Un momento della visita a Villa Augustea – Foto: Matilde Di Muro
Con il FAI Vesuvio alla scoperta di quattro siti di notevole interesse storico-artistico-culturale.
Sabato 12 e domenica 13 ottobre 2024 noi di Naòs – Nel cuore dell’arte e del sapere, insieme ad un gran numero di visitatori, siamo stati in compagnia del FAI Vesuvio per prendere parte alla tredicesima edizione delle Giornate FAI d’Autunno 2024.
Quella del FAI è davvero una ‘compagnia’ importante per chi è curioso di conoscere le tante meraviglie di quell’Italia poco nota e bisognosa di essere tutelata. Infatti il Fondo per l’Ambiente Italiano, che nasce nel 1975 e opera grazie al sostegno di privati cittadini, aziende e istituzioni, con grande impegno si occupa della salvaguardia del patrimonio storico, artistico e paesaggistico italiano, nello spirito dell’articolo 118 della Costituzione Italiana, organizzando periodicamente visite guidate presso i siti che promuove e protegge. È nell’ambito di questi eventi che si collocano le ‘giornate speciali’, organizzate in primavera e in autunno, la prima delle quali si è svolta nella primavera del 1993.
L’evento “In…Somma”
Quest’anno, per la kermesse autunnale sono stati aperti al pubblico, in 360 città di tutta Italia, ben 700 luoghi straordinari, poco conosciuti e valorizzati oppure insoliti e curiosi, alcuni dei quali inaccessibili e che, per questi eventi, vengono resi liberamente visitabili.
In particolare il FAI Vesuvio, grazie all’amministrazione comunale di Somma Vesuviana, e in primis al sindaco Salvatore Di Sarno e all’assessore agli eventi e alla cultura Rosalinda Perna, ha organizzato per sabato 12 e domenica 13 ottobre un evento unico nel suo genere dal titolo “In…Somma”.
Un appellativo accattivante che, giocando con l’avverbio “insomma” che sta a significare “tiriamo le somme” o “andiamo al sodo” che dir si voglia, racconta del fatto che, per l’occasione, il FAI Vesuvio ha mostrato ben quattro luoghi di straordinario interesse culturale e archeologico del comune di Somma Vesuviana.
In questa cittadina dalle antichissime origini, adagiata sulle pendici del Vesuvio e, più precisamente, del monte Somma da cui prende il nome, e che tra i comuni dell’area vesuviana ha avuto e conservato testimonianze archeologiche, storiche, artistiche e architettoniche delle varie epoche, i siti resi visitabili sono stati: la cosiddetta Villa Augustea, il Chiostro e la Cripta angioino-aragonese della Chiesa di Santa Maria del Pozzo, il Museo della Civiltà Contadina e il Borgo del Casamale.
La cosiddetta Villa Augustea, tra otium e produzione vinicola
Quello della cosiddetta Villa Augustea è un sito archeologico tra i più importanti e interessanti dell’area. Scoperto in maniera del tutto fortuita, durante dei lavori agricoli negli anni ’30 del secolo scorso, rivelò sin da subito la sua particolare importanza e, dalla ricchezza dei reperti rinvenuti, si ritenne, in realtà erroneamente, potesse essere la residenza dell’imperatore Augusto che, secondo le fonti letterarie, probabilmente morì in questi territori dove la sua famiglia viveva e aveva ingenti proprietà.
Villa Augustea – Foto: Giorgio Manusakis
All’epoca dei primi ritrovamenti, i lavori di ricerca furono però abbandonati, anche a causa della guerra incombente, per poi riprendere nel 2002 grazie all’interesse e alle indagini condotte dall’Università di Tokyo in sinergia con la Soprintendenza Archeologica e l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Il professore Antonio De Simone, assistente archeologo e profondo conoscitore dei luoghi, nonché nativo di Somma Vesuviana, ci ha raccontato le vicissitudini di questo importante scavo le cui ricerche sono attualmente in corso, ma di questo vi racconteremo in un altro articolo.
Villa Augustea – Foto: Matilde Di Muro
Inizialmente si pensò che la villa, dalle caratteristiche inedite e di cui oggi ammiriamo i sontuosi resti, fosse stata sepolta dall’eruzione del 79 d.C. mentre dagli ultimi ritrovamenti si evince la presenza di una costruzione sottostante di epoca precedente, databile al I secolo d.C. Pertanto, si può dedurre che l’imponente dimora, inquadrabile da un punto di vista architettonico e stilistico in età tardoantica, appartenesse ad un’epoca decisamente successiva a quella augustea e che probabilmente fu colpita dalla grande eruzione del 472 d.C. Dunque si tratta di un luogo importante abitato ininterrottamente da famiglie ricche ed influenti e per un lungo arco di tempo segnato ripetutamente dalle eruzioni del Vesuvio. Il sito archeologico di dimensioni imponenti, oggi pari a circa 2000 metri quadri, ha portato alla luce anche ambienti destinati alla lavorazione vinicola così come testimonia il ritrovamento di numerosi dolia per i quali si è stimata la produzione annuale di 100.000 litri di vino. Pertanto si tratta di una storia affascinante che attende ancora di essere completamente svelata.
Il complesso di Santa Maria del Pozzo – Foto: Giorgio Manusakis
Il complesso di Santa Maria del Pozzo e le sue pregevoli pitture
A Santa Maria del Pozzo, di cui avevamo già scritto in un precedente articolo, è stato possibile ammirare il chiostro del complesso francescano annesso alla chiesa, in cui si evince un esempio di perfetta integrazione tra lo stile barocco settecentesco e quello rinascimentale, all’origine della sua costruzione, parzialmente riportato alla luce dai lavori di restauro condotti negli anni ’60. Lungo gli ambulacri e tra gli archi sopravvivono solo poche parti di una decorazione pittorica, rinnovata nel 1721, di Ilarione Carisio che narra episodi della vita di Cristo e di San Francesco.
Il chiostro – Foto: Matilde Di Muro
Straordinaria la chiesa ipogea di epoca angioino-aragonese che presenta un ciclo di affreschi databili tra il X e l’XI secolo e le cui immagini più antiche ritraggono un Cristo Pantocrator con una lunga teoria di apostoli e numerosi frammenti con episodi della vita di Gesù. Alla metà del ‘300 appartiene un affresco che raffigura la Vergine in trono con Bambino circondata da Santi mentre ad un periodo successivo si riferiscono numerose pitture votive ed una serie di Vergini allattanti.
La cripta angioino-aragonese – Foto: Matilde Di Muro
Da un antico cellaio il Museo della Civiltà Contadina
Particolarmente interessante, per il suo valore documentario e narrativo inerente alle tradizioni e alle arti proprie del mondo contadino identitario di questi luoghi, è stata la visita al Museo della Civiltà Contadina “Michele Russo”.
Reperti del Museo della civiltà contadina “Michele Russo” – Foto: Matilde Di Muro
Collocato all’interno del cinquecentesco ‘cellaio’ del convento di Santa Maria del Pozzo, un tempo utilizzato dai monaci per conservare provviste, il museo nacque nel 1995 per volontà di un ex ferroviere in pensione, Carlo Russo, con la passione per la storia, le tradizioni e le arti contadine. Conserva circa 3000 reperti, tra aratri, selle, gioghi, cesti di varie forme e misure, anfore, vasellame, utensili da cucina, torchi ma anche semplici strumenti musicali come l’antica tammorra o il triccabballacche. Tutto ci porta indietro nel tempo testimoniando il mondo rurale riferito al periodo precedente all’introduzione delle macchine agricole sui campi coltivati e all’organizzazione intensiva della lavorazione della terra. Questo museo racconta, soprattutto alle giovani generazioni, i vari aspetti della vita domestica e contadina di un tempo, solo apparentemente tanto lontano, caratterizzato prevalentemente dal lavoro nei campi e dall’antica pratica della vinificazione.
La passeggiata conclusiva nel “Borgo del Casamale”
Ultima tappa di questa ricca e variegata proposta storico-culturale promossa dal FAI Vesuvio è stata un percorso tra le antiche strade del “Borgo del Casamale”, che prende il nome da una famiglia aristocratica le cui tracce storiche risalgono intorno al 1000.
Borgo di Casamale – Foto: Matilde Di Muro
Entrando nella cinta delle antiche mura aragonesi, un percorso ben articolato ha consentito ai visitatori di camminare nel centro storico di Somma Vesuviana, teatro di caratteristici rituali folkloristici che si svolgono, ancora oggi, tra i monumenti storici della città come la Collegiata, con i suoi capolavori del ‘600 napoletano, e le opere di arte contemporanea come quella realizzata, su una parete di sette metri, dall’artista argentino Francisco Bosoletti dal titolo Alma memoria. Si tratta di un murale attraverso cui si è inteso restituire al Borgo, anche se in forma moderna, il valore artistico e religioso di un quadro rubato nel 1975, raffigurante l’Immacolata Concezione e S. Nicola, attribuito a Francesco Solimena e originariamente presente all’interno della chiesa di Santa Maria Maggiore alla Collegiata.
Il murale di Francisco Bosoletti dal titolo ‘Alma memoria’ – Foto: Luigi Prete
Come da tradizione per il FAI, le visite di ciascun luogo sono state accompagnate dalla narrazione a cura degli apprendisti ciceroni che, per questa edizione, sono stati gli alunni del Liceo Torricelli di Somma Vesuviana. Questi, in modo encomiabile, si sono fatti partecipi di un progetto importante portato avanti dal Fondo per l’Ambiente Italiano, secondo cui si intende consegnare ai giovani un ruolo importante nella cura e nella valorizzazione del proprio territorio.
Di tutto questo ci ha anche dato gentilmente testimonianza la dott.ssa Dida Di Giorgio, capogruppo del Gruppo FAI Vesuvio, in una video intervista rilasciata ai nostri microfoni e che potete vedere cliccando su questo link. Vi abbiamo così raccontato di come il FAI prosegue la sua missione affiancando, in modo sussidiario, lo Stato italiano nell’offrire un servizio di pubblico interesse e di rilevanza sociale, contribuendo in modo efficace alla cura e alla valorizzazione del patrimonio italiano di cultura, storia, arte, tradizioni e natura.