Frammenti di anfore e tegole dalla necropoli scoperta nei pressi della Stazione EAV ‘Pompei santuario’ – Foto (modificata) da comunicato stampa della soprintendenza
Le ultime scoperte nella famosa area archeologica ci riportano fino al III sec. a.C.
L’area metropolitana di Napoli, anche al di fuori dei siti di maggiore interesse turistico, continua a offrire scoperte archeologiche sorprendenti e utili per una corretta lettura storica, artistica, sociologica e architettonica del passato del nostro territorio. Sono stati alcuni lavori di modernizzazione della linea ferroviaria Circumvesuviana, gestita dall’azienda di trasporto pubblico EAV (Ente Autonomo Volturno), e di realizzazione di un parcheggio interrato in via Fucci a Pompei, non distante da Porta Sarno del Parco Archeologico di Pompei, che hanno fatto venire allo scoperto resti che evidenziano come la zona fosse già abitata anteriormente alla colonizzazione di Pompei da parte di Roma.
Sicuramente l’aspetto di maggior interesse della nuova scoperta è il rinvenimento di una necropoli preromana, che allo stato conta 35 sepolture scoperte, collocabili, a parere degli archeologi, nell’arco temporale compreso tra il III e il I secolo a.C. Si tratta di sepolture semplici in fosse scavate nel terreno, dove i defunti venivano collocati generalmente avvolti in un sudario o in casse di legno. La caratteristica di diverse inumazioni è la forma a semicappuccina (detta così perché, se guardata in sezione frontale, ha la forma di un triangolo come il cappuccio dei frati), sepoltura di origine etrusco-romana tipica delle classi meno agiate. In alcune di esse la copertura è rappresentata da grandi tegole poste a spiovente, mentre in altre è composta da anfore di importazione nord-africana – alcune con bolli in lingua punica – che, sistematicamente in numero di sette, sono collocate in alternanza collo/puntale. Come da rituale non manca il corredo funerario e, sebbene in numero ridotto, sono stati rinvenuti soprattutto unguentari e monete.
Due delle numerose tombe della necropoli scoperta nei pressi della Stazione EAV Pompei Santuario. Da notare, in quella di destra, la presenza dello scheletro dell’inumato e del suo corredo – Foto (modificata) da comunicato stampa della soprintendenza
L’ottima condizione dei reperti umani, la cui conservazione è stata favorita dalla sommersione da parte delle acque di falda, ha permesso l’avvio di specifiche ricerche di tipo pale-antropologico sui resti che certamente diranno di più anche sulla loro collocazione cronologica. Parallelamente, ulteriori opere di prosciugamento e saggi di controllo, a una profondità di circa 7,50 metri dal livello di campagna, hanno consentito di individuare un paleoalveo, ossia un canale chiaramente creato dall’uomo nel quale si è raccolto diverso materiale, perlopiù proveniente da contesti funerari evidentemente oggetto di devastazione naturale. Oltre ai numerosissimi frammenti di tegole, di dolia e di anfore, ma anche di diverse tegole con bolli in lingua osca e di reperti lignei di notevoli dimensioni, va evidenziato il rinvenimento di una ventina di cippi funerari litici antropomorfici, in uso tra l’epoca sannita e quella romana nella valle del Sarno (columelle), che gli archeologi ritengono divelti in epoca più antica e che si sarebbero accumulati nel canale in tempi antecedenti all’uso agricolo dei campi da parte dei romani. Particolare, certamente, è stato il ritrovamento di una testa femminile in tufo grigio campano con tracce di colore rosso nei capelli.
Alcune anfore rinvenute presso una delle tombe ad inumazione – Foto (modificata) da comunicato stampa della soprintendenza
Altro aspetto interessante dei lavori archeologici nella zona, che nascono da campagne di scavi, dirette dalla Soprintendenza di Napoli, partite nella primavera dello scorso anno, è la conferma della presenza, nel sottosuolo, di preesistenti campi arati che sono stati perfettamente conservati dalla copiosa caduta di pomici della importante e nota eruzione del Vesuvio del 79 d.C. In pratica, sono venuti alla luce, ben distinti, solchi e porche antiche (che in agricoltura sono strisce di terreno disposte a cumulo sul livello del suolo e comprese tra due solchi per smaltire eccessi di acqua piovana), disposti in senso nord-sud con colture presumibilmente orticole da destinare, verosimilmente, ai mercati pompeiani collocati in prossimità dell’antico corso del fiume Sarno, il quale scorreva molto più vicino alla città rispetto ad oggi. Le verifiche scientifiche sul materiale organico rinvenuto e sui pollini consentiranno di individuare con maggior precisione la specie botanica in coltura, anche se gli studiosi già ipotizzano che il campo fosse destinato a coltivazioni pluriennali di carciofi per le caratteristiche dei resti superficiali e degli apparati radicali.
Queste le parole di Mariano Nuzzo, soprintendente ABAP per l’area Metropolitana di Napoli, in occasione della conferenza stampa del 2 agosto scorso, alla presenza del sindaco di Pompei, Carmine Lo Sapio, del presidente di EAV, Umberto De Gregorio, e dei rappresentanti degli altri enti interessati : <<A seguito di questi eccezionali rinvenimenti, il Soprintendente ha dichiarato “la necessità di proseguire ed ampliare ulteriormente l’area di indagine per completare il quadro conoscitivo della necropoli e delineare la fisionomia del paesaggio antico che caratterizzava il suburbio orientale di Pompei, di cui ancora poco si conosce. Grazie all’archeologia preventiva e all’azione sinergica tra Soprintendenza, Comune ed EAV, che ha consentito di condividere procedure ed obiettivi, si stanno raggiungendo risultati importanti nell’ambito della tutela e valorizzazione di un territorio di rilevanza cruciale dal punto di vista storico ed archeologico. Contiamo di condividere a breve nuovi dati dal prosieguo degli scavi.”>>
Il soprintendente per l’Area Metropolitana di Napoli, Mariano Nuzzo, intervistato dalla stampa – Foto (modificata) da comunicato stampa della soprintendenza
Chiaramente una ricostruzione fedele del contesto archeologico potrà essere fatta solo all’esito delle indagini e delle analisi archeobotaniche e paleoantropologiche in corso, che sono destinate a restituire una quantità di dati di grande significato per la ricerca.