Paul Auster at the 2010 Brooklyn Book Festival – Autore: David Shankbone – Licenza: Creative Commons

A poco più di un mese dalla sua scomparsa, tracciamo il profilo di un Maestro della letteratura contemporanea.

Il 30 aprile scorso è deceduto nella sua casa di Brooklyn, a causa di complicazioni dovute a un cancro ai polmoni, Paul Auster, uno dei più prolifici e importanti scrittori della sua generazione a livello mondiale. Nato nello stato americano del New Jersey il 3 febbraio 1947 da una famiglia ebrea di origini polacche, non visse un’infanzia serena a causa dei disaccordi tra suo padre, Samuel Auster, proprietario di alcuni edifici di Jersey City, e sua madre più giovane di 13 anni; anche la stessa convivenza con la sorella più piccola, affetta da forme di squilibrio mentale, ha segnato la vita dello scrittore.

Paul sente sin da giovane una forte passione per la letteratura e, dopo le scuole superiori, inizia a viaggiare per l’Europa visitando Italia, Spagna, quindi Parigi e Dublino, città natale di James Joyce.

Tornato negli Stati Uniti si iscrive alla Columbia University dove, nel 1969, consegue la laurea in lettere comparate e, subito dopo, un master nella stessa materia. Dopo un anno di imbarco su una petroliera, nel 1971, lo scrittore si traferisce a Parigi dove inizia a pubblicare i suoi lavori su riviste letterarie. È del 1972 il suo primo libro intitolato A Little Anthology of Surrealist Poems che contiene una raccolta di traduzioni.

Nel 1974 va a vivere a New York, dove debutta come autore pubblicando sulla New York Review of Books e sulla Harper’s Saturday Review poesie, racconti e articoli.

Nel 1979 esce il suo primo romanzo, autobiografico, intitolato L’invenzione della solitudine, nel quale affronta il tema del rapporto con il padre, nel frattempo deceduto.

Dopo aver divorziato dalla signora Davis, sposata nel 1974, nel 1981 contrae un nuovo matrimonio con la scrittrice Siri Hustvedt, dalla quale ha avuto la figlia Sophie, poi diventata cantante e attrice.

Successo e popolarità a livello internazionale arrivano, per Paul Auster, a partire dal 1985 con la pubblicazione di tre romanzi scritti in successione: Città di vetro, Fantasmi e La stanza chiusa, che compongono la Trilogia di New York divenuta un cult letterario; in essa lo scrittore esplora il tema della casualità nell’esistenza umana attraverso le storie interconnesse di personaggi apparentemente sconnessi.

Da allora lo scrittore statunitense, conosciuto anche con gli pseudonimi di Paul Queen e Paul Benjamin, è divenuto, con i suoi amici e colleghi connazionali Thomas Pynchon e Don DeLillo, un protagonista indiscusso della letteratura statunitense contemporanea, collegata alla corrente del postmoderno. È una letteratura che riflette la complessità e la diversità del mondo contemporaneo, sfidando le narrazioni dominanti e aprendo spazi per una molteplicità di prospettive e interpretazioni, spesso utilizzando l’ironia e l’ambiguità per destabilizzare le aspettative del lettore e mettere in discussione le verità convenzionali. Come scritto da Umberto Eco, “si rilegge il passato attuando riscritture parodiche, reinvenzioni di temi e generi”.

La corrente letteraria ha trovato altri illustri interpreti non solo negli Stati Uniti, vedi Philip K.Dick (anche se rivalutato dopo anni dalla morte), ma anche in altri Paesi, basta citare l’argentino Jorge Luis Borges e, in Italia, Italo Calvino, nonché lo stesso Umberto Eco.

Tra le opere più importanti della sua prolifica produzione (si contano oltre 30 libri, di cui 18 sono romanzi, oltre alla Trilogia di New York), vanno ricordati: Moon Palace (1989), La musica del caso (1990), Il libro delle illusioni (2002), Follie di Brooklyn (2005).

Nel 2017 viene pubblicato il romanzo 4 3 2 1, che molti critici hanno definito una poderosa autobiografia. Quasi 1000 pagine che narrano le quattro possibili vite di un giovane americano come tanti, in un ventennio che, partendo dagli anni ’50, racchiude infanzia, adolescenza e giovinezza.

Gli ultimi due anni della vita di Auster, trascorsi nella sua casa a Brooklyn dove aveva scelto di vivere quando ancora non andava di moda e dove è sempre rimasto, sono stati segnati dal susseguirsi di disgrazie che lo hanno molto segnato e lo hanno accompagnato sino alla sua fine. Dapprima la morte della nipotina Ruby, di soli 10 mesi, stroncata da un’overdose di fentanyl ed eroina di cui venne accusato il figlio Daniel e, dopo pochi mesi, il suicidio di quest’ultimo. Siamo alla fine del 2022, passano ancora pochi mesi e arriva anche la diagnosi di cancro.

Anche in quest’ultimo periodo, però, Auster non perde la sua verve di scrittore e nel 2023 pubblica “Bloodbath Nation”, un’agghiacciante meditazione sulla violenza armata americana e, successivamente, in coincidenza con l’annuncio della sua malattia, quello che sarà il suo ultimo romanzo: “Baumgartner”.

Nella sua ultima opera, di sole 160 pagine, lo scrittore si è presentato ai suoi lettori con un libro che propone quello che, secondo la critica, è il suo personaggio più simpatico ed empatico: un uomo che, al termine della vita, si interroga sulle cose essenziali.

Il suo eclettismo ha fatto sì che sperimentasse anche il mondo del cinema: ha, infatti, firmato la sceneggiatura di Smoke, film del 1995 diretto da Wayne Wang e co-diretto dallo stesso Paul Auster, basato su un suo racconto: Il racconto di Natale di Auggie Wren, pubblicato sul New York Times nel 1990, premiato al Festival di Berlino con l’Orso d’argento. Nello stesso anno Auster scrive e dirige, con lo stesso Wang, il sequel di Smoke, intitolato Blue in the face, costruito in pochissimo tempo recuperando anche scene improvvisate durante la produzione del primo film. Come nel racconto, la trama ruota attorno alla vita quotidiana di diversi personaggi che si incrociano intorno a un negozio di tabacco nel quartiere di Brooklyn. Attraverso incontri casuali e situazioni inaspettate, i personaggi si scontrano e si influenzano reciprocamente, rivelando i legami nascosti che li uniscono. Smoke è una riflessione sulla casualità, sulla bellezza della vita quotidiana e sull’importanza dei legami umani.

Successivamente, nel 1998 e nel 2007, Auster scrive e dirige dapprima Lulu on the Bridge e poi La vita interiore di Martin Frost, inedito in Italia e ispirato al suo romanzo Il libro delle illusioni, che vide tra le interpreti anche la figlia Sophie.

Il romanzo Nel paese delle ultime cose ha ispirato, invece, l’omonimo film argentino, girato nel 2020 in bianco e nero, la cui sceneggiatura è stata curata da Alejandro Chomski in collaborazione con lo scrittore statunitense. Con la scomparsa di Paul Auster, il mondo letterario perde uno dei suoi giganti, un maestro della parola che ha plasmato le nostre visioni del mondo e ci ha guidato attraverso labirinti di immaginazione e riflessione. Rimarrà per sempre una figura iconica nella storia della letteratura contemporanea, ben oltre le pagine dei suoi libri.

Specifiche foto:
Titolo: Paul Auster at the 2010 Brooklyn Book Festival
Autore: David Shankbone
Licenza: Creative Commons Attribuzione 3.0 Unported – Wikimedia Commons
Link: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Paul_Auster_Brooklyn_2010_Shankbone.jpg
Foto modificata

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