50 racconti, 5 giorni, 10 novellatrici: è la sintesi dell’opera letteraria di Giambattista Basile, composta a Napoli tra il 1634 e il 1636 nella lingua napoletana dell’epoca, idioma dai tratti fortemente grotteschi e barocchi.

Il cunto rappresenta per il napoletano quello che la Commedia dantesca è per l’italiano: la sua consacrazione letteraria. Come tutti i libri straordinari il Pentamerone è una produzione grandiosa nel linguaggio, complessa nei contenuti, sofisticata nella costruzione narrativa e stilistica; è l’opera che più e meglio di ogni altra introduce al dialetto napoletano.

La conoscenza della meravigliosa città di Napoli passa inevitabilmente attraverso la malia del suo dialetto: una lingua musicale, talvolta sincopata come l’inglese, in altri casi dolce e arrotondata come lo spagnolo e ancora, qua e là, elegante come il francese, sempre intrisa di una saggezza antica che le deriva dalla millenaria lotta per la sopravvivenza del popolo napoletano.

La pronuncia dei suoni aspri o trascinati modella i volti dei napoletani e vi disegna espressioni terribili di ira o di passione. Quando si cammina per Napoli è inevitabile essere sommersi da questi suoni, persistenti e immancabili come il respiro di un essere vivente. La nostalgia del napoletano fuori dalla sua città ha tanto a che fare con la mancanza di queste vibrazioni, di quella filosofia sottesa ad esse e così antica, così greca, così moderna e senza tempo.

La lingua napoletana vive quasi come ente a se stante nelle strade cittadine e si trasforma in un vincolo di riconoscimento tra gli abitanti. Le sue parole sono intraducibili e se un napoletano vuole essere davvero capito può rivolgersi soltanto ad un altro napoletano, che condivide la porzione di inconscio collettivo toccato in sorte per il fatto di essere nati a Napoli e non altrove.

E così questo cunto antico non smette di ispirare grandi di ogni campo, da Benedetto Croce che definì l’opera come “il più antico, il più ricco e il più artistico tra tutti i libri di fiabe popolari” a Francesco Rosi che lo trasformò in una pellicola eterna C’era una volta (1967), fino a Matteo Garrone che ha portato Il racconto dei racconti (2015) a Cannes per rinnovare la sua fama già internazionale.

La critica ha affermato che l’ultimo riadattamento cinematografico dell’opera trasporta in un mondo favolistico e irreale ma pieno di rivelazioni profonde e veritiere sulla natura umana: lo spettatore, quindi, quando si spengono le luci, si staccherà da quell’atmosfera magica, pur riconoscendo i tratti fortemente realistici dei personaggi; lo spettatore napoletano, invece, fuori dalla sala cinematografica, nelle strade cittadine invase dalle sonorità partenopee, ritroverà la matrice millenaria di una visione della vita che, rinnovandosi nella facciata, conferma costantemente la propria radice.

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titolo: Von Bayros Pentamerone 04
autore: sconosciuto
licenza: Wikimedia Commons
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