Herman van Swanevelt, Paesaggio con Apollo e Dafne, particolare del dio e la ninfa (1635 circa) – Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma, Palazzo Barberini – Foto: Giorgio Manusakis

Dalla vendetta di Eros nasce uno dei miti d’amore più celebrati dall’arte

Alcuni uomini ritengono, o si illudono, di poter conquistare le donne; in molti sostengono che alla fine è sempre la donna a scegliere. Quasi tutti, comunque, sono d’accordo nel dire che se una donna proprio non ne vuole sapere di un uomo, è impossibile farle cambiare idea. Ma, almeno in questo caso, gli uomini e gli dei sono sullo stesso piano: infatti neanche gli dei, seppur divini e belli come Apollo, riescono a giacere con una donna senza che lei lo voglia, come dimostra questa storia.

A dire di Ovidio, il primo amore di Apollo Febo fu la Ninfa Dafne (Ovidio, Metamorfosi I, v.452). Questa bellissima Ninfa dei monti, figlia del dio fiume della Tessaglia, Peneo, e della Madre Terra di cui era anche sacerdotessa, aveva già di sua iniziativa chiesto al padre, desideroso di avere un nipotino, di restare per sempre vergine, invocando come precedente illustre la dea Artemide cui il padre Zeus concesse l’eterna verginità. Il genitore, sia pure riluttante, le fece questa concessione, ma la avvisò che difficilmente, data la sua bellezza, sarebbe riuscita nel suo intento; inoltre anche Eros ci mise il suo zampino affinché la Ninfa perdesse la verginità. Ma raccontiamo la vicenda per bene. Apollo, ancora esultante per la vittoria contro il serpente Pitone a Delfi (una storia che vi racconteremo in futuro), incontra Eros sul Parnaso e lo vede piegare l’arco per tendere la corda, quindi lo sbeffeggia dicendogli che tale arma è più adatta a lui, che proprio col suo infallibile arco ha appena ucciso Pitone, anziché ad un bambino come Eros. Ma Eros, come ci dice anche Platone, è il più potente degli dei e risponde ad Apollo da par suo, con queste parole riportate da Ovidio: “Trafigga pure il tuo arco tutto quanto, ma io col mio trafiggerò te: e se tutti gli animali valgono meno di un dio, di tanto la tua gloria è inferiore alla mia!” (Ovidio, Metamorfosi I, vv.463-465). Ciò detto passa rapidamente alla vendetta: estrae due frecce, una d’oro e l’altra di bronzo, e colpisce Apollo con quella d’oro facendolo perdutamente innamorare di Dafne, mentre trafigge la Ninfa con quella di bronzo rendendola ancora più riluttante di prima all’amore. C’è da dire che già prima di essere colpito da Eros, Apollo aveva una forte attrazione per Dafne, tanto che aveva materialmente fatto eliminare un suo ‘rivale’, tale Leucippo. Costui, innamoratosi della splendida Ninfa, si travestì da donna in modo da poterla avvicinare senza insospettirla. Apollo, però, al fine di eliminare il rivale in amore, consigliò alle Ninfe di fare il bagno nude e, in tal modo, essere certe che tra loro ci fossero solo donne; queste, scoperte l’inganno di Leucippo, lo fecero a pezzi senza troppi complimenti (Pausania, VIII/20/4), oppure, secondo altri, per volere degli dei scomparve (Partenio di Nicea, Erotikà pathémata, XV).

Herman van Swanevelt, Paesaggio con Apollo e Dafne (1635 circa) – Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma, Palazzo Barberini – Foto: Giorgio Manusakis

E Apollo? Il dio innamorato, eliminato il concorrente e colpito inoltre dalla freccia vendicativa di Eros, perse ogni freno e cominciò ad inseguire la Ninfa cercando in ogni modo di convincerla ad amarlo e tanto era forte il suo amore che, temendo che la disperata fuga potesse causare qualche incidente alla sua amata Ninfa, chiese a Dafne di rallentare la sua corsa promettendo che anch’egli avrebbe rallentato il suo inseguimento, come narra sempre Ovidio con queste splendide parole d’amore: “I luoghi che attraversi di corsa sono aspri; rallenta la tua corsa, te ne prego! Anch’io rallenterò il mio inseguimento.” (Ovidio, Metamorfosi I, vv.510-511) Ma Dafne, per nulla intenerita dalle dolci parole d’amore del dio, continuò a correre, e Apollo, durante la fuga, continuava a parlarle cercando di convincerla a cedere alle sue lusinghe d’amore. Le spiegò che stava rifiutando l’amore di un figlio del grande padre Zeus, nonché dio della profezia, della musica, della medicina e sovrano delle terre di Delfi, Claro e Tènedo; ma niente riusciva a convincere Dafne a fermare la corsa tesa a proteggere la sua verginità, finché Apollo riuscì a raggiungerla. La conclusione di questa interminabile e appassionata rincorsa d’amore, la lasciamo raccontare a Ovidio, certi che non ci siano parole più belle delle sue: “L’inseguitore tuttavia, cui amore mette le ali, è più veloce, non dà tregua alla fuggitiva e già le è alle spalle: il suo alito le sfiora i capelli sul collo. Esausta e vinta dalla fatica della fuga affannosa, sbiancata in volto, la fanciulla grida: “O Terra spalancati, distruggi il mio aspetto e trasforma questa bellezza che è causa della mia rovina! E tu, padre, aiutami, se è vero che voi fiumi avete potere divino! Sfigura questo mio aspetto per cui troppo sono piaciuta.” (Ovidio, Metamorfosi I, vv.540-547a) Il padre suo, Peneo, accolse le preghiere della Ninfa e la trasformò in una pianta di alloro (in greco ‘Dafne’); Apollo, disperato, non potendo più coronare il suo sogno d’amore, si cinse il capo con una corona (in greco ‘stefàni’) formata da un ramo della pianta, decise che Dafne sarebbe diventata per sempre la sua corona e che eroi e vincitori da quel giorno sarebbero sempre stati incoronati con l’alloro (Ovidio, Metamorfosi I, vv.547-565\Igino, Miti 203). A questa dolce conclusione di Ovidio, si aggiungono altre versioni, echi di un culto preellenico in parte riportato da Plutarco, secondo cui la Ninfa, una volta raggiunta dal dio, invocò la Madre Terra in aiuto, la quale in un lampo la trasportò a Creta dove divenne Pasifae e sul luogo della scomparsa fece crescere un lauro con cui Apollo intrecciò la corona che poi si pose sul capo.

Gian Lorenzo Bernini – Apollo e Dafne (1622-25) – Roma, Galleria Borghese – Foto: Giorgio Manusakis

2 pensiero su “Amori mitologici – Neanche gli dei…”

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