Trama
Siamo nel 1648, la Francia è scossa dalla Fronda, un movimento di rivolta causato da un aumento delle tasse. A esser colpiti sono principalmente gli interessi di nobili e funzionari di Stato, ma anche il popolo, che già da anni mormora per le continue imposte, risente del clima di generale sfiducia. I disordini politici, fomentati dal Parlamento di Parigi prima e dalla nobiltà dopo, mettono in agitazione l’autore stesso dell’aumento, il cardinale italiano Giulio Mazzarino, successore del cardinale Richelieu, morto nel 1642, e la sua sostenitrice, la regina Anna d’Austria, reggente per conto del figlio, re Luigi XIV, ancora bambino.
Dopo essere stato avvicinato da Mazzarino, che gli promette l’agognata promozione a capitano dei moschettieri in cambio della fedeltà e dell’aiuto contro la Fronda, il tenente D’Artagnan cerca di ricostituire il quartetto che vent’anni prima aveva prestato servizio per il re Luigi XIII. Inizia così la ricerca dei vecchi amici moschettieri, che il sovrano tenta di reclutare per portare a compimento l’impresa affidatagli da Mazzarino. Porthos, che spera di ottenere in cambio il titolo di barone, accetta da subito di unirsi a lui, mentre Athos e Aramis sono restii, perché sono contrari all’assolutismo monarchico e simpatizzano per la Fronda. Se inizialmente sono divisi, i quattro si ritrovano uniti più che mai nell’Inghilterra della Rivoluzione guidata dai ribelli di Oliver Cromwell che tiene prigioniero Carlo I, re d’Inghilterra, Scozia e Irlanda. I primi a partire per l’isola sono Athos e Aramis, fedeli a Enrichetta Maria, sorella del compianto re Luigi XIII, fedelmente servito dai moschettieri, e moglie di Carlo I. D’Artagnan e Porthos arrivano sull’isola poco dopo per consegnare una lettera di Mazzarino a Cromwell. I tentativi di salvare il re dal patibolo sono vani: il vendicativo Mordaunt, figlio di Milady e braccio destro di Cromwell, prima fa fallire tutti i loro piani, poi tenta in tutti i modi di porre fine alle gesta dei quattro, di cui vuole la morte per vendicare l’assassinio della madre, del quale li ritiene colpevoli.
Di peripezia in peripezia, i quattro riescono a tornare in Francia, ma D’Artagnan e Porthos finiscono in prigione, rei secondo Mazzarino di non aver compiuto la missione affidata loro, mentre Athos viene rinchiuso in cella per volontà della regina, che poco prima egli stesso aveva cercato di convincere dell’utilità della liberazione dei suoi due amici. Con destrezza e astuzia i tre moschettieri riusciranno, ancora una volta, a ribaltare la situazione e cercheranno di costringere Mazzarino e la regina ad accettare le condizioni utili alla Fronda e a loro stessi, meritevoli di concludere le nuove avventure con tanto onore e con qualche titolo in più.
Perché leggerlo
Chi sceglie di leggere il secondo romanzo della saga iniziata nel 1844 con “I tre moschettieri” sappia che il danno viene sempre riparato, anche se la giustizia umana non fa sempre il suo corso.
I suoi protagonisti non sono cavalieri pronti a difendere i deboli, come spesso vengono narrati dal cinema, ma personaggi dal carattere forte e deciso votati alla fedeltà e all’amicizia, per difendere le quali, oltre che per preservare il proprio onore, sono pronti a tutto. I quattro moschettieri, anche se per i princìpi in cui credono sono capaci di imprese eroiche eppure cruente, rimangono uomini capaci di provare vergogna e pentimento, fino a spingersi a rischiare la propria vita per l’amico, anche per quello che la pensa diversamente da sé. Avremmo da imparare qualche lezione da un’epoca lontana non tanto nel tempo quanto nei valori, spesso apprezzabili, talvolta ancora recuperabili nella nostra realtà. Le buone e cattive azioni, che hanno conseguenze volute e risvolti inattesi, sono chiaramente il frutto degli interessi perseguiti da amici leali e da traditori seriali che mettono a dura prova la fantasia del lettore, chiamato a cimentarsi con ostacoli insormontabili per tutti, tranne che per D’Artagnan e per i suoi moschettieri, guidati dalla mente arguta e dalla penna fine di Dumas padre.
Il romanzo coinvolge i lettori perché il ritmo è incalzante, mentre le storie si intrecciano in eventi storici ed espedienti verosimili che catapultano nel cuore dell’Europa di metà Seicento, ipnotizzandoci con avventure e colpi di scena plausibili e sensati. Tutto torna sempre a un punto di equilibrio, quindi tende a un ordine che, secondo il condiviso giudizio di studiosi di letteratura e storia, è paragonabile solo alla perfezione raggiunta da “Il Conte di Montecristo”, di cui anche si consiglia vivamente la lettura.
[…] “I processi politici sono sempre vane formalità, perché le passioni che fanno accusare fanno anche condannare.” (Alexandre Dumas padre – Vent’anni dopo) […]