Foto: Giorgio Manusakis

Teresa Ciabatti è una scrittrice nota ma non troppo, o non abbastanza. È nata ad Orbetello, vive e lavora a Roma da molti anni. Non ha ancora raggiunto i cinquant’anni, ha pubblicato 5 romanzi che hanno avuto un discreto successo. Con La più amata ha partecipato al Premio Strega, anche se non è arrivata alla cinquina finale. Sembrava bellezza, pubblicato nel 2021 da Mondadori, è stato eletto romanzo dell’anno dalla giuria di esperti di ‘La Lettura’, l’inserto culturale del Corriere della Sera.

I temi dei romanzi della Ciabatti si ripetono in maniera piuttosto serrata: la relazione tra madre e figlia, i rapporti sentimentali e di amicizia, il senso di inadeguatezza delle adolescenti (e più raramente degli adolescenti), un diffuso disturbo mentale.

Sembrava bellezza rappresenta la forma più matura, finora, delle riflessioni della Ciabatti sui suoi temi, e anche del suo stile.

È un romanzo complesso che, volendo racchiudere in un aggettivo, si potrebbe definire un ‘spezzato’. È spezzata, con tutta evidenza, la forma. La storia non procede in linea retta dall’inizio alla fine ma si distende attraverso cerchi concentrici, quando non per sbalzi. Gli eventi e le informazioni sui personaggi vengono centellinati ad intervalli irregolari, vengono ripetuti, nascosti, spesso modificati. Non di rado la voce narrante, che è quella della protagonista, smentisce sé stessa, dando una versione doppia di un evento o di una semplice descrizione. Ad esempio: “Ma andiamo a quella notte. Senza luna, luna piena. Il vento incurva le chiome degli alberi, non un filo di vento, sulla strada un arbusto che pare uno scheletro”.

La struttura narrativa di Sembrava bellezza assume così una forma caotica che naturalmente ha una sua ragion d’essere. La scelta del caos formale è dettata da motivi di intrinseca coerenza con il suo contenuto.

Il romanzo narra la storia di un piccolo gruppo di personaggi, la protagonista-narratrice di cui non conosciamo il nome, una sua compagna di scuola, Federica, e la sorella di quest’ultima, Livia. I personaggi vengono centrati in due momenti delle loro vite, quelli che condividono con la protagonista-narratrice: l’adolescenza e l’età adulta, vale a dire gli anni del liceo durante i quali si frequentano e 30 anni più tardi, quando si rincontrano ormai sulla soglia dei 50 anni. La storia prende l’avvio quando la narratrice, diventata una scrittrice di successo, viene contattata da Federica, la sua ex compagna di classe che non vede da 30 anni. L’incontro-scontro tra le loro vite le costringe a ritornare al passato, includendo nella rivisitazione le persone con cui hanno condiviso i loro sedici anni: Livia in primis e il suo fidanzato di allora, il bello della scuola, Massimo. Più che formare una esperienza di vita unica, queste due stagioni della vita sembrano appunto spezzate: l’età adulta non è il compimento di quella adolescenziale. Il libro potrebbe a buon diritto essere annoverato tra i romanzi di formazione con la variante che però questa formazione non ha luogo. Nessuno dei personaggi adolescenti arriva agli anni della maturità con un progetto di vita dispiegato, realizzato. Nessuno di loro è ciò che prometteva di diventare.

La Ciabatti è spietata nella creazione del suo mondo narrativo. Pur analizzando le relazioni più tipicamente tenere come possono essere quella tra madre e figlia o tra compagne di scuola, mette in scena rapporti marci, tossici, frustranti. Tali però, e questo è un altro punto nodale, da non mettere mai in chiaro quale dei due estremi della relazione sia la vittima e quale il carnefice. Anche a questo sono funzionali le continue ritrattazioni e rimodulazioni delle affermazioni della protagonista-narratrice. Si prenda il rapporto tra la protagonista e l’amica Federica. Prima la narratrice ci racconta di essere stata messa da parte dall’amica a causa della sua condizione sociale inferiore. Poi riconosce che è stata lei ad allontanarsi perché si sentiva superiore, non a caso è diventata una scrittrice di successo mentre Federica si è dedicata solo alla famiglia. La nuova consapevolezza fa parte delle riflessioni che il riavvicinamento all’amica le suscita ma testimonia di una mancanza di lucidità che è durata trenta anni, vale a dire tutta la sua vita.

E quando la storia si sposta sulle madri, il tono non cambia. La generazione degli anni Settanta è stata l’ultima a crescere nelle famiglie tradizionali. Il divorzio non aveva ancora preso piede ma nell’intimità del focolare domestico bruciava un fuoco distruttivo. I rapporti dei protagonisti di Sembrava bellezza con i propri familiari sono tutti malati. Il romanzo si apre con la cronaca della violenza di un padre sulla propria figlia, bisnonna della protagonista, la quale a sua volta si interrogherà sulla presunta violenza subita dal proprio genitore. Le famiglie di oggi, quelle delle nostre protagoniste adulte, non sono più unite: qualcuno ha divorziato, qualcuno si è separato. In un modo o nell’altro il nucleo familiare è spaccato, ma la sostanza delle relazioni è la stessa.

Lo scenario che descrive la Ciabatti è desolante. Nonostante l’ultima pagina ci regali un finale inaspettato, non si può non restare amareggiati dal panorama generale. Tutti i personaggi sono stravolti da rapporti sfibranti, rincorse sfiancanti, speranze deluse, scoperte dal sapore amarissimo. E la cosa peggiore è il futuro che si profila all’orizzonte. Le nuove generazioni, quelle nate negli anni Novanta, hanno davanti a sé un futuro altrettanto angosciante. I figli adolescenti di Federica, della protagonista e di Massimo non solo hanno un rapporto conflittuale con i genitori ma hanno problemi esistenziali anche peggiori di quelli che avevano i loro genitori trent’anni prima. Come se si fosse innescata una spirale che trascina inesorabilmente verso il basso.

Del resto, basta rivolgere l’attenzione alla cronaca di tutti i giorni o peggio ancora entrare in una qualsiasi scuola. Si troveranno adolescenti con problemi di alimentazione, depressione, incapacità di comunicare, ma soprattutto mancanza di ambizione, di progettualità, di visione del futuro, di voglia di futuro.  Non a caso i personaggi che Teresa Ciabatti ci presenta in questo libro, ripetendo più volte che sono personaggi reali e che la storia stessa è reale, sembrano uscire fuori dalla pagina e andarsene a spasso, con poca spensieratezza, tra le strade delle nostre città.

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