MANN, panoramica delle sale V e VI – Foto: Giorgio Manusakis
Dalle mummie egizie alla meridiana, vi descriviamo i vari livelli del MANN
Nell’articolo precedente (link) vi abbiamo brevemente narrato la storia del MANN e dei suoi cambiamenti nel corso dei secoli, questo perché ogni museo ha una vita propria che si evolve giorno per giorno. Nel caso del MANN bisogna dire che negli ultimi anni ha avuto una vera e propria trasformazione negli ambienti, che ha portato ad una valorizzazione dei tesori custoditi; molti tra i più belli hanno trovato una più giusta collocazione e alcune sezioni sono state ampliate o aperte al pubblico, anche se molto ancora resta da fare.
Attualmente è suddiviso in quattro livelli. Al piano -1 è stata inaugurata, nell’ottobre 2016, la nuova Sezione Egizia. La collezione, seconda in Italia solo al Museo Egizio di Torino, è composta in gran parte da reperti provenienti da collezioni private, come quella settecentesca del cardinale Stefano Borgia, poi acquistata da Ferdinando IV di Borbone nel 1815, e quelle più recenti di Picchianti e Schnars, e copre il periodo storico che va dall’Antico Regno, cioè dal 2700-2200 a.C., all’età tolemaico-romana. Tra i reperti più interessanti ricordiamo la mummia di un bambino, di epoca tolemaico-romana, e la statua di funzionario detta Dama di Napoli, del 2686-2613 a.C. La collezione si compone anche di numerose iscrizioni, stele funerarie, vasi canopi e statuette in pietra. Sempre al piano -1, nel 2017 è stata aperta anche la Sezione Epigrafica, che si estende per sei sale ed è una delle più importanti al mondo; essa si compone di oltre duemila reperti, quasi tutti con iscrizioni in latino e alcune centinaia in greco. L’itinerario si sviluppa dalle Tavole di Eraclea, del IV sec.a.C., fino ad arrivare ai graffiti pompeiani del I sec.d.C. ed è molto variegato, infatti vi troviamo le scritte vandaliche sui muri di Pompei, ma anche iscrizioni pubbliche o sportive.
MANN – Panoramica della sala I con l’Apollo liricine – Foto: Giorgio Manusakis
Al piano terra troviamo la famosa Collezione Farnese di statue e gemme, quest’ultima sezione riaperta agli inizi del 2017. La Collezione Farnese è la più grande del Rinascimento italiano, in essa confluirono precedenti importanti collezioni, in particolare quelle di Lorenzo de Medici e di Fulvio Orsini, e le opere che la compongono sono da sempre oggetto di studio e ispirazione per artisti e studiosi di tutto il mondo. Alcuni reperti, come l’Ercole Farnese e il Toro Farnese, sono ammirati da secoli, al punto che Napoleone inutilmente cercò più volte di trafugare l’Ercole Farnese. Oltre a copie romane di statue greche, la collezione è composta anche di alcuni originali greci, come le due splendide Nereide su Pistrice. Sarebbe lungo elencare le tante opere della collezione che andrebbero citate per la bellezza e l’unicità; tra le copie di epoca imperiale ci limitiamo a ricordare, nella sala 4, le splendide statue dei Tirannicidi e, nel cortile del giardino delle Camelie, la statua del Doriforo, copia del I sec.a.C. di un originale greco del V sec.a.C. del celebre scultore Policleto. Molte importanti sculture di epoca romana sono state recuperate nelle ville di Pompei e Ercolano, in particolare nella celebre Villa dei Papiri dove, tra le altre, sono emerse le splendide statue di Athena Promachos e delle Danzatrici Danaidi, che sono esposte nelle apposite sale allestite al secondo piano.
Al primo piano troviamo la Sezione Numismatica (purtroppo spesso chiusa per mancanza di personale), il Gabinetto Segreto e i Mosaici. Il Gabinetto Segreto, così definito nel 1860, è una ricca raccolta di reperti erotici di epoca romana rinvenuti nelle città campane, in particolare Pompei e Ercolano. Essa si compone di statue, mosaici, affreschi e oggetti che raffigurano scene erotiche. Frequenti anche gli attributi fallici in pietra, che al tempo dei romani venivano incorniciati e messi in modo che fuoriuscissero dalle mura protesi verso la strada, in quanto venivano considerati dei portafortuna. Va detto che il corno in corallo, che ancora oggi molti indossano come portafortuna, non è altro che un pene eretto come quello esposto al tempo dei romani; fu trasformato in un corno di toro nel Medioevo, epoca in cui qualsiasi riferimento ai piaceri della carne era considerato impuro. Tra i reperti più interessanti di questa sezione troviamo una statuetta in marmo detta Venere in Bikini e numerosi affreschi raffiguranti scene mitologiche come Leda e il cigno o Apollo e Dafne.
Nella Sezione Mosaici troviamo reperti rinvenuti quasi esclusivamente durante gli scavi fatti eseguire dai Borbone nelle città vesuviane e databili tra il II sec.a.C. e il 79 d.C. Il più grande, famoso e bello dei mosaici è senz’altro quello che raffigura la Battaglia fra Dario e Alessandro, rinvenuto, come molti altri, nella Casa del Fauno a Pompei. Questo stupendo capolavoro è composto da circa un milione di tessere ed è realizzato con una tecnica finissima chiamata opus vermiculatum e, probabilmente, deriva da una pittura di età ellenistica.
MANN – Panoramica della sala CXVI, dedicata ai reperti rinvenuti nella ‘Villa dei Papiri’ di Ercolano, con la statua di Atena Promachos in primo piano – Foto: Giorgio Manusakis
Al secondo piano troviamo il Salone della Meridiana, che spesso ospita mostre temporanee, in cui si trova la celebre statua dell’Atlante Farnese, anche se viene spesso collocata in altre sale in occasione di mostre o aggiornamenti. Questa bellissima statua del II sec.d.C. raffigura il gigante Atlante che sorregge il globo del cielo stellato e solleva ancora oggi discussioni tra gli studiosi in quanto, oltre ad essere indicate simbolicamente le costellazioni dell’emisfero boreale, sull’altro lato del globo sono rappresentate alcune costellazioni visibili solo nell’emisfero australe, mentre quelle dell’estremo sud, non conosciute dagli antichi, andrebbero collocate nel punto dove la sfera poggia sulle spalle del gigante. Nel Salone della Meridiana si pensò di installare un osservatorio astronomico ma, poiché la posizione urbanistica non si prestava bene ad un osservatorio, il progetto fu modificato e si realizzò solo la meridiana da cui la sala prese il nome. Ancora oggi, grazie ad un foro creato nell’angolo sud occidentale che fa penetrare un raggio di luce, è possibile vedere la meridiana indicare da un lato il periodo dell’anno e dall’altro i mesi. Il Salone della Meridiana presenta sulla volta un affresco di Pietro Bardellino, datato 1781, in cui l’artista celebra le virtù di re Ferdinando IV e di sua moglie Maria Carolina quali protettori delle arti, come si evince, oltre che dalle numerose figure allegoriche, anche dalla scritta ‘Iacent Nisi Pateant’ (‘languono se non sono esposti al pubblico’) che rammenta il programma reale in cui si sostiene che l’arte va esposta al pubblico affinché non vada perduta. Lungo le pareti del salone si trovano quadri dell’800 con soggetti mitologici e storici e, sulla parte superiore, quadri celebrativi delle imprese di Alessandro Farnese nelle Fiandre, opera del pittore genovese Giovanni Evangelista Draghi. Oltre al Salone della Meridiana, al secondo piano troviamo le sale dedicate alle pitture pompeiane (dalla 66 alla 78), quelle dedicate ai reperti rinvenuti nel tempio di Iside a Pompei (dalla 79 alla 84), quelle dedicate agli oggetti pompeiani (dalla 85 alla 89), quelle con esposti i reperti rinvenuti nella Villa dei Papiri di Ercolano (dalla 114 alla 117), le sale con i reperti dell’antica Partenope e Neapolis (dalla 118 alla 120), quelle in cui vi sono i reperti dell’antica Ischia, ovvero Pithecusae (124 e 125), e ancora tre sale (da 126 a 128) dedicate alla preistoria e alla protostoria e, infine, la sala dedicata al plastico di Pompei (96). Quest’ultimo fu realizzato tra il 1861 e il 1864 da Felice Padiglioni, il quale usò, per realizzarlo in scala 1:100, compensato, sughero, intonaco e carta. Nel 2017, in una delle sale del secondo piano, è stata esposta la bellissima statua di Zeus in Trono, restituita all’Italia dal Paul Getty Museum di Los Angeles dopo che si è accertata la provenienza illecita della stessa; dal 2018 è esposta nel bellissimo Museo Archeologico dei Campi Flegrei, che ha sede nel castello di Baia. Diverse sale del secondo piano sono chiuse al pubblico, alcune in maniera stabile, altre durante le prime domeniche del mese, quando l’afflusso è maggiore a causa dell’ingresso gratuito.
MANN -Panoramica di alcune sale della Collezione Farnese di statue – Foto: Giorgio Manusakis
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