane e ricca vedova, che li invita nella sua casa, condivisa con la sorella diciottenne Katja e con un’anziana zia principessa. La Odincova li ospita per circa quindici giorni, durante i quali Arcadij si lega a Katja. Bazarov, che passa le giornate dialogando con Anna, si scopre romanticamente attratto da lei. Dapprima sembra non accettare di esserne innamorato, poi riesce a dichiararle il proprio amore. Ma la Odincova prova paura per Bazarov e, nonostante provi attrazione per lui, non risponde nulla. Questo silenzio spinge Bazarov a riprendere il suo viaggio di ritorno nella casa natìa, dove ci sono gli anziani genitori ad attenderlo a braccia aperte. Vi rimane, però, per pochi giorni assieme ad Arcadij, col quale riparte alla volta della fattoria, dove riprende a fare esperimenti da naturalista. Tutto sembra andare liscio, fino a quando, dopo un incontro con Fenecka alla quale dichiara il proprio affetto, Bazarov viene sfidato a duello da Pavel, che, avendo carpito qualcosa del loro incontro, tenta di difendere il legame che lega la donna a suo fratello. Pavel ha la peggio, rimanendo ferito. Tormentato più di prima, Bazarov va via “in pace” dalla casa dell’amico, dove pian piano tutto sembra andare per il verso giusto. Durante la convalescenza, Pavel parla con Fenecka facendosi promettere che non abbandonerà mai suo fratello Nicolaj, al quale chiede che regolarizzi l’unione con lei, che è la madre del suo secondo figlio, sposandola. Negli stessi giorni, Arcadij scrive una lettera alla Odincova per chiedere la mano della sorella Katja. Anna, sorpresa dalla missiva, chiede a Bazarov di raggiungerla a casa per parlarne. Il giovane nichilista che ha scoperto la forza dell’amore ritorna da lei, ma solo per consigliarle di non opporsi al matrimonio tra sua sorella e il suo amico. Così sarà.

Bazarov riparte presto per casa sua, dove inizia a lavorare assieme al padre, medico in pensione, fino a quando si scopre malato di tifo. Poco prima di morire chiede ai genitori di mandare a chiamare la Odincova, che giunge al suo capezzale, ma non per amore. L’ultimo saluto di Bazarov non sembra uscire dalla bocca di un nichilista, ma dal cuore di una persona innamorata: “Vivete a lungo e approfittate del tempo”.

Perché leggerlo

Di questo classico scritto dall’autore russo Ivan Turgenev e pubblicato per la prima volta nel lontano 1862 vi sono molte traduzioni tra cui scegliere, audiolibri da ascoltare e trasposizioni teatrali da apprezzare. Quindi, non rimangono scuse per evitarlo.

Con un po’ di fantasia, dal lessico ai comportamenti, dall’ambientazione ai costumi tutto potrebbe cambiare, ma la storia dei suoi personaggi parlerebbe ugualmente alle nostre vite, perché il conflitto tra generazioni che, tra alti e bassi, cercano un dialogo è una costante che porta con sé incognite irrisolte. Queste esistono perché le contraddizioni e le ambiguità di cui è pieno il mondo in cui viviamo –  l’unico possibile, ci ricorda la scienza – non sono risolvibili. Il duello tra i padri, aristocratici, idealisti, conservatori, e i figli, progressisti, materialisti, nichilisti, finisce con la solitudine di ciascuno nel proprio dolore, che solo l’amore sembra sconfiggere o almeno alleviare.  La storia dei padri e dei figli di questo romanzo, inclusa quella di Bazarov, ci può insegnare che arriva un momento in cui ciascuno di noi è chiamato a decidere se vivere la vita nella negazione di tutto o nell’amore.

Anche in una società che non prega Dio, né lo ricorda nella quotidianità, l’amore sembra essere l’unica forza che, alla fine di tutto, prevale su incomprensioni e rivalità, inimicizie e gelosie, egoismi e convenienza.  L’unica forza capace di dare un senso al vivere, a cui siamo chiamati dal momento in cui siamo nati.

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